giovedì 8 novembre 2018

Luigi Natoli: La giornata di donna Eufrosina. Tratto da: La dama tragica


Donna Eufrosina, dopo aver dormito saporitamente come sempre, tutta la notte, si svegliò che era giorno alto, senza stupirsi di non trovare al suo fianco il giovane marito. Don Galcerano aveva l’abitudine di levarsi di buon mattino, e, appena rinfrescato il volto e le mani, andarsene nella sala d’armi, a far un po’ di ginnastica, tirando da solo alcune stoccate contro un fantoccio, una specie di staffermo, posto in un angolo, che serviva per esercitare il braccio al bersaglio.
Ma quella mattina, (era il martedì dopo la recita in casa Bongiorno) invece di tirare stoccate allo staffermo, alzatosi che era ancor notte, se ne era andato a caccia ai Colli, selvosi allora e ricchi di selvaggina.
A donna Eufrosina piaceva rimanere in letto, in quel dolce sonnecchiare mattutino nel quale aveva una percezione vaga e confusa della vita che si destava intorno, e in cui poteva seguire i sogni indisturbati della fantasia eccitata dalla soddisfazione del riposo.
Quando si destò, suonò un campanello che teneva al capezzale. Era il segno aspettato dalla servitù che stava in attesa nell’anticamera. Allora la cameriera e le due schiave accorrevano; la prima apriva gli scuri e porgeva alla bellissima donna un piccolo specchio; le altre portavan l’acqua tiepida e il latte, pei lavaggi della padrona.
La prima cura di donna Eufrosina era di veder se aveva buona cera, indizio di buona salute; la seconda era di farsi bella.
Intanto che ella si guardava nel piccolo specchio, girando il volto da una parte e dall’altra, esaminando le labbra, la lingua, gli occhi; le due schiave preparavano in uno stanzino accanto una ampia tinozza, e la riempivano d’acqua tiepida e di latte e preparavano la pasta di mandorle amare, per ammorbidire la pelle, e l’acqua d’arancio per profumarla, mentre la cameriera disponeva la tavoletta, con gli alberelli per tingere le ciglia, e le cerusse per darsi il bianco; il cinabro per le labbra e per le gote; metteva in ordine i pettini, la cuffietta quadrangolare di velluto, contornata di perle e i cerchietti d’argento per fermare le trecce, le boccole a pendagli di filigrana e perle, e la collana col grosso smeraldo nel mezzo.
Ella parve soddisfatta del primo esame.
Aveva avuto un breve diverbio notturno col marito, ma ciò non aveva alterato la serenità del suo volto, lo splendore dei suoi occhi, la porpora delle sue labbra.
Bevve una tazza di latte, e poi, con un rovescio buttate le coperte da parte, sporse le belle gambe fuor dal letto, e si lasciò mettere le pantofole, due piccole pantofole di velluto rosso, ricamate d’oro; e così in camicia agile e graziosa come una cerbietta, entrò nello stanzino tiepido pel vapore dell’acqua e pel braciere d’ottone arabesco; e lasciata cadere la camicia per terra, entrò nella tinozza e vi si accosciò; e le sue belle membra si velarono dell’acqua lattiginosa.
Una sirena fra le bianche spume delle onde agitate, o Venere seduta nella conchiglia; tale appariva, col busto nudo fuor dell’acqua, con le belle braccia raccolte sui seni perfetti, simili a rosei fiori ancor chiusi. Le due schiave le bagnavan le spalle e il petto, e con finissime spugne la stropicciavano, ed ella volgeva ora una spalla, or un fianco, or le braccia; poi si levò in piedi perché le schiave stropicciassero tutte quante le membra; e le due donne, già esperte in quell’ufficio, si affaticarono, con movimenti rapidi e lievi, che producevano in donna Eufrosina dei fremiti lunghi e piacevoli.
E mentre menavan le spugne tutt’intorno, le schiave la adulavano, vantando la bellezza di ogni membro, con l’immaginoso linguaggio del loro lontano oriente: il che aggiungeva un altro piacere al primo.
Quel bagno durò più di mezz’ora; ella ne uscì tutta odorosa; e ravvolta in un mantello tiepido. Sedette dinanzi la tavoletta, per lasciarsi pettinare, porgendo intanto ora un piede ora l’altro alle schiave perchè la calzassero, mentre la cameriera le discioglieva i lunghi capelli di un color caldo castano, che la coprivano come un manto.
Durante l’abbigliamento, la cameriera la informava di tutti i pettegolezzi, raccolti nel giorno innanzi e nella serata. Era quella appunto l’ora della cronaca, la quale si occupava di tutto e di tutti.
- Ha sentito vostra Signoria stanotte la serenata? – domandò la cameriera sorridendo lievemente e guardando nello specchio il volto di donna Eufrosina...

Luigi Natoli: La dama tragica. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1500, al tempo del vicerè Marco Antonio Colonna. 
Nella versione originale pubblicata dalla casa editrice La Gutemberg nel 1930
Pagine 604 - prezzo di copertina € 24,00
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