mercoledì 13 settembre 2023

Luigi Natoli: Il "cristiano" nella Palermo del 1700. Tratto da: La vecchia dell'aceto. Romanzo storico siciliano

Pur trattandosi con cordialità, questi avventori speciali usavano fra loro forme riguardose, nelle quali un occhio attento avrebbe potuto scorgere un non so di che di gerarchico. Verso alcuni, che erano più maturi di anni e più seri, il rispetto era maggiore, verso altri era temperato di una confidenza più o meno intima, ma in tutti c’era una cura di non usare parole che potessero eccitare la suscettibilità d’alcuno o distendere un’ombra in quella misurata cordialità.
Fra questa gente, parca di parole e di gesti, che si padroneggiava e si vigilava, le adunanze prendevano spesso un carattere di tribunali: c’era da giudicare la condotta di qualcuno accusato di aver mancato ad un codice particolare, non scritto, nè sanzionato da nessun principe, ma formatosi a poco a poco, rinsaldatosi nella tradizione, osservato con scrupolo, più che le leggi dello Stato, da tutta quella classe di persone, che allora si dicevano “uomini” per antonomasia, o “cristiani” alla quale apparteneva don Agostino. Non era una associazione vera e propria; ciascuno viveva per sé, sapeva di valere, e teneva a distinguere la sua personalità: ma riconosceva il valore degli altri “cristiani”, aveva per loro rispetto, e, se di maggiore età, non servile ma spontanea deferenza, e ne era ricambiato. Qualche “affare” riuniva due o quattro o più “cristiani”, che “lavoravano” ciascuno per la sua parte, senza ingannarsi, con un sentimento di onestà particolare. Avevano un sentimento quasi fanatico di quello che per loro era l’onore: non commettevano soperchierie sopra i più deboli; se una quistione insorgeva fra loro, e non c’era altro mezzo di risolverla, ricorrevano al duello: arma, il coltello, ma di una stessa dimensione: il che si diceva “paranza”; si battevano dinanzi a testimoni: ma qualche volta, se c’eran per mezzo motivi d’onore, facevano a meno di questa formalità, e il duello non cessava che con la morte. Ma più spesso si ricorreva ad un arbitro, che di solito era un “cristiano” più autorevole, al quale, volontariamente i contendenti si rimettevano e ne accettavano il giudizio, che era sempre retto; e ne seguiva la pace, suggellata con un banchetto. L’arbitro qualche volta invitava altri “cristiani” autorevoli; e allora l’adunanza acquistava un carattere di solennità; e gente la quale non riconosceva l’autorità della giustizia, e aveva poco rispetto per le persone della chiesa, s’inchinavano dinanzi a quel sinedrio con una reverenza quasi religiosa.

Luigi Natoli: La vecchia dell'aceto. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1700. La storia di Giovanna Bonanno, l’avvelenatrice passata alla storia come La vecchia dell’aceto.
L’opera è costruita e trascritta dal romanzo originale, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1927.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Pagine 562 – Prezzo di copertina € 22,00
Disponibile dal catalogo della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it; è possibile acquistare con messaggio w.a. al 3894697296 oppure alla mail ibuonicugini@libero.it. Consegna a mezzo corriere in tutta Italia.
Online su Amazon, Ibs e tutti i siti in vendita online.
In libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133), Libreria Modusvivendi (via Quintino Sella 79), Libreria Sciuti (Via Sciuti 91/f), La Libreria di La Vardera (Via N. Turrisi n. 15)

Luigi Natoli: La taverna di Saverio il tripposo. Tratto da: La vecchia dell'aceto. Romanzo storico siciliano.

 
Alla spicciolata, senza parere, alcuno, vi erano guizzati dentro; qualche altro era venuto dalla porticina posteriore: erano una mezza dozzina. C’era fra loro don Benedetto Sacco e don Francesco Sarcì. Sedevano intorno ad una tavola, in modo però che un lato rimaneva vuoto. In mezzo stava un uomo sulla sessantina, alto, segaligno, con un viso asciutto, con occhi penetranti, una espressione seria, imperiosa, autoritaria, mal temperata da un atteggiamento bonario. Lo chiamavano lo zu’ Andrea: era proprietario di una fornace di tegole e mattoni e di un podere piantato ad aranci e limoni in quelle contrade. Era il più “cristiano” dei “cristiani”; rispettato e temuto. Né il papa era più infallibile, né il re più ubbidito: quando lo zu’ Andrea aveva parlato, era Vangelo. Ai suoi lati sedevano altri due “cristiani”: lo zu’ Michele Ciaravella, castaldo del principe di Cattolica e Bartolo Saraceno, proprietario di mezza dozzina di carrozze da piazza, e di due altre grandi e pesanti che facevano i viaggi fra Palermo e Termini. V’era don Agostino Caracciolo, e infine il fratello del morto Gaetano La Paglia, don Peppino. 
Lo zu’ Andrea volgendo lo sguardo ora all’uno or all’altro dei suoi colleghi che gli stavano ai lati, come per averne il consentimento, osservò che la condotta di don Agostino poteva soltanto giudicarsi, quando si sapessero le mancanze che verso di lui aveva commesso don Gaetano.
Il quale aveva raccolto, dopo minuta indagine, che l’uccisore era stato il cavaliere don Giovanni, che don Agostino si trovava presente all’uccisione del fratello, e non ne aveva preso le difese, come avrebbe dovuto, pel comparatico che lo legava a don Gaetano. Don Agostino aveva dunque mancato al suo obbligo, tanto più che non aveva ancora cercato di vendicare il morto. Queste sue lagnanze erano state riferite a don Agostino, che era andato a trovare Peppino, per dare le sue spiegazioni, non per scusarsi o per paura, che non era uomo da aver soggezione di chicchessia; ma perché infine non aveva ragione di considerare più don Gaetano come fedele al San Giovanni; e perché la morte era avvenuta dopo regolare sfida. Comunque la condotta di lui, don Agostino, verso il cavaliere, non era affare che riguardava don Peppino. Poiché il ragionamento minacciava di degenerare in una zuffa, gli amici comuni, che assistevano, s’interposero, proponendo di far giudicare la quistione a uomini di grande autorità in queste materie. Questo era il motivo di quella riunione. Lo zu’ Andrea, il Ciavarella e il Saraceno, formavano quella singolare corte d’onore, alla quale avrebbe dovuto intervenire anche il cavaliere don Giovanni, accusato di doppia slealtà: l’una di aver adoperata un’arma diversa, l’altra di aver aggredito l’avversario prima che si fosse messo in guardia. Cosicché non poteva dirsi di avere ucciso don Gaetano in duello, ma di averlo assassinato. E questa era condotta da “carognone”. Ma il cavaliere non si faceva ancora vedere, cosa che al La Paglia pareva una mancanza di riguardo verso lo zu’ Andrea e gli altri rispettabili amici. Lo zu’ Andrea, che aveva ascoltato attentamente l’uno e l’altro, quando ebbero finito di parlare domandò al Sacco e al Sarcì come si era svolta la quistione. Fedeli all’adagio che “il morto è morto e s’ha d’aiutare il vivo”, essi fecero risaltare la condotta fegatosa, aggressiva e provocante di don Gaetano; ma non occultarono nè attenuarono quella che era secondo loro slealtà del cavaliere. Di don Agostino non potevano dire altro, che si era tenuto estraneo alla quistione; ma non potevano darne nessuna spiegazione nè apprezzamento.

Luigi Natoli: La vecchia dell'aceto. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1700. La storia di Giovanna Bonanno, l’avvelenatrice passata alla storia come La vecchia dell’aceto.
L’opera è costruita e trascritta dal romanzo originale, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1927.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Pagine 562 – Prezzo di copertina € 22,00
Disponibile dal catalogo della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it; è possibile acquistare con messaggio w.a. al 3894697296 oppure alla mail ibuonicugini@libero.it. Consegna a mezzo corriere in tutta Italia.
Online su Amazon, Ibs e tutti i siti in vendita online.
In libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133), Libreria Modusvivendi (via Quintino Sella 79), Libreria Sciuti (Via Sciuti 91/f), La Libreria di La Vardera (Via N. Turrisi n. 15)

mercoledì 6 settembre 2023

Luigi Natoli: Squarcialupo. Romanzo storico siciliano.

 

Giovan Luca Squarcialupo apparteneva a una di quelle famiglie pisane, che esercitando traffici e tenendo banchi, avevano acquistato ricchezza e nobiltà. Era giovane. Pochi anni innanzi aveva preso moglie; ma dieci mesi dopo era rimasto vedovo. Viveva quasi appartato, badando al banco, e coltivando lo spirito con la lettura. Era stato alunno di un dotto umanista, che gli aveva fatto prendere amore ai grandi scrittori latini; ed egli leggeva con preferenza Livio e Virgilio. Ma leggeva anche certe cronache manoscritte della repubblica di Pisa, e altre del regno normanno e svevo di Sicilia e del Vespro. Abitava nella strada della Loggia dei Pisani, proprio quella che anche oggi conserva l’antico nome. Molte famiglie della “nazione” pisana stavano da quella parte, e nella strada di san Francesco: e gli Squarcialupo venivan da Pisa, e avevano il loro banco nella Loggia. Allora la strada si prolungava, perché la via Marmorea o Cassaro finivano a Sant’Antonio: e dovevan passare cinquant’anni all’incirca, perché fosse prolungato fino alla chiesa di Porto Salvo, tagliando strade, e abbattendo case.


IL PERSONAGGIO

... Disse queste parole con un tono così solenne e profetico, che il vecchio barone lo guardò con maraviglia e ammirazione. Giovan Luca gli sembrò più alto, più grande, con l’aspetto di uno di quei personaggi eroici della storia evocata. Borbottò qualche parola, ma parve rimettersi. Subiva il fascino di quella voce, di quel gesto, di quella passione per la libertà che sfavillava negli occhi del giovane, e lo illuminava di una nuova luce.
... Parlava col volto acceso da una fiamma interna, che rendeva calda e appassionata la parola. Tristano, sebbene avesse gran premura di andarsene, ne rimaneva talvolta preso, e lo ammirava: e gli pareva che Giovan Luca si ingrandisse, e si illuminasse di una luce nuova. Non era più quel pensoso, che pareva sdegnoso di parlare, o parlava breve e a sentenze: pareva qualcosa fra l’oratore e il condottiero; un sovvertitore di popolo e un dominatore. Certamente aveva un’idea, che non rivelava ancora, forse era l’idea madre, dalla quale si generavano tutte le sue azioni, anche caute, quasi saggiature; ma che al momento opportuno, si sarebbero svolte in tutta la loro pienezza. Con tutto ciò appariva agli occhi di Tristano come un uomo nuovo.

"...All’amore per la donna ho sostituito un altro amore, del quale Lucrezia non può essere gelosa: quello per questa terra nostra. Ed è amore grande e puro anche questo, Tristano. Forse più grande dell’altro, perché domanda sacrifizi, e non dona: e tuttavia rende immortali gli uomini".

"...Prima di essere innamorato voi eravate cittadino; e la terra che vi diede i natali, la terra che i vostri occhi videro per la prima, deve seder prima nella vostra mente, nel vostro cuore!... Ah! ecco perchè non sappiamo riprendere l’antica indipendenza: ecco perché non sappiamo esser liberi!... Le anime nostre si sono avvilite nell'egoismo, e al bene comune antepongono il proprio tornaconto... Io credevo di aver forgiato il vostro cuore, Tristano: di avervi trasfuso una parte della fiamma che arde nel mio; pensavo che voi sareste stato domani l’eroe della patria: Bruto o Camillo, Giovan da Procida o Alaimo da Lentini... Ahimè! voi preferite rassomigliare all’eroe di cui portate il nome e languire d’amore!... Levatevi su, Tristano Buondelmonti!... La patria prima di tutto!..."

Giovan Luca attendeva a preparare i modi e i mezzi per attuare quel suo vecchio disegno di riscossa per cacciare lo straniero, e istituire un governo democratico, come quello che fece la gloria di Pisa. Era l’idea accarezzata fin da quando cominciò a leggere le pagine di Livio, maturatasi col progredire negli studi umanistici, fattasi assillante in quei rivolgimenti, e allo spettacolo delle violenze e delle ladronerie del vicerè don Ugo. Che quelli non fossero tempi di repubblica, che questa repubblica vagheggiata da lui era un anacronismo, sfuggiva alla esaltazione del suo spirito, che lo illudeva di speranze e di sogni eroici.



Luigi Natoli: Squarcialupo – Opera inedita. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1517, quando Giovan Luca Squarcialupo, patriota, sognò e realizzò anche se per poco, un governo repubblicano. L’opera, mai pubblicata in libro, è costruita e trascritta dal romanzo originale, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1924.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Pagine 684 – prezzo di copertina € 24,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile su tutti gli store di vendita online e in libreria a Palermo presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Nuova Ipsa (Piazza Leoni), Libreria Nike (Via Marchese Ugo), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi).