lunedì 19 novembre 2018

Luigi Natoli: dalla chiesa di S. Maria della Catena al Conservatorio di Musica... - Tratto da: Guida di Palermo e suoi dintorni 1891


Chiesa di S. Maria della Catena (P.6 E6) – Nel sito stesso che segnava la punta dello sprone che dalla Kalesa si allungava fino alla Cala, chiudendo il bacino di Piazza Marina, sorgeva anticamente una chiesetta denominata della Catena perché ivi si annodava la catena che chiudeva il porto e che nel 1063 fu rotta dalle navi pisane alleate del conte Ruggero contro i musulmani. L’antica chiesa è ricordata in diplomi del 1330. Distrutta, fu riedificata nel principio del secolo XVI così come oggi si vede. Elegante e di bellissimo effetto è il portico ad archi scemi, sorretti da due piloni che s’innalzano svelti e leggiadri come torri, coronati da arabeschi di gustosissimo disegno. Questo fregio gira intorno per la chiesa. L’interno, a tre navi, è stato recentemente restaurato, toltine i pesanti stucchi che deturpavano le ogive e nascondevano le finestrette archiacute. Di opere d’arte nell’interno sono notevoli alcune storie a rilievo che si credono d’uno dei Gagini, una statua della Madonna e un San Gaetano del Novelli. Peccato che le tre absidi siano miseramente nascoste da fabbriche mostruose; quel che se ne vede rende più sdegnoso il viaggiatore contro il barbaro seppellimento.
Il fabbricato che copre le tre absidi della chiesa della Catena è occupato dalla Sopraintendenza agli Archivi di Stato, la quale fu fondata nel 1843 nella casa dei PP. Teatini, cui apparteneva la chiesa, che al 1810 era servita di ospedale alle truppe inglesi. Gli Archivi di Stato Siciliani sono importantissimi così per le pergamene greche, arabe e latine, alcune delle quali del secolo XI; come pei volumi e per le filze che vengono dal secolo XIII fino a noi, e contengono tutti i documenti della storia e della civiltà della Sicilia. Agli Archivi è annessa una Scuola di paleografia e una Biblioteca, oltre una sala per gli studiosi.
Accanto alla sopraintendenza agli Archivi sorge il Conservatorio di S. Spirito, destinato ai trovatelli. Un tempo questo edificio fu Ospedale di S. Bartolomeo; nel 1826 l’ospedale fu rimosso e riunito all’Ospedale Civico; e vi fu stabilita una ruota per gli esposti. I maschi ai sette anni sono mandati all’Ospizio di Beneficenza, le femine son trattenute e istruite nel Conservatorio stesso. L’Affresco che decora il prospetto è di Vincenzo Riolo, e rappresenta la Carità.
Poco discosta dal Conservatorio e al limite della via Vittorio Emanuele si trova la
Porta Felice (P. E6) – Essa dà sul mare; fu cominciata nel 1582 sotto il vicerè Marcantonio Colonna e prese il nome della vice regina donna Felice Orsini. Alla partenza del Colonna la costruzione fu interrotta e ripresa dal vicerè duca di Feria nel 1603, poi nel 1637 dal vicerè duca di Montalto che vi pose le due statue di Flora e Pomona e le due fonti; ma le ultime decorazioni, cioè le fonti marmoree laterali vi furono aggiunte nel 1644 dal vicerè Cabrera. Il disegno della porta consiste in due grandi pilastri coperti di marmo grigio, con colonne, cornici, fregi e gli stemmi della città.
Uscendo dalla porta e voltando a mancina, si lascia l’antemurale che difende il seno della Cala, e l’ufficio di Sanità Marittima che sorge sul sito dove era un fortino detto la Garita; e si costeggia la Cala, che al lato opposto alla Sanità era difesa dal forte di: 
Castellammare – Questa fortezza pare che sia preesistita alla venuta degli Arabi; infatti è chiamata spesso Castrum vetere, per distinguerla dal Kassr, detto Castrum novum. Dagli Arabi e dai Normanni fu restaurato ed afforzato, ed altre opere vi furono fatte nei secoli XV e XVI, che cancellarono ogni vestigio e della moschea musulmana e delle opere antiche. Fu da questo Castello che piovvero nel 1848 e nel 1860 le bombe sterminatrici della città in rivoluzione.
A piè della Fortezza e sulla banchina della Cala sorge la piccola Chiesa di Piedigrotta, edificata nel secolo XVI e così detta per una piccola grotta che resta ora chiusa in una cappella. In questa chiesa si conserva appeso ex voto il grande fanale a forma d’aquila, che illuminava la poppa della galera capitana di Sicilia alla battaglia di Capo Corvo, vinta da Ottavio d’Aragona, ammiraglio palermitano, sopra i turchi nel 1613 (n.d.e.: distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale)
Costeggiando la via esterna tra il Castello e la città e risalendo sulla linea degli antichi bastioni si trova a sinistra il
Monumento delle tredici vittime, (P. G5) consistente in un obelisco di marmo bianco, con palme di bronzo agli spigoli e una stella di bronzo al vertice; esso non è di belle forme: fu eretto in memoria dei tredici fucilati del 14 aprile 1860, i nomi dei quali si trovano iscritti in tavole marmoree che circondano il basamento. Sul muro del bastione, dove furono addossate le vittime della tirannide borbonica, si trova una lapide che reca i nomi dei fucilati e ricorda l’insurrezione del 4 aprile.
Accanto a questo monumento si apriva la antica porta di San Giorgio che venne abbattuta; entrando per essa nella via Squarcialupo si lascia a destra l’Ospedale Militare (P.41 G5), nel convento di Santa Cita: a sinistra si trova la
Chiesa di S. Giorgio dei Genovesi (P.17 F5) – È il più perfetto monumento dell’architettura siciliana del rinascimento, ed è uno dei più belli che si trovino in Italia e altrove. Anticamente vi sorgeva una chiesetta dedicata a San Luca, ma ottenutala la colonia genovese che era numerosa e ricca, la ricostruì dedicandola a San Giorgio, nel 1576. È di stile puro, semplice ed elegantissimo; divisa a tre navi; le arcate svelte sono sostenute sopra gruppi di quattro colonne composite, poggiate su unica base; la cupola ottagona poggia sopra due ordini di colonne, sedici corintie, nel primo, sedici composite nel secondo. Colonne, cornici, ornati son di marmo bianco, leggermente annerito dal tempo; i quadri sono di Jacopo Palma il vecchio, Luca Giordano, Filippo Paladino e Bernardo Castelli. – La chiesa è aperta le domeniche di mattina.
Accanto a essa, sulla medesima linea si trova un’altra chiesa, detta
Chiesa dell’Annunziata, sul cui prospetto è incisa la data 1501; ma l’interno è più antico trovandosi mensione di essa nel 1345. – Sull’architrave della porta d’ingresso è scolpita una Salutazione;
l’interno è di stile ogivale siciliano, a tre navi, divise da dodici colonne, sui capitelli delle quali sono scolpite le dodici Sibille. Il soffitto, di legno, diviso in 16 cassettoni si crede dipinto da Tomaso Vigilia, pittore palermitano del secolo XV, ma sotto restauri molto posteriori l’antico è scomparso. Notevole un antico trittico con S. Anna, la Vergine e S. Giovanni, con questa iscrizione: Jacopo Michele detto Gerardo da Pisa me pinse. (non più esistente perchè distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale)
Questa chiesa è storica perché vi avvenne l’8 settembre del 1518 l’uccisione di Giovan Luca Squarcialupo, che aveva tentato di scotere il giogo di Spagna per istituire una repubblica in Palermo. Convenuti qui i capi della rivolta, con altri nobili, furono da questi a tradimento uccisi. Da questo fatto venne il nome alla via. Il La Lumia opina che il fatto sia accaduto in altra chiesetta, che sorgeva accanto – dove fu posta recentemente una iscrizione apposita, e dove è il Reale Conservatorio di Musica ...

Luigi Natoli: Guida di Palermo e suoi dintorni 1891. Una guida turistica che riporta il visitatore al tempo dell'Esposizione Nazionale del 1891, ma ancora validissima per quello che è il centro storico palermitano.
Nella versione originale pubblicata dall'editore Carlo Clausen nel 1891 e corredata dalle foto e dalle pubblicità dell'epoca, con allegato il pieghevole della cartina di Palermo (sempre del 1891) Disponibile presso le Librerie Feltrinelli e in tutti i siti vendita online. Sconto del 15% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

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