Luigi Natoli
dal 17 ottobre 1914 al 9 ottobre 1915, pubblica in 204 puntate in appendice al
Giornale di Sicilia il romanzo Alla Guerra! (pubblicato per la prima volta in unico volume ad opera de I Buoni Cugini editori nel 2014). Il romanzo non è ambientato in Sicilia, ma nella
Francia e nel Belgio invasi dalla Germania. Nello stesso periodo riprende “Il
Vespro siciliano” che pubblica nel 1915 in dispense con la casa editrice La
Gutemberg, in una versione “riveduta, corretta, rifatta, ampliata, aggiunta”. Perché?
L’autore nota
diverse similitudini tra i fatti storici narrati: l’invasione della Sicilia da
parte dei francesi nel 1269 e l’invasione del Belgio da parte dell’esercito
tedesco nel 1914. E conclude con la nota numero sette (soppressa nelle
precedenti edizioni) la descrizione della strage di Agosta: Questo commisero nel duecento, tempi di
ferocia, Francesi e Provenzali ad Agosta; questo han commesso nel novecento,
tempi di civiltà, i soldati della civilissima Germania nel Belgio, in nome del
loro “vecchio Dio!”
Nel romanzo Alla guerra! tanti sono i tragici episodi descritti dall’autore durante l’invasione tedesca, a partire dalla presa di Charleroi. “Grosse pattuglie percorrevano le strade ingombre di macerie, di mobili fracassati, di cadaveri, che non si era avuto il tempo di portar via: coi calci dei fucili percotevano le porte chiuse; più spesso le atterravano: gli ufficiali con le rivoltelle in pugno, i soldati coi fucili spianati, gridando minacciosamente entravano; frugavano perfino sotto i letti, dentro i grandi armadi, dentri i camini! scassinavano i mobili a colpi di baionetta, intascavano quel che trovavano; intanto che l’ufficiale o un sottoufficiale interrogava minacciando, i poveri abitanti, per lo più donne, vecchi e fanciulli, raccolti in una stanza atterriti e tremanti”.
Il furto del
cibo ai civili: “C’era però qualche cosa
da portar via negli armadi, nelle casse, nella credenza!... Chi giungeva pel
primo prendeva. Quei poveri soldati avevan sempre fame e sete; dovunque
assalivano prima di tutto le credenze e le cantine; e avevan le tasche ampie;
come i loro stomachi: c’entrava sempre roba!... Quella che non c’entrava si
rompeva, si lacerava, si bruciava, si distruggeva. Bisognava far sentire a
Charleroi quanto pesasse il pugno tedesco in collera: Charleroi aveva per due
giorni infranti gli sforzi tedeschi, e meritava una punizione. Tutta la città
ancora fumante, era in-vasa da orde di saccheggiatori: qua e là rimbombavano
colpi di fucile o di rivoltella: un francese scovato? No: qualche borghese che
aveva protestato; qualche donna che aveva forse difeso il suo pudore. Un colpo,
e via!... Le case erano molte, e c’era da lavorare. Le fatiche del
combattimento non avevano spossati i saccheggiatori”.
Proprio come facevano a Palermo i cuochi al servizio di messer Giustiziere: “Il cuoco non andava mai al mercato dove si trovava la roba vendereccia, ma ogni mattina, accompagnato da guardie, si recava in casa di questo o di quel cittadino, prendeva senza cerimonie i migliori polli, la migliore selvaggina, i più teneri agnelli, le paste più delicate per la mensa di messer Giustiziere. Pagare? No: ai cittadini, di qualunque ceto o ricchezza fossero, doveva bastare l’onore di servire monsignor di Saint-Remy. L’eccellente cuoco entrava, portava via senza neppur salutare: talvolta si degnava di ingiuriare i “paterini”, se non si mostravano solleciti o soddisfatti. Di ribellarsi al latrocinio non si parlava; le guardie che accompagnavano il cuoco, oltre a rubare la loro parte, avevano il compito di bastonare chi osasse ribellarsi. Quanto ai vini, li fornivano le cantine dei migliori produttori del Vallo, coi metodi medesimi”
E le violenze
sulle donne dei soldati tedeschi: “Le
donne non capivano il tedesco: videro il sergente e i soldati avvicinarsi e
stesero le mani supplichevoli. Il sergente, forse per veder meglio, prese per
le braccia una giovinetta, e la tirò da parte; francesi non ce n’erano; ma
quella giovinetta era così graziosa nel suo terrore!... E il sergente era così
allegro!... e i suoi nervi così eccitati... Se la prese fra le avide braccia, e
la rovesciò per terra. Allora, come un branco di lupi, quei soldati, si
gittarono sulle donne. Grida, gemiti, lotte brevi, rapide, di corpi che
tentavano disperatamente divincolarsi dalle strette bestiali; un ansare
mo-struoso; un percotere di pugni feroci, per abbattere le resistenze. La
bestia concupiscente trionfava...
Rossi,
con le nari dilatate, ancora ansanti, lasciavan la preda abbandonata per terra,
priva di sensi; sopra la quale altri si gittavano, come assetati a una fonte di
acqua. Una fanciulla era morta: aveva il petto squarciato da un colpo di
baionetta; il sangue che le sgorgava su le vesti scomposte, non aveva impedito
la profanazione.
Il sottotenente non aveva detto una parola. Aveva alzato le spalle, bisognava pure che quei poveri ragazzi, che avevan combattuto da tre giorni, trovassero uno svago. Un soldato gli aveva offerto una fanciulletta di quindici anni, che pareva un giglio; ma egli non aveva nessuna voglia. Aveva rifiutato”.
Sono uguali a quelle compiute dai soldati francesi nella strage di Agosta: “Cominciò un’opera orrenda. Allo squassare delle torce, delle quali il vento torceva e soffocava le fiamme, quelle torme avide di sangue e di stragi, armate di spade, scuri, picche, si lanciavano all’assalto delle case, al grido di guerra: Monjoie! Abbattevano le porte, salivano nelle stanze, ferivano, uccidevano ciecamente e pazzamente. Sorpresi, seminudi, sparsi per le case, gli Agostani non rendendosi ancora conto di come il nemico fosse entrato; presi da terrore, non combattevano, non fuggivano; il ferro nemico li coglieva nello stupore, inermi e smarriti. Scampo non v’era. L’ordine di Re Carlo era preciso: nessun agostano doveva sopravvivere, ma tutti dovevano essere passati a fil di spada. Con acute e pazze grida di terrore donne e uomini di ogni età ed ogni condizione cercavano di sottrarsi alla fuga con la morte; scansavano un branco di belve umane e cadevano in un altro; e presi fra due bande erano trucidati, fatti a pezzi, per voluttà rabbiosa di sangue, non per necessità di guerra. Soltanto le giovani donne e belle stornavano per un momento la ferocia delle armi, ma per un maggiore scempio. Tre o quattro soldati si gettavano sopra una fanciulla, la trascinavano sugli altari, la violavano, ne facevano strazio; l’ultimo, satollata la libidine, la scannava lì, sull’altare profanato. Strappavano i fanciulli alle madri e li sgozzavano, e recidevano le innocenti teste e se le palleggiavano orrendamente! Questa gente che il papa aveva benedetto e assolto da ogni peccato; e che serviva la Chiesa e Dio!”
Invitiamo il
lettore a leggere entrambi i romanzi per scoprire il continuo paragone che l’autore
fa tra la crudeltà francese del 1282 e quella tedesca del 1914, che nella nota
successiva esprime così: “I tedeschi
d’oggi pur troppo dimostrano che queste predonerie non si compievano soltanto
in quei tempi semibarbari!...”
Nel romanzo Alla guerra! tanti sono i tragici episodi descritti dall’autore durante l’invasione tedesca, a partire dalla presa di Charleroi. “Grosse pattuglie percorrevano le strade ingombre di macerie, di mobili fracassati, di cadaveri, che non si era avuto il tempo di portar via: coi calci dei fucili percotevano le porte chiuse; più spesso le atterravano: gli ufficiali con le rivoltelle in pugno, i soldati coi fucili spianati, gridando minacciosamente entravano; frugavano perfino sotto i letti, dentro i grandi armadi, dentri i camini! scassinavano i mobili a colpi di baionetta, intascavano quel che trovavano; intanto che l’ufficiale o un sottoufficiale interrogava minacciando, i poveri abitanti, per lo più donne, vecchi e fanciulli, raccolti in una stanza atterriti e tremanti”.
Proprio come facevano a Palermo i cuochi al servizio di messer Giustiziere: “Il cuoco non andava mai al mercato dove si trovava la roba vendereccia, ma ogni mattina, accompagnato da guardie, si recava in casa di questo o di quel cittadino, prendeva senza cerimonie i migliori polli, la migliore selvaggina, i più teneri agnelli, le paste più delicate per la mensa di messer Giustiziere. Pagare? No: ai cittadini, di qualunque ceto o ricchezza fossero, doveva bastare l’onore di servire monsignor di Saint-Remy. L’eccellente cuoco entrava, portava via senza neppur salutare: talvolta si degnava di ingiuriare i “paterini”, se non si mostravano solleciti o soddisfatti. Di ribellarsi al latrocinio non si parlava; le guardie che accompagnavano il cuoco, oltre a rubare la loro parte, avevano il compito di bastonare chi osasse ribellarsi. Quanto ai vini, li fornivano le cantine dei migliori produttori del Vallo, coi metodi medesimi”
Il sottotenente non aveva detto una parola. Aveva alzato le spalle, bisognava pure che quei poveri ragazzi, che avevan combattuto da tre giorni, trovassero uno svago. Un soldato gli aveva offerto una fanciulletta di quindici anni, che pareva un giglio; ma egli non aveva nessuna voglia. Aveva rifiutato”.
Sono uguali a quelle compiute dai soldati francesi nella strage di Agosta: “Cominciò un’opera orrenda. Allo squassare delle torce, delle quali il vento torceva e soffocava le fiamme, quelle torme avide di sangue e di stragi, armate di spade, scuri, picche, si lanciavano all’assalto delle case, al grido di guerra: Monjoie! Abbattevano le porte, salivano nelle stanze, ferivano, uccidevano ciecamente e pazzamente. Sorpresi, seminudi, sparsi per le case, gli Agostani non rendendosi ancora conto di come il nemico fosse entrato; presi da terrore, non combattevano, non fuggivano; il ferro nemico li coglieva nello stupore, inermi e smarriti. Scampo non v’era. L’ordine di Re Carlo era preciso: nessun agostano doveva sopravvivere, ma tutti dovevano essere passati a fil di spada. Con acute e pazze grida di terrore donne e uomini di ogni età ed ogni condizione cercavano di sottrarsi alla fuga con la morte; scansavano un branco di belve umane e cadevano in un altro; e presi fra due bande erano trucidati, fatti a pezzi, per voluttà rabbiosa di sangue, non per necessità di guerra. Soltanto le giovani donne e belle stornavano per un momento la ferocia delle armi, ma per un maggiore scempio. Tre o quattro soldati si gettavano sopra una fanciulla, la trascinavano sugli altari, la violavano, ne facevano strazio; l’ultimo, satollata la libidine, la scannava lì, sull’altare profanato. Strappavano i fanciulli alle madri e li sgozzavano, e recidevano le innocenti teste e se le palleggiavano orrendamente! Questa gente che il papa aveva benedetto e assolto da ogni peccato; e che serviva la Chiesa e Dio!”
Luigi Natoli: Alla guerra! Opera inedita. Romanzo storico
ambientato nella Francia del 1914, all’inizio della Prima Guerra Mondiale. L’opera,
mai pubblicata in libro, è costruita e trascritta dal romanzo originale,
pubblicato unicamente a puntate, in appendice al Giornale di Sicilia, nel 1914.
Dopo cento anni riprende vita in unico volume ad opera de I Buoni Cugini
editori.
Pagine 954 – Prezzo di
copertina € 31,00
Luigi Natoli: Il Vespro siciliano. Romanzo storico ambientato nella Sicilia del 1282, al tempo della famosa rivoluzione. Restaurato dal titolo all'indice, l'opera è la fedele riproduzione del romanzo originale pubblicato in dispense con la casa editrice La Gutemberg nel 1915.
Pagine 945 - Prezzo di copertina € 25,00
Copertine e illustrazioni interne (Alla guerra!) di Niccolò Pizzorno
Disponibili dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Disponibili su Amazon Prime, Ibs e tutti gli store on line.
Il libreria a Palermo presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15) La Nuova Ipsa (Piazza Leoni) Libreria Modusvivendi (Via Q. Sella 15)