martedì 24 agosto 2021

Luigi Natoli e i due romanzi Il Vespro siciliano e Alla guerra!: stessi atti di ferocia commessi nel 1282 e nel 1914

Luigi Natoli dal 17 ottobre 1914 al 9 ottobre 1915, pubblica in 204 puntate in appendice al Giornale di Sicilia il romanzo Alla Guerra! (pubblicato per la prima volta in unico volume ad opera de I Buoni Cugini editori nel 2014). Il romanzo non è ambientato in Sicilia, ma nella Francia e nel Belgio invasi dalla Germania. Nello stesso periodo riprende “Il Vespro siciliano” che pubblica nel 1915 in dispense con la casa editrice La Gutemberg, in una versione “riveduta, corretta, rifatta, ampliata, aggiunta”. Perché?
L’autore nota diverse similitudini tra i fatti storici narrati: l’invasione della Sicilia da parte dei francesi nel 1269 e l’invasione del Belgio da parte dell’esercito tedesco nel 1914. E conclude con la nota numero sette (soppressa nelle precedenti edizioni) la descrizione della strage di Agosta: Questo commisero nel duecento, tempi di ferocia, Francesi e Provenzali ad Agosta; questo han commesso nel novecento, tempi di civiltà, i soldati della civilissima Germania nel Belgio, in nome del loro “vecchio Dio!”
Nel romanzo Alla guerra! tanti sono i tragici episodi descritti dall’autore durante l’invasione tedesca, a partire dalla presa di Charleroi. “Grosse pattuglie percorrevano le strade ingombre di macerie, di mobili fracassati, di cadaveri, che non si era avuto il tempo di portar via: coi calci dei fucili percotevano le porte chiuse; più spesso le atterravano: gli ufficiali con le rivoltelle in pugno, i soldati coi fucili spianati, gridando minacciosamente entravano; frugavano perfino sotto i letti, dentro i grandi armadi, dentri i camini! scassinavano i mobili a colpi di baionetta, intascavano quel che trovavano; intanto che l’ufficiale o un sottoufficiale interrogava minacciando, i poveri abitanti, per lo più donne, vecchi e fanciulli, raccolti in una stanza atterriti e tremanti”.
Il furto del cibo ai civili: “C’era però qualche cosa da portar via negli armadi, nelle casse, nella credenza!... Chi giungeva pel primo prendeva. Quei poveri soldati avevan sempre fame e sete; dovunque assalivano prima di tutto le credenze e le cantine; e avevan le tasche ampie; come i loro stomachi: c’entrava sempre roba!... Quella che non c’entrava si rompeva, si lacerava, si bruciava, si distruggeva. Bisognava far sentire a Charleroi quanto pesasse il pugno tedesco in collera: Charleroi aveva per due giorni infranti gli sforzi tedeschi, e meritava una punizione. Tutta la città ancora fumante, era in-vasa da orde di saccheggiatori: qua e là rimbombavano colpi di fucile o di rivoltella: un francese scovato? No: qualche borghese che aveva protestato; qualche donna che aveva forse difeso il suo pudore. Un colpo, e via!... Le case erano molte, e c’era da lavorare. Le fatiche del combattimento non avevano spossati i saccheggiatori”.

Proprio come facevano a Palermo i cuochi al servizio di messer Giustiziere: “Il cuoco non andava mai al mercato dove si trovava la roba vendereccia, ma ogni mattina, accompagnato da guardie, si recava in casa di questo o di quel cittadino, prendeva senza cerimonie i migliori polli, la migliore selvaggina, i più teneri agnelli, le paste più delicate per la mensa di messer Giustiziere. Pagare? No: ai cittadini, di qualunque ceto o ricchezza fossero, doveva bastare l’onore di servire monsignor di Saint-Remy. L’eccellente cuoco entrava, portava via senza neppur salutare: talvolta si degnava di ingiuriare i “paterini”, se non si mostravano solleciti o soddisfatti. Di ribellarsi al latrocinio non si parlava; le guardie che accompagnavano il cuoco, oltre a rubare la loro parte, avevano il compito di bastonare chi osasse ribellarsi. Quanto ai vini, li fornivano le cantine dei migliori produttori del Vallo, coi metodi medesimi”
E le violenze sulle donne dei soldati tedeschi: “Le donne non capivano il tedesco: videro il sergente e i soldati avvicinarsi e stesero le mani supplichevoli. Il sergente, forse per veder meglio, prese per le braccia una giovinetta, e la tirò da parte; francesi non ce n’erano; ma quella giovinetta era così graziosa nel suo terrore!... E il sergente era così allegro!... e i suoi nervi così eccitati... Se la prese fra le avide braccia, e la rovesciò per terra. Allora, come un branco di lupi, quei soldati, si gittarono sulle donne. Grida, gemiti, lotte brevi, rapide, di corpi che tentavano disperatamente divincolarsi dalle strette bestiali; un ansare mo-struoso; un percotere di pugni feroci, per abbattere le resistenze. La bestia concupiscente trionfava...
Rossi, con le nari dilatate, ancora ansanti, lasciavan la preda abbandonata per terra, priva di sensi; sopra la quale altri si gittavano, come assetati a una fonte di acqua. Una fanciulla era morta: aveva il petto squarciato da un colpo di baionetta; il sangue che le sgorgava su le vesti scomposte, non aveva impedito la profanazione.
Il sottotenente non aveva detto una parola. Aveva alzato le spalle, bisognava pure che quei poveri ragazzi, che avevan combattuto da tre giorni, trovassero uno svago. Un soldato gli aveva offerto una fanciulletta di quindici anni, che pareva un giglio; ma egli non aveva nessuna voglia. Aveva rifiutato”.
Sono uguali a quelle compiute dai soldati francesi nella strage di Agosta: “Cominciò un’opera orrenda. Allo squassare delle torce, delle quali il vento torceva e soffocava le fiamme, quelle torme avide di sangue e di stragi, armate di spade, scuri, picche, si lanciavano all’assalto delle case, al grido di guerra: Monjoie! Abbattevano le porte, salivano nelle stanze, ferivano, uccidevano ciecamente e pazzamente. Sorpresi, seminudi, sparsi per le case, gli Agostani non rendendosi ancora conto di come il nemico fosse entrato; presi da terrore, non combattevano, non fuggivano; il ferro nemico li coglieva nello stupore, inermi e smarriti. Scampo non v’era. L’ordine di Re Carlo era preciso: nessun agostano doveva sopravvivere, ma tutti dovevano essere passati a fil di spada. Con acute e pazze grida di terrore donne e uomini di ogni età ed ogni condizione cercavano di sottrarsi alla fuga con la morte; scansavano un branco di belve umane e cadevano in un altro; e presi fra due bande erano trucidati, fatti a pezzi, per voluttà rabbiosa di sangue, non per necessità di guerra. Soltanto le giovani donne e belle stornavano per un momento la ferocia delle armi, ma per un maggiore scempio. Tre o quattro soldati si gettavano sopra una fanciulla, la trascinavano sugli altari, la violavano, ne facevano strazio; l’ultimo, satollata la libidine, la scannava lì, sull’altare profanato. Strappavano i fanciulli alle madri e li sgozzavano, e recidevano le innocenti teste e se le palleggiavano orrendamente! Questa gente che il papa aveva benedetto e assolto da ogni peccato; e che serviva la Chiesa e Dio!”
Invitiamo il lettore a leggere entrambi i romanzi per scoprire il continuo paragone che l’autore fa tra la crudeltà francese del 1282 e quella tedesca del 1914, che nella nota successiva esprime così:
“I tedeschi d’oggi pur troppo dimostrano che queste predonerie non si compievano soltanto in quei tempi semibarbari!...”

Luigi Natoli: Alla guerra! Opera inedita. Romanzo storico ambientato nella Francia del 1914, all’inizio della Prima Guerra Mondiale. L’opera, mai pubblicata in libro, è costruita e trascritta dal romanzo originale, pubblicato unicamente a puntate, in appendice al Giornale di Sicilia, nel 1914. Dopo cento anni riprende vita in unico volume ad opera de I Buoni Cugini editori. 
Pagine 954 – Prezzo di copertina € 31,00
Luigi Natoli: Il Vespro siciliano. Romanzo storico ambientato nella Sicilia del 1282, al tempo della famosa rivoluzione. Restaurato dal titolo all'indice, l'opera è la fedele riproduzione del romanzo originale pubblicato in dispense con la casa editrice La Gutemberg nel 1915. 
Pagine 945 - Prezzo di copertina € 25,00
Copertine e illustrazioni interne (Alla guerra!) di Niccolò Pizzorno
Disponibili dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
Disponibili su Amazon Prime, Ibs e tutti gli store on line.
Il libreria a Palermo presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15) La Nuova Ipsa (Piazza Leoni) Libreria Modusvivendi (Via Q. Sella 15)

Luigi Natoli: Quel 31 marzo 1282... Tratto da: Il Vespro siciliano

 
E con rapidità fulminea, presogli dal fianco il pugnale, glielo cacciò nella gola due volte, lo levò in alto insanguinato e gridò: - Muoiano! Muoiano questi francesi, perdio!
Un urlo simile allo scatenarsi di un uragano gli rispose; si videro lampeggiare venti, trenta lame, si udì l’urlo formidabile e tremendo della vendetta. In quel momento le campane della torre della chiesa di Santo Spirito suonavano a Vespro... 
Suonavano a Vespro le campane, per invitare i fedeli alla preghiera, e l’ignoto fraticello, salito sulla torre indorata dal sole cadente, non sapeva che quello squillo di campana avrebbe segnato nelle pagine della storia una data terribilmente memoranda… Aveva suonato, come sempre, l’ora della dolce e raccolta preghiera. Ma giù nel piano, quel rintocco che feriva l’aria sul colpo di pugnale che atterrava il sire Droetto, suonò come uno squillo di tromba; come un segno aspettato, come una voce di comando ed esortazione. Crescendo il rumore, chinato lo sguardo, gli occhi gli si spalancarono di stupore, un fremito gli passò per il sangue e il suo braccio, quasi mosso da una forza ignota, continuò a suonare, a suonare con nuovo vigore: squilli serrati, violenti, di guerra e di strage sopra il tumulto e il balneare dei ferri e il rosseggiare del sangue. 
Quella improvvisa zuffa, quelle grida, il cozzo delle armi, si propagarono in un baleno per la pianura. A un tratto tende e baracche furono rovesciate, tutta quella folla di uomini, come sospinta da un segno d’intesa, da un ordine, si levò in piedi. Molte donne traevano dal seno i coltelli e li porgevano agli uomini: chi non aveva il coltello impugnava un bastone, toglieva le aste dalle tende, fracassava i banchi delle baracche, raccattava sassi. Tra le grida di qua di spavento, là di coraggio e di incitamento, la folla accorreva. E su tutte le bocche risuonava il grido ferocissimo  - Muoiano! Muoiano!
Cadevano i sergenti, l’uno sull’altro; cadevano popolani e la morte confondeva i caduti e mesceva due rivi di sangue in uno, che scendeva alla morte, dove hanno tregua gli odi e le vendette. Non uno riuscì a fuggire: quei duecento un’ora innanzi superbi e prepotenti nelle loro belle vesti, nelle loro armature, fidenti nella loro potenza, sicuri della sottomissione di un popolo inerme, fiduciosi nella tollerante viltà che per diciassette anni aveva piegato il collo, giacevano ora per la pianura a gruppi, ammonticchiati, sparsi, immersi nel loro sangue, con gli occhi sbarrati o chiusi, il volto spaventato o ancora iracondo. Giacevano pesti, disarmati, tra le tende sbrindellate e insanguinate, le baracche distrutte, le mense scompigliate...
Dove si sapeva che fosse una casa di francesi, quella tempesta piombava, folgorava, uccideva; non età, non sesso, non condizione; pagavano i fanciulli innocenti dei dominatori per i fanciulli sgozzati di Agosta; pagavano i vecchi e le donne per i vecchi e per le donne uccisi dappertutto dalla feroce voluttà di malfare. Pareva che dal fondo oscuro della memoria sorgessero le immagini delle vittime immolate per diciassette anni, senza ragioni, per libidine di ricchezze, di dominio, di sensi, e s’adunassero in ogni cuore, e insegnassero le strade e guidassero le braccia.
Pure tra le efferatezze della vendetta il popolo serbò un vivo sentimento di giustizia e rese onore alla virtù. Messer Guglielmo Porcelet, signore di Calatafimi, la cui fama e bontà era diffusa, fu accompagnato fino al mare e finchè non salpò il popolo vittorioso gli dimostrò con atti e con parole dignitose la sua riconoscenza.
Due giorni dopo Palermo, Corleone, forte città di gente originariamente lombarda, insorgeva anch’essa: abbatteva le insegne angioine, inalberava il proprio gonfalone, proclamava libero il comune e inviava i suoi deputati a Palermo, per stringere il patto di fratellanza e di difesa.


Luigi Natoli: Il Vespro siciliano. Romanzo storico ambientato nella Sicilia del 1282. 
Restaurato dal titolo all'indice, l'opera è la fedele riproduzione del romanzo originale pubblicato in dispense con la casa editrice La Gutemberg nel 1915. Con la sua perizia di grande storiografo e narratore, l’autore ci consegna uno dei capolavori della letteratura popolare mondiale che nulla trascura di quel periodo storico come l’orrenda strage di Agosta, le trame politiche cospirative dei baroni siciliani, l’orgoglioso episodio di Gamma Zita a Catania, la valorosa resistenza della città di Messina al dominio francese degli Angiò. Il romanzo ricco di fatti e personaggi realmente accaduti o esistiti, ci regala l’indimenticabile eroe Giordano De Albellis, intollerante alle ingiustizie, innamorato della sua terra, della libertà e della sua bella Odette. 
Pagine 945 - Prezzo di copertina € 25,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Disponibile su Amazon, Ibs e tutti gli store on line.
In libreria a Palermo presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), La Nuova Ipsa (piazza Leoni), Libreria Modusvivendi (Via Q. Sella 15)