di Giuseppe Pitrè: "Le tradizioni cavalleresche popolari in Sicilia" (Romania tomo 13, n. 50 - 1884). In questo scritto, oltre la simpatia e l’ironia dell’autore, incontriamo la Palermo di fine ottocento fotografata nelle abitudini del popolino: “Spettatori son per lo più ragazzi del popolino, iniziati quali sì, quali no in un mestiere; gli altri son giovani e adulti. Uno studioso di statistica non avrebbe modo di farsi un criterio esatto di quelli che veramente usano all’opra; perché in una vanno più monelli che giovani, in un’altra più giovani che ragazzi; in un sestiere son servitori, camerieri e guatteri; in un altro pescatori e pescivendoli (rigatteri) qua facchini (vastasi, vastaseddi), fruttivendoli; là lustrini, mozzi di stalla, manovali ed altri siffatti, ovvero operai de’ meno modesti e de’ meno bassi. Tutto dipende dal sestiere, dalla contrada dell’opra; dove, però, non si vede mai, o rare volte, una donna, e dove una persona del mezzo ceto sarebbe argomento di osservazioni e di commenti degli spettatori, come di maraviglia a coloro de’ suoi amici o conoscenti che venissero a saperlo”. Conosceremo i pupari, gli opranti e i cuntisti dell’epoca con vere e proprie interviste fatte dall’autore, ma soprattutto come la viveva il popolo e la passione che lo portava ad assistere alle rappresentazioni: “L’uditorio è tutto orecchi per sentire, tutto occhi per vedere chi entra e chi esce dal palcoscenico, seguendo l’azione e prendendo parte per uno de’ personaggi. Questo interesse per un paladino, per un eroe, è uno de’ fatti più caratteristici dell’opra; e rivela le tendenze e le inclinazioni del pubblico. Questi s’appassiona per uno, quegli per un altro; i seguaci, gli amici, i vassalli di questo paladino sono simpatici; ostili i seguaci, gli amici, i vassalli del personaggio contrario. La simpatia è per l’eroe o pel debole che subisce la forza del prepotente o che, indocile di freno, gli si ribella. Rinaldo con le sue audacie è sempre l’eroe accetto. Il suo apparir sulla scena è un avvenimento; di lui si studiano e prevedono le mosse, l’incesso, le parole”
di Luigi Natoli:
Il teatro del popolino (Almanacco del fanciullo siciliano - 1925), simpatica introduzione che esalta le eroiche gesta del paladino Orlando.
L’ Opra (Articolo pubblicato sul Giornale di Sicilia il 21 maggio 1914), dove l’autore profetizza il decadimento dell’Opra: “Anche dal palcoscenico le teste di legno cominciano ad andarsene; ce ne sono tante nel mondo, con la loro maschera immobile sul volto, che quelle piccole relegate su poche tavole, fra le scene dipinte, cominciano ad accorgersi di essere soverchie. L’«Opra di pupi» è al principio della fine. Fine del resto prevedibile e aspettata, per le mutate condizioni di vita, di pensiero, di gusti. Il cinematografo ne affretterà la morte; ma il «paladino» a quanto pare muore con tutti gli onori”.
Copione dell’Opra Fioravante e Rizzeri tratto dall'omonimo romanzo (1936)
Il volume, di 270 pagine, impreziosito dalla copertina di Niccolò Pizzorno, ci riporta indietro nel tempo facendoci rivivere le care, antiche tradizioni siciliane “Perchè le belle azioni, i nobili sentimenti, le virtù umane ci commuovono e ci empiono di entusiasmo, anche se i personaggi sono di legno” (Luigi Natoli).
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