martedì 26 ottobre 2021

Luigi Natoli: Il giuramento al romito Filippo Chiaramonte. Tratto da: Il Paggio della regina Bianca

- Figli miei, giuratemi qui, di non lasciarvi mai, e di riconquistare l’onore e la gloria della casa. L’ombra dei vostri padri, uccisi dall’ingordigia altrui, parla per la mia bocca… Giurate! 
Giovannello e Simone, in piedi, colti da un brivido superstizioso, come se realmente le ombre sanguinose dei loro padri fossero balzate dinanzi ai loro occhi, stesero la destra, e a una voce dissero solennemente:
- Lo giuriamo!...
Il volto di Filippo si illuminò di gioia; ma di nuovo il pallore vi si diffuse; e lo sforzo durato esaurì le  sue energie, sì che cadde supino. I due giovani si chinarono per sollevarlo.
- Portatemi fuori, fatemi vedere il cielo, – disse con un filo di voce.
Con delicatezza, lo presero fra le braccia, lo alzarono da terra e lo portarono fuori dalla grotta, intanto che il pastore raccoglieva le pelli, che distese per terra e sopra un sasso a guisa di spalliera, al quale fu appoggiato dolcemente il Romito.
Tramontava.
Gli ultimi raggi del sole fiammeggiavano una luce vermiglia, dentro la quale pareva che le rocce, gli alberi, le erbe si incendiassero. La grotta sembrava di bronzo incandescente. Sotto quella luce, il pallore mortale di Filippo scompariva; e il suo volto pareva sfavillare di una divina aureola.
I due giovani guardavano in silenzio, presi da un senso di terrore religioso. Il silenzio si stendeva per tutta la montagna, per la valle ampia, che s’andava sprofondando in un’ombra cinerea. Non una voce umana: ma la misteriosa e potente voce della natura, che celebrava in una solennità taciturna il grande mistero.
La gran luce del mondo scendeva dietro ai monti e le tenebre si stendevano e avvolgevano tutte le cose; e la luce di un’anima si spegneva anch’essa, e le tenebre eterne calavano su quegli occhi e avvolgevano quelle membra. Una notte nel cielo e sulla terra, una notte in una creatura umana.
Filippo mirava, forse senza vederlo, il rosso disco del sole scendere dietro i monti lontani; e i suoi occhi sembravano animati dal riflesso della luce; quando l’ultimo punto luminoso scomparve, e l’aria divenne grigia, e il monte, gli alberi, tutte le cose presero un color plumbeo, tetro e incerto, quelli si spensero.
Egli mormorò qualche parola.
I due giovani si chinarono per udirlo meglio. Parve loro di cogliere nel soffio di quello spirito una parola:
- Ricordatevi!...

Luigi Natoli: Il paggio della regina Bianca. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1400, al tempo che segnò la fine dei Chiaramonte e l'inizio del regno di re Martino e Bianca di Navarra
Nella versione originale pubblicata dalla casa editrice La Gutemberg nel 1921
Pagine 702 - prezzo di copertina € 23,00
Copertina di Niccolò Pizzorno 
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
Disponibile on line su Amazon, Ibs e tutti gli store online.
In Libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Modusvivendi (Via Q. Sella 15), Nuova Ipsa editore (Piazza Leoni), Libreria Zacco (Corso Vittorio Emanuele) 

Luigi Natoli: Il tesoro dei Chiaramonte e la contrada di Falsomiele. Tratto da: Il Paggio della regina Bianca

 
Giovanello si chinò ancora di più, per ascoltare, con una espressione di religioso raccoglimento. Filippo Chiaramonte riprese a voce più bassa:
- Il giorno in cui il duca Martino di Montblanc invitò Andrea Chiaramonte a presentarsi al re, fingendo di avergli perdonato, Andrea ebbe un sospetto. Mi chiamò prima di rendersi al convegno, e mi disse: “Filippo, fratel mio, bisogna per ogni buon fine, mettere al sicuro il tesoro: servirà o a continuare la guerra, o a riscattare le terre o a vendicarmi. Nel convento di Baida c’è un forziere, che ho affidato alla custodia di quei frati. Finora essi mi son devoti: ma domani? Va, prendi quel forziere e sotterralo dove tu crederai meglio: eccoti una lettera pel padre guardiano”. Andai subito a Baida; se tu non lo sai, Baida è un colle non molto lontano da Palermo, e poco discosto da Monreale, e domina la vallata; il convento che vi sorge è opera della nostra casa… Andai, presi il forziere, che pesava abbastanza, lo ravvolsi di foglie, e così ravvolto lo nascosi in un sacco, e lo caricai sopra un mulo… Per sentieri fuori mano, con un lungo giro, costeggiando quasi il Parco reale, calai sulla valle dell’Oreto, in un punto che si dice la Guadagna, poco più che mezzo miglio lontano da Palermo… Ivi è una villa della nostra casa, con una torre quadrata ampia e degna, come tutte le fabbriche dei Chiaramonte… Allora non ci era stata confiscata, e quei villani ci erano devoti… Nondimeno non mi fidai; per non destar sospetti, tolsi io stesso il sacco col forziere e lo deposi in un angolo, come se non contenesse nulla… Ma la notte, quando tutti dormivano, presi una zappa e una vanga, uscii dalla torre, e mi avviai per la contrada di Falsomiele, che si stende oltre la valle, fino a monte Grifone. La costa di quella contrada è sparsa di ruderi e stanze di antichi edifici, credo dei Saraceni… Non v’era luogo migliore. Scavai, scavai, feci un fosso profondo; ivi deposi il forziere; lo copersi di terra; sulla terra buttai sassi e sterpi, per celare che era stata smossa, e tornai alla torre, senza che alcuno se ne avvedesse… Il forziere è ancor lì; nessuno ha potuto scoprirlo. Va, dunque, figliuolo, e restituisci alla casa dei Chiaramonte il suo splendore…
- Come farò a riconoscere dove è sepolto il forziere? – domandò.
Filippo fece un cenno che significava: “ti dirò”, e segnato un punto in terra, disse:
- Immagina che questo punto sia la torre: tu volgi a levante, misura cento passi, troverai una specie di stanza con un sedile… Continuerai a camminare, conterai tre di stanze come questa. La terza, oltre alla stanza col sedile, ne ha un’altra dietro, più bassa, invasa da pruni ed erbacce: è lì, sotto il muro di tramontana; non puoi sbagliare. 



Luigi Natoli: Il paggio della regina Bianca. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1400, al tempo che segnò la fine dei Chiaramonte e l'inizio del regno di re Martino e Bianca di Navarra
Nella versione originale pubblicata dalla casa editrice La Gutemberg nel 1921
Pagine 702 - prezzo di copertina € 23,00
Copertina di Niccolò Pizzorno 
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
Disponibile on line su Amazon, Ibs e tutti gli store online.
In Libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Modusvivendi (Via Q. Sella 15), Nuova Ipsa editore (Piazza Leoni), Libreria Zacco (Corso Vittorio Emanuele) 

Luigi Natoli: Il segreto del romito. Tratto da: Il Paggio della regina Bianca

 

Il romito finalmente levò il capo, guardò il giovane, e con una voce lieve, ma con un tono che lo fece rimescolare, gli disse:
- Siedi accanto a me…
Il giovane non gli vide muover le labbra; la voce pareva uscisse dalle profondità della terra: era la voce di un altro mondo. Egli ubbidì con una specie di religiosa commozione.
Così, forse, nei tempi preistorici, gli uomini si chinavano sulle tombe per ascoltare le voci dei trapassati, ai quali chiedevano consigli, auguri, benedizioni.
Dopo un minuto di silenzio, il romito disse lentamente e quasi scandendo le parole:
- Figlio di Andrea Chiaramonte, t’ho aspettato lunghi anni… eccoti qui, dunque. Dio sia benedetto!... Siedi e ascolta.
Attonito, Giovannello  ubbidì, e guardato ancora di più fissamente il vecchio, cedendo alla curiosità, gli domandò:
- Chi siete? padre, chi siete?
- Lo saprai…
Vi fu un istante di silenzio. Un non so che di religioso pesava nella grotta e sull’anima di Giovannello. Il romito parve raccogliersi; sulla sua fronte si vedeva l’ombra dei pensieri, come sul cielo le nubi. Egli cominciò con voce bassa, che pareva uscisse dall’invisibile:
- Tu eri ancora un fanciullo quando avvenne la catastrofe della tua casa… Forse non sarebbe avvenuta, e tu saresti il primo barone del regno, se Andrea avesse accettato le offerte del duca di Montblanc… Tu ignori che il padre del re desiderava destinarti marito della figlia di don Ferrante Lopes de Luna, una cugina del re… Andrea rifiutò per non imparentarsi con lo straniero… Dio gli perdoni!... Egli credette nella concordia dei baroni convenuti a Castronovo; credette che in tutti fosse vivo e potente il sentimento dell’indipendenza del regno… e i baroni lo tradirono… Forse tu sai quel che ne seguì: la guerra, le persecuzioni, il tradimento. Andrea si sottomise, ebbe fede nella lealtà del vecchio Martino, e il vecchio Martino finse di perdonargli e di accoglierlo, e lo gittò nelle mani del boia. C’era chi lo istigava… c’era chi voleva la rovina del conte…
- Chi, padre? – domandò fieramente Giovannello, che ascoltava con religioso raccoglimento.
- Messer Bernardo Cabrera…
- Ah!
- Dopo la morte di Andrea, venne la volta dei parenti. Uno di essi cercò uno scampo nella fuga, inseguito come un lupo di borgo in borgo, per valli, per monti… Egli aveva dinanzi agli occhi la visione della scure lampeggiante in aria… del capo reciso e sanguinante preso pei capelli… e dietro, alle calcagna, una muta di cani anelanti di strage, sitibondi di sangue… Era così giunto a Messina. Sperava di trovavi una feluca, una galea, una barca, per recarsi a Napoli e invocare la protezione di Costanza… Ma ecco la feroce muta sopraggiungere, gridando: “Eccolo! eccolo!... Morte al Chiaramonte!... Morte al traditore!”. Quell’uomo ebbe il tempo di balzare in sella, e fuggire, senza saper dove, trasportato dalla furia del cavallo, che pareva impazzito anch’esso… Un istante che avesse indugiato, egli sarebbe stato preso, e, forse, fatto a pezzi… perché alle grida dei suoi inseguitori s’era adunata a un tratto anche una folla minacciosa. Ah! quella fu una fuga incredibile, terrificante… Il cavallo non sentiva più il freno, e la mano non aveva più coscienza per governarlo… Volavano su per un sentiero selcioso, che sfavillava sotto le zampe… Il sentiero saliva; portava in una montagna? chi lo sapeva? né cavallo né cavaliere vedevano… Il cavaliere si accorse improvvisamente che dinanzi a lui la roccia finiva e si spalancava il vuoto mostruoso, immenso… Ebbe la coscienza del pericolo, tentò arrestare la furia del cavallo, ma invano. La bestia infellonita e cieca spiccò un salto… Un grido!... cavallo e cavaliere sparvero: un gran tonfo, le acque del mare si apersero, spumeggiarono, si richiusero sopra di loro…
 I soldati che l’inseguivano si affacciarono con orrore sull’orlo della rupe, che cadeva a picco sul mare, e stettero lì vedendo le acque ancora frementi e rosseggianti, sulle quali poco dopo videro galleggiare il cavallo con le gambe spezzate…
- E il cavaliere?
- Lo credettero morto…
- E non lo era?...
- No: il cavallo lo salvò…


Luigi Natoli: Il paggio della regina Bianca. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1400, al tempo che segnò la fine dei Chiaramonte...
Nella versione originale pubblicata dalla casa editrice La Gutemberg nel 1921
Pagine 702 - prezzo di copertina € 23,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
Disponibile on line su Amazon, Ibs e tutti gli store online.
In Libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Modusvivendi (Via Q. Sella 15), Nuova Ipsa editore (Piazza Leoni), Libreria Zacco (Corso Vittorio Emanuele) 
Nella foto: Pubblicità dell'epoca sul Giornale di Sicilia 

lunedì 18 ottobre 2021

Luigi Natoli: Un unico regno dalle Alpi a Trapani... Tratto da: Viva l'Imperatore!

Opposizioni, sebbene l'imposta fosse abbastanza gravosa, non ce ne furono; non ostante le brighe del papa, baroni, ecclesiastici e sindaci delle città demaniali si erano stretti, intorno all'Imperatore, e lo avevano confortato del loro consenso, frustrando le speranze del papa. Per la terza volta questi aveva solennemente scomunicato Federico, sciogliendo i sudditi dal giuramento di fedeltà. Il pretesto era sempre quello della mancata promessa di andare in Terra Santa a liberare il Sepolcro di Cristo; di che il papa Gregorio si mostrava acceso di fervore più che non fossero stati i suoi predecessori e lo stesso. Urbano II. Ma questo fervore non era sincero o meglio serviva a mascherare interessi materiali. A lui, nipote di Innocenzo III ed educato a quella scuola, non era sfuggito quale minaccia fosse per il dominio temporale la politica unitaria perseguita dall'Imperatore, da mirare a formar dell'Italia, dall'Alpi a Trapani un grande regno, il quale congiunto con quello di Germania nella persona del monarca, avrebbe costituito un dominio così vasto e potente da fare dell'Impero una realtà viva come ai tempi di Carlo Magno. Questa potenza restaurata significava la fine del potere temporale. 
Per impedire l'attuazione del grande disegno di Federico, i papi avevano ricorso a ogni espediente: suscitato un rivale nell'impero, fomentato la ribellione nelle Puglie, eccitato i comuni liberi dell'Italia, dato origine ai guelfi e ai ghibellini, gittando la discordia in tutta la penisola, mandato intorno frati a diffondere immonde calunnie! e infine, motivo ideale e santo, avevano strappato al giovine Federico, in compenso della corona imperiale, la promessa di andare con una crociata nei Luoghi Santi: impresa che lo avrebbe allontanato e tenuto lontano dall'Italia per chi sa quanto tempo, e con qual esito. Corrado vi aveva avuto distrutto mezzo esercito. Federico Barbarossa vi era morto: le crociate non erano favorevoli ai principi tedeschi: Federico, se non vi sarebbe morto, vi avrebbe logorato le sue forze migliori, e scemata la sua potenza; e avrebbe dovuto rinunziare al suo disegno imperiale. Così gli interessi religiosi e la passione di restituire alla cristianità i luoghi santificati da Cristo, servivano a interessi terreni; e l'abbassamento dell'autorità imperiale serviva ad innalzare quel potere sovrano che da Gregorio VII in poi i papi si arrogarono sopra tutti i regni e le signorie della terra. In verità sulle intenzioni di Federico, in riguardo alla spedizione la Chiesa non si ingannava. Federico fidava nella possanza del suo nome e nella sua arte diplomatica e nelle discordie che dividevano i principi musulmani, per ottenere senza combattere vantaggi, forse, maggiori di quelli che potrebbe ottenere con una guerra di dubbio esito. Prendere la corona di re di Gerusalemme, stringere un trattato per assicurare l’esercizio del culto ai Cristiani e la sicurtà dei pellegrinaggi, legare l'Oriente all'Occidente con rapporti di interesse, con un disegno geniale e degno della mente di Federico; al quale, per altro, più della signoria effettiva di un regno lontano, premeva condurre a buon termine il suo disegno di unificare l'Italia: che questo concetto di formar dell'Italia un grande Stato fu dei re di Sicilia, prima di qualunque altro.


Luigi Natoli: Viva l'Imperatore! Romanzo storico ambientato nella Palermo di Federico II. L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1925. 
Copertina di Niccolò Pizzorno
Prezzo di copertina € 22,00 
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (spedizione a mezzo corriere in tutta Italia) 
Disponibile su Amazon, Ibs e tutti gli store online
Il libreria a Palermo presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Modusvivendi (Via Q. Sella 15) 

Luigi Natoli: Federico II. Tratto da: Viva l'Imperatore!

Quando il maestro di palazzo fece entrare messer Gualtiero e madonna Elena nella sala dove l'Imperatore sedeva, ella sentì come una nube calarle sugli occhi, tanta fu la commozione. La sala, grande, era rivestita di marmi bianchi incorniciati in fasce di mosaico a disegni geometrici; e ornata di aquile sveve e scudi normanni e rosoni di porfido e di granito e di intarsii marmorei. Per tutto il giro della sala correva un ordine di colonne di cipollino, che formavano come un corridoio aperto, o come delle navate minori; dalle colonne si partivano gli archi svelti, sui quali si appoggiava il soffitto ad alveoli, dipinto cilestre, con arabeschi bianchi e rossi e d'oro. Le volte degli archi, i pennacchi eran rivestiti di mosaici che rappresentavano scene cavalleresche e cacce: arcieri e cavalieri, leoni e cinghiali, e cervi, cani, fra palmizi e alberi pieni di pomi, con una festa di colori e di oro che abbagliava. Fra le ultime arcate pendevano tappeti e arazzi di seta vaghissimi, e più in alto ondeggiavan lievemente stendardi bianchi con l'aquila imperiale nel mezzo.

L'altra sala pareva un piccolo tempio; nella luce diffusa dolcemente dalle finestre aperte in una cupola azzurra e stellata come un cielo primaverile, madonna non vide che un abbarbaglio di oro e di colori. L'Imperatore era lì, seduto sotto un padiglione di seta sparso di piccole aquile, accarezzando un bel veltro, che guardava con gli occhi dorati i nuovi venuti. Intorno all'Imperatore erano altri cavalieri dignitari togati, uomini d'arme tedeschi in cotta d'acciaio e qualche musulmano col suo bianco mantello. Ma la dama non ebbe occhi che per l'Imperatore. 
Federico che non aveva ancora toccato i vent'otto anni, era nel fiore della sua giovinezza. Di statura media, di giusta membratura, rosso di carne, un po' calvo ma biondo di capellatura che tendeva al rossiccio come quella del padre; raso alla maniera dei Cesari; nel suo volto si alternavano e si temperavano a vicenda l'orgoglio, la violenza, la gentilezza e l'umanità; ma sulla fronte gli splendeva come il raggio di una grande idea; e in tutto l'aspetto una maestà che incuteva soggezione e nel tempo stesso benevolenza che incoraggiava e conquistava. Era vestito di una veste di color verde, serrata i fianchi da una cintura di seta color rosso cupo; gli orli della veste e delle larghe maniche erano ornati di un largo gallone d'oro e di seta; e sul petto gli scintillava un fermaglio con un grosso topazio circondato di piccoli smeraldi: le gambe aveva fasciate di candidi lini, stretti da lacciuoli di fil d'oro: e i piedi calzati da stivaletti di seta verde, sul cui dorso eran dipinti due Leoni. Madonna Elena si sentiva piegar l'animo dinanzi a quella maestà, alla quale faceva di sfondo la magnificenza e lo splendore della sala e la ricchezza dei cortigiani. No, non era il rozzo e fiero erede di quell'Arrigo VI tedesco tutto ferro e ferocia; era l'erede di Ruggero e di Guglielmo, che raccoglieva dopo tanti secoli la corona imperiale di Carlo Magno e di Cesare Augusto...


Luigi Natoli: Viva l'Imperatore! Romanzo storico ambientato nella Palermo di Federico II. L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1925. 
Copertina di Niccolò Pizzorno
Prezzo di copertina € 22,00 
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (spedizione a mezzo corriere in tutta Italia) 
Disponibile su Amazon, Ibs e tutti gli store online
Il libreria a Palermo presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Modusvivendi (Via Q. Sella 15) 

venerdì 1 ottobre 2021

Luigi Natoli: Alla corte di Federico II. Tratto da: Viva l'Imperatore! Romanzo storico siciliano

Ma la maraviglia di madonna Elena si accrebbe entrando nel palazzo. La visita della Corte col suo doppio portico, con le fontane nel mezzo protetta da una cupola sorretta da otto graziose colonne, con la grande scala, ornata di leoni marmorei; i marmi e i mosaici che splendevano sulle pareti del portico superiore, le colonne svelte, i capitelli antichi decorati di dorature; tutto questo era per madonna Elena cosa neppure imaginabile. Ma parve oscurarsi dinanzi alla maestà di Cesare.
Quando il maestro di palazzo fece entrare messer Gualtiero e madonna Elena nella sala dove l'Imperatore sedeva, ella sentì come una nube calarle sugli occhi, tanta fu la commozione. La sala, grande, era rivestita di marmi bianchi incorniciati in fasce di mosaico a disegni geometrici; e ornata di aquile sveve e scudi normanni e rosoni di porfido e di granito e di intarsii marmorei. Per tutto il giro della sala correva un ordine di colonne di cipollino, che formavano come un corridoio aperto, o come delle navate minori; dalle colonne si partivano gli archi svelti, sui quali si appoggiava il soffitto ad alveoli, dipinto cilestre, con arabeschi bianchi e rossi e d'oro. Le volte degli archi, i pennacchi eran rivestiti di mosaici che rappresentavano scene cavalleresche e cacce: arcieri e cavalieri, leoni e cinghiali, e cervi, cani, fra palmizi e alberi pieni di pomi, con una festa di colori e di oro che abbagliava. Fra le ultime arcate pendevano tappeti e arazzi di seta vaghissimi, e più in alto ondeggiavan lievemente stendardi bianchi con l'aquila imperiale nel mezzo. L'altra sala pareva un piccolo tempio; nella luce diffusa dolcemente dalle finestre aperte in una cupola azzurra e stellata come un cielo primaverile, madonna non vide che un abbarbaglio di oro e di colori. L'Imperatore era lì, seduto sotto un padiglione di seta sparso di piccole aquile, accarezzando un bel veltro, che guardava con gli occhi dorati i nuovi venuti. Intorno all'Imperatore erano altri cavalieri dignitari togati, uomini d'arme tedeschi in cotta d'acciaio e qualche musulmano col suo bianco mantello. Ma la dama non ebbe occhi che per l'Imperatore...



Luigi Natoli: Viva l'Imperatore! Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di Federico II. 
L'opera è la fedele riproduzione del romanzo originale pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1925.
Pagine 528 - Prezzo di copertina € 22,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (Consegna a mezzo corriere in tutta Italia). Ordina alla mail ibuonicugini@libero.it o al whatsapp 3894697296
Disponibile su Amazon, Ibs e tutti gli store online.
In libreria al momento presso La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour) La Nuova Bancarella (Via Cavour)

Natoli: La sede regia. Tratto da: Viva l'Imperatore! Romanzo storico siciliano


Quando madonna Elena, dopo essersi abbigliata convenientemente, si recò al palazzo regio col marito, non poté trattenere la sua maraviglia al cospetto dell'ampia mole, che uscendo da una traversa della ruga del Pissoto le si parò dinanzi agli occhi. A sinistra, presso l'Aula regia, sorgeva una torre di mattoni, simile a una rossa sentinella avanzata, per custodire il passo e vigilare l'Aula, dove spesso i re tenevano parlamento. In fondo era il palazzo. Due torri di grandezza mai vista sorgevano alle due estremità; una delle quali dominava il burrone del fiumicello Kemonia, girando da mezzogiorno a ponente per seguire la roccia su cui era edificata. Non grandi finestre; ma feritoie, per quattro piani, rompevano il grigio caldo della muraglia costruita di enormi conci squadrati; alti merli ricorrevano lungo il fastigio assai semplice.
- Quella è la torre Greca, – spiegò messer Gualtiero; – vi sono le prigioni pei rei di lesa maestà.
L'altra torre, all'estremità opposta, era di forma quadrangolare; alta e massiccia coronata di merli; sovrapposta a una specie di bastone merlato, ai fianchi sporgevano due corpi avanzati, come torricelle addossate, simili a quelle che fiancheggiano il castello della Zisa; sormontata da cupolette, che si travedevano fra' merli. Feritoie e finestre, alcune di esse bifore, si aprivano, in varii piani, fra le ogive ricorrenti sulla facciata. Messer Gualtiero disse che quella era la torre Pisana. Fra le due torri correva un doppio ordine di portici, con svelte colonne, sulle quali si voltavano le ogive. Ma i portici erano spezzati nel mezzo, dalle Absidi della chiesa di S. Pietro, che si avanzavano sulla linea dei portici, graziose con le loro ogive intersecantisi, come quelle della chiesa di S. Spirito e del Duomo, e le finestrette che lasciavan travedere il luccicore dei mosaici.
Così mentre ai due lati il palazzo aveva l'aspetto di un formidabile castello, nella parte di mezzo con quei portici, con quelle tre absidi leggiadre, coi marmi e i musaici che ornavano le pareti interne dei portici, offriva l'immagine di un bello e ornato palazzo.
Abituata a vedere i rudi e foschi castelli appollaiati sulle rocche, con le torri tozze, le muraglie cieche, il mastio torreggiante, la reggia sembrò a madonna Elena più maravigliosa. Messer Gualtiero sorrideva. Le diè tempo di soddisfare la sua curiosità, e le spiegò che la parte attaccata alla torre Pisana era detta la Gioaria.


Luigi Natoli: Viva l'Imperatore! Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di Federico II. 
L'opera è la fedele riproduzione del romanzo originale pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1925.
Pagine 528 - Prezzo di copertina € 22,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (Consegna a mezzo corriere in tutta Italia). Ordina alla mail ibuonicugini@libero.it o al whatsapp 3894697296
Disponibile su Amazon, Ibs e tutti gli store online.
In libreria al momento presso La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour) La Nuova Bancarella (Via Cavour)