martedì 28 novembre 2023

Luigi Natoli: L'attentato a Giovan Luca Squarcialupo nella chiesa dell'Annunziata. Tratto da: Squarcialupo. Romanzo storico siciliano.

Quando Giovan Luca Squarcialupo giunse alla chiesa dell'Annunziata, trovò piena di gente non solo la navata destra, ma anche la parte superiore della navata di mezzo. Gli fecero largo per farlo passare co’ suoi amici; ma si richiusero dinanzi ai popolani, che rimasero accalcati nella parte inferiore della navata di mezzo. Dorotea non potè penetrare; si rannicchiò in un canto, presso la pila dell’acqua benedetta cercando di vedere dove fosse Giovan Luca.
Egli si era avvicinato all’altare maggiore, dove erano i nobili invitati al convegno. Vi era Guglielmo Ventimiglia, Pompilio Imperatore, Francesco e Cola Bologna, Alfonso Saladino, Pietro d’Afflitto, Giovanni Antonio Postella, Girolamo Imbonetta e altri signori, che egli ravvisò a uno a uno. Rivoltosi a Guglielmo Ventimiglia:
- Magnifici signori, il luogotenente generale questa notte è fuggito; e questa fuga non si spiega, quando egli avrebbe dovuto ratificare i nostri accordi. Se io non avessi a cuore la pace della città mi asterrei da ogni trattativa; ma noi dobbiamo con o senza l’approvazione di lui, fondare la pace degli animi sul buon governo e sulla libertà.
- Ascoltiamo la santa messa – disse Guglielmo Ventimiglia – il Signore Iddio e la Santa Vergine ci ispireranno. Prendiamo posto.
Uscì la messa.
Guglielmo si messe in prima fila, e accanto a lui volle Squarcialupo: di qua e di là Cristoforo Di Benedetto e Alfonso La Rosa. Dietro a loro si posero i nobili: Pompilio Imperatore era dietro a Squarcialupo; Nicola Bologna dietro a Cristofaro Di Benedetto, Pietro d’Afflitto dietro ad Alfonso La Rosa; gli altri fiancheggiavano e seguivano. Tutti stavano in ginocchio divotamente. Cominciò la messa: nel gran silenzio diffuso per la chiesa s’udiva il biascicare del celebrante, ora più alto, ora più basso e le risposte del sagrestano, più argentine e chiare.
Ma quel silenzio avea qualche cosa di cupo, di misterioso: c’era nell’aria il senso di una aspettazione pavida e irrequieta; in quei volti che pregavano qualche cosa di duro, che contrastava con la luce mistica di un raggio di sole che penetrando da una finestra illuminava il Cristo sull’altare.
- Sanctus: sanctus sanctus Deus Sabahot, invocò il sacerdote; fra squilli di campanello; e l’invocazione fu ripetuta con un mormorio sommesso e quasi trepidante.
Ora il frate si apprestava alla consacrazione, chiuso sull’altare, compreso dell’alto mistero che si compiva; il campanello squillò un’altra volta; egli lentamente sollevò l’ostia. Allora Guglielmo Ventimiglia alzò le braccia, e nel silenzio gridò:
- Dio ci assista!...
Tre uomini balzarono in piedi, tre lame balenarono; tre gridi ferirono l’aria; un gran clamore come lo scoppio improvviso d’un uragano, scosse la chiesa: il frate lasciò cadere l’ostia, si voltò…


Luigi Natoli: Squarcialupo – Opera inedita. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1517, quando Giovan Luca Squarcialupo, patriota, sognò e realizzò anche se per poco, un governo repubblicano. L’opera, mai pubblicata in libro, è costruita e trascritta dal romanzo originale, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1924.
Copertina di Niccolò Pizzorno 
Pagine 684 – prezzo di copertina € 24,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (Sconto 15% - Consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile su tutti gli store online e in libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Macaione (Via M. Villabianca 102), Libreria Nike (Via M. Ugo 56), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Feltrinelli punto vendita centro commerciale Conca d'Oro. 

Luigi Natoli: La chiesa dell'Annunziata e la congiura dei baroni - Tratto da: Squarcialupo. Romanzo storico siciliano

La chiesa dell’Annunziata era stata eretta da pochi anni sulle rovine di un’altra chiesa distrutta nel secolo XIV; e accanto ad altra, dello stesso titolo, appartenente a confrati, che però l’avevano abbandonata, e avevano trasportato il loro archivio, il sagramento, i vasi, tutto insomma nella nuova; che esiste tutt’ora, nella sua graziosa forma originale, accanto all’edifizio del Conservatorio di Musica, dentro il quale si trovano il portico e gli avanzi della chiesa dei confrati. Allora questo portico e la chiesa abbandonata comunicavano con la nuova.
Fin dalla prima mattinata gente vi si recava da ogni parte; i più entravano nella chiesa vecchia e nel portico; altri rimanevano fuori. Era facile a un vecchio esperto riconoscere fra essi servitori di famiglie nobilesche, schiavi, artigiani, gente di campagna, venuta dalle vicine terre feudali. Non avevano apparentemente armi; ma se ne indovinavano nascoste; e se alcuno avesse frugato nella vecchia chiesa, avrebbe scoperto picche e archibugi.
Verso nona cominciarono ad arrivare signori e mercanti; e a prender posto nella chiesa nuova, occupando la navata destra: il padre Iacopo Crivello, del vicino convento di Santa Cita, aspettava in sacrestia il momento per vestirsi coi paramenti per celebrare la messa di pacificazione: e intanto mormorava orazioni: ma Giovan Luca ancora non veniva.
Giovan Luca aspettava i suoi compagni per andare insieme in chiesa, quando Dorotea gli si presentò pallida e agitata:
- Non andare, Giovan Luca; – gli mormorò all’orecchio con voce supplichevole; – non andare! Ho fatto un brutto sogno; t’ho visto grondante di sangue in un cataletto. Vergine santa, che spavento!... Non andare, te ne scongiuro!...
Giovan Luca sorrise...
Quando giunse in chiesa, trovò piena di gente non solo la navata destra, ma anche la parte superiore della navata di mezzo. Gli fecero largo per farlo passare co’ suoi amici; ma si richiusero dinanzi ai popolani, che rimasero accalcati nella parte inferiore della navata di mezzo. Dorotea non potè penetrare; si rannicchiò in un canto, presso la pila dell’acqua benedetta cercando di vedere dove fosse Giovan Luca.
Egli si era avvicinato all’altare maggiore, dove erano i nobili invitati al convegno. Vi era Guglielmo Ventimiglia, Pompilio Imperatore, Francesco e Cola Bologna, Alfonso Saladino, Pietro d’Afflitto, Giovanni Antonio Postella, Girolamo Imbonetta e altri signori, che egli ravvisò a uno a uno. Rivoltosi a Guglielmo Ventimiglia:
- Magnifici signori, il luogotenente generale questa notte è fuggito; e questa fuga non si spiega, quando egli avrebbe dovuto ratificare i nostri accordi. Se io non avessi a cuore la pace della città mi asterrei da ogni trattativa; ma noi dobbiamo con o senza l’approvazione di lui, fondare la pace degli animi sul buon governo e sulla libertà.
- Ascoltiamo la santa messa – disse Guglielmo Ventimiglia – il Signore Iddio e la Santa Vergine ci ispireranno. Prendiamo posto.
Uscì la messa.
Guglielmo si messe in prima fila, e accanto a lui volle Squarcialupo: di qua e di là Cristoforo Di Benedetto e Alfonso La Rosa. Dietro a loro si posero i nobili: Pompilio Imperatore era dietro a Squarcialupo; Nicola Bologna dietro a Cristofaro Di Benedetto, Pietro d’Afflitto dietro ad Alfonso La Rosa; gli altri fiancheggiavano e seguivano. Tutti stavano in ginocchio divotamente. Cominciò la messa: nel gran silenzio diffuso per la chiesa s’udiva il biascicare del celebrante, ora più alto, ora più basso e le risposte del sagrestano, più argentine e chiare.
Ma quel silenzio avea qualche cosa di cupo, di misterioso: c’era nell’aria il senso di una aspettazione pavida e irrequieta; in quei volti che pregavano qualche cosa di duro, che contrastava con la luce mistica di un raggio di sole che penetrando da una finestra illuminava il Cristo sull’altare.... 
(Nella foto la chiesa dell'Annunziata, distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale)


Luigi Natoli: Squarcialupo – Opera inedita. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1517, quando Giovan Luca Squarcialupo, patriota, sognò e realizzò anche se per poco, un governo repubblicano. L’opera, mai pubblicata in libro, è costruita e trascritta dal romanzo originale, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1924.
Copertina di Niccolò Pizzorno 
Pagine 684 – prezzo di copertina € 24,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (Sconto 15% - Consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile su tutti gli store online e in libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Macaione (Via M. Villabianca 102), Libreria Nike (Via M. Ugo 56), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Feltrinelli punto vendita centro commerciale Conca d'Oro. 



Luigi Natoli: Palermo era difesa da un esercito di santi... - Tratto da: Palermo al tempo degli Spagnoli 1500-1700

Palermo era difesa da un esercito di santi, e aveva settanta patroni: S. Mamiliano, S. Sergio, S. Agatone, e in generale tutti i santi palermitani, o creduti tali; le sante vergini, S. Cristina, S. Oliva, S. Agata, S. Ninfa, poi nel 1624 relegate in disparte per lasciare il posto a S. Rosalia, la “Santuzza” per antonomasia; S. Francesco di Paola, SS. Cosmo e Damiano, S. Michele Arcangelo, e finalmente l’Immacolata, in onore della quale i frati minori avevano ottenuto molti privilegi, e nel secolo XVIII in ispecie facevano in suo onore una processione con grandissimo concorso di popolo festante e di moltissimo consumo di “cubaita” e di “pietra fendola” e di focacce. Per chi non è palermitano dirò che la “cubaita” (voce araba) è un dolce composto di sesamo cotto nel miele, saporito al palato, e la “pietra fendola” (parole latine: fendola viene da fendere) è un altro dolce composto di mandorle abbrustolite, di bucce d’arancia cotte nel miele e indurite, ma che si squagliano in bocca.
La religione si esplicava nelle pratiche prescritte dal Catechismo, nelle processioni, che erano numerosissime, negli atti di penitenza e di tutte quelle funzioni della Chiesa che si compivano come scomuniche, benedizioni, ecc. 
Nulla si può immaginare di più spettacoloso di quello che fossero le processioni in quel tempo; non c’era Chiesa né convento che non intervenisse a quella di una chiesa o di un altro convento, e spesso recando il proprio fercolo o, come si dice a Palermo, bara, o un cilio, o gonfalone. Celebre era la “Casazza” così detta dai Genovesi nel Trecento o nel Quattrocento, che consisteva in una processione figurata della Passione di Cristo, con personaggi che rappresentavano quelli del Vangelo la quale si diffuse con lo stesso nome di Casazze nell’Isola. E grandiose erano quelle del Corpus Domini e quella di S. Rosalia, che successe a S. Cristina. Vi intervenivano tutte le Confraternite, tutti i conventi, tutto il clero, con una infinità di bare e cilii, e spesso, nel portare la bara che era pesantissima, i confrati scherzavano con essa; quelli dei SS. Cosmo e Damiano, per esempio, che reggevano le aste, ogni tanto descrivevano un cerchio di cui la bara era il centro, ed era tanto veloce, che se non c’erano pronti altri confrati, quelli trasportati dal giro andavano per terra gli uni sugli altri. C’erano le bare di S. Francesco d’Assisi e di quelli di Paola, di S. Giuseppe, di S. Giorgio, di S. Cristoforo, insomma di tutti i santi: ultima veniva la bara di S. Domenico, che rimase in proverbio: l’urtima vara è Sannuminicu. Per dire che una cosa arriva l’ultima. 
Solevano i nobili accompagnare il Sacramento a cavallo, ma nel 1595 il Pretore conte del Carretto prescrisse che andassero a piedi, poi l’uso si estese per ogni santo, e diventò costumanza. 
La novena per la nascita di Cristo fu invenzione del padre Mariano Lo Vecchio con luminarie e prediche, prima nella chiesa del convento di S Cita. Egli istituì la processione del Rosario, il recitare del Rosario in coro e la divozione di prendere un santo il primo giorno dell’anno per proteggere una persona tutto l’anno. Morì nel 1581.
Nel 1614 fu condannato nel capo un malfattore impenitente; di ciò impressionati, i confrati di S. Girolamo deliberarono di pregare per l’anima dei condannati; e così sorse la compagnia degli Agonizzanti. La chiesa, dopo aver peregrinato sedici anni, fu eretta nel 1630. La compagnia soleva distribuirsi lungo le vie durante il tragitto del condannato per recarsi al luogo del supplizio; e lì i confrati vestiti di sacco, coperto il volto, pregavano e incitavano gli altri a pregare “per l’anima di quel poveretto” che stava per morire. 
Le quarant’ore furono istituite nel 1607 da don Baldassarre Bologna ad istanza del Senato; poi ebbero concessa l’indulgenza da papa Paolo V il 14 di settembre del 1614.




Luigi Natoli: Palermo al tempo degli Spagnoli – Opera inedita, fedelmente copiata dal manoscritto dell’autore privo di data. È lo studio critico e documentato di due secoli di storia della città di Palermo mirabilmente analizzata da Luigi Natoli con una visione del tutto contemporanea senza trascurar nulla, compresi i particolari, anche i più frivoli.
Argomenti trattati:
La città – Il governo – L’amministrazione – Il popolo – Il Sant’Offizio – Il clero e le confraternite – La giurisdizione e l’arbitrio – Le maestranze – Le rivolte – Le armi e gli armati – Le scuole e i maestri – La stampa – Gli usi e costumi delle famiglie – La vita fastosa – La pietà cittadina – Teatri e feste – I divertimenti cavallereschi e le giostre spettacolose – Banditi, stradari e duelli.
Copertina di Niccolò Pizzorno 
Pagine 283 – Prezzo di copertina € 20,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito ibuonicuginieditori.it (Sconto 15% - Consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile su Amazon al venditore I Buoni Cugini e tutti i siti vendita online.
In libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133), Feltrinelli libri e musica (Punto vendita centro commerciale Conca D'Oro), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Macaione (Via M. Villabianca), Libreria Nike (Via Marchese Ugo 56), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15)

Luigi Natoli: Miracoli, superstizioni, pregiudizi. Tratto da: Palermo al tempo degli Spagnoli 1500-1700.

Usa anche ora veder portare in casa di un ammalato popolare un’immagine sacra scolpita, alta credo cinquanta centimetri, che rappresenta un’Immacolata o un S. Francesco o un S. Antonio da Padova o altro santo taumaturgo, allo scopo di guarirlo. Ma ben inteso che l’immagine sia quella tale, di tale confraternita, perché l’Immacolata della confraternita A è più miracolosa di quella della confraternita B. 
Immaginiamo quello che fosse nel Cinque e Seicento, quando la religione era più inquinata da elementi pagani e si credeva più alle virtù delle cose che alla spiritualità che esse rappresentavano. Il credere che un Ecceomo esposto in una via fosse più miracoloso di un altro Ecceomo, come se non figurassero lo stesso Gesù, che la Madonna dipinta in una edicola avesse la facoltà di far grazie più di un’altra Madonna, e il raccogliere dinnanzi a loro più ceri e più lampade che fosse, e lasciare le altre al buio, erano cose comuni che non si giudicavano pregiudizievoli della religione. Certe immagini si credeva che avessero la facoltà di preannunziare un avvenimento, come quella di S. Giovanni di Dio, dipinta in un quadro e sospesa con una corda al soffitto dell’Ospedale dei frati Benfratelli, annunziasse la morte di un degente col voltarsi verso lui. 
Credere ai miracoli nelle invocazioni era una cosa stabilita, e l’intervento di un santo o beato era cosa giurata e divulgata e trasmessa nel tempo, specialmente in caso di malattia o di un disastro. Così si attribuiva all’intervento della patrona S. Cristina e poi di S. Rosalia la cessazione del morbo pestilenziale del 1557 e del 1575 e del 1624, e non già alle prescrizioni mediche e igieniche. Quando si scoperse il corpo di S. Rosalia, si disse che la peste fu di un subito cessata perché la Santuzza mostrasse il suo patrocinio: la peste durò ancora un anno e cessò quando aveva fatto il suo ciclo. 
Spesso una leggenda sognata o ripullulata nel cervello di un isterico, si tramutava in una miracolosa realtà; come avvenne per quella di S. Oliva. Un’antica leggenda diceva che trovato in Palermo il corpo della vergine, il sangue sarebbe corso a fiumane: “pi santa oliva lu sangu a lavina.” Come fu e come non fu, nel Seicento si sparse la notizia che il corpo della santa si trovava sepolto nella via dove si trovava la chiesa di S. Michele Arcangelo, e precisamente innanzi alla chiesa stessa. E allora si rovesciò l’armata di picconi e di vanghe, e zappa e scava per lungo, per largo, in basso e non trovò che acqua. Ragione per cui il 15 ottobre del 1606 il cardinale Doria minacciò la scomunica a chi, sapendolo, occultasse o nascondesse dove era il corpo di S. Oliva. 

Luigi Natoli: Palermo al tempo degli Spagnoli – Opera inedita, fedelmente copiata dal manoscritto dell’autore privo di data. È lo studio critico e documentato di due secoli di storia della città di Palermo mirabilmente analizzata da Luigi Natoli con una visione del tutto contemporanea senza trascurar nulla, compresi i particolari, anche i più frivoli.
Argomenti trattati:
La città – Il governo – L’amministrazione – Il popolo – Il Sant’Offizio – Il clero e le confraternite – La giurisdizione e l’arbitrio – Le maestranze – Le rivolte – Le armi e gli armati – Le scuole e i maestri – La stampa – Gli usi e costumi delle famiglie – La vita fastosa – La pietà cittadina – Teatri e feste – I divertimenti cavallereschi e le giostre spettacolose – Banditi, stradari e duelli.
Copertina di Niccolò Pizzorno 
Pagine 283 – Prezzo di copertina € 20,00
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giovedì 23 novembre 2023

Luigi Natoli: Pesce Cola. Tratto da: Almanacco del fanciullo siciliano.

Allo Stretto di Messina si legano alcune leggende, di cui famosa quella di Pesce Cola.
Pesce Cola era un bel giovane aitante, grande nuotatore, che poteva tuffarsi e scendere nel profondo del mare, proprio come i pesci: e per questo appunto lo avevano chiamato Pesce. Tante erano le prove che egli dava della sua valentia, che i Messinesi andavano in barca a godersene lo spettacolo.
La fama di queste bravure giunse all’orecchio del re Federigo; il quale, trovandosi in Messina con la corte, volle conoscere Cola, e metterlo alla prova.
- Tu, – gli disse, – scendi nel fondo del mare? Ebbene, va’, e dimmi quel che c’è sotto Messina.
- Maestà, sì. 
Con un salto Cola si tuffò e sparì. Aspetta, aspetta; finalmente risalì:
- Maestà, – disse, – ho veduto che Messina è fabbricata sopra tre colonne: una è rotta; una è incrinata; solo la terza è sana: quando questa sarà rotta, Messina subisserà.

Messina! Messina!
un giorno sarai meschina.

Il re dapprima si turbò; ma poi, dubitando che Cola non fosse sceso nel fondo del mare, e avesse inventato di sua testa, prese una bella coppa d’oro, e disse:
- Se tu vai a prendermi questa coppa preziosa, te la darò in dono. 
E così dicendo, buttò la coppa nel mare. Cola stette un poco, per aspettare che la coppa sprofondasse; e poi, un altro tuffo, e sparve di nuovo nelle onde. Tutti aspettavano trepidando, perché il tempo passava, e temevano che il giovane fosse caduto sotto i denti dei pescecani, che lì abbondano: ma ecco le acque pullulare, e Cola emergere tenendo in mano la coppa avviluppata di alghe. E allora applausi che non finivano mai.
Questa prova poteva bastare al re: ma no. O che egli ci avesse preso gusto, o che altri lo consigliasse, chiamò Cola:
- La coppa è tua; ma un’altra prova voglio da te. Vedi quest’anello? (e se lo tolse dal dito) c’è un diamante che vale più della coppa. Ora va’ a pescarlo. 
Cola impallidì:
- Maestà, – disse, – non mi obbligate a tentare ancora la fortuna; perché temo che questa volta non ritornerò.
- Come? Hai paura? Ma qui si vedrà il tuo valore. E se tu mi riporti l’anello, io te lo darò e ti darò anche altri ricchi doni. Va’ dunque. 
E buttò l’anello. Cola allora disse:
- Maestà, fatemi dare un pugno di lenticchie: se non le vedrete venire a galla, vuol dire che io ho ritrovato l’anello; ma se esse verranno su, è segno che io non tornerò. 
Si tuffò per la terza volta. Aspetta, aspetta: il giorno tramontava; tutti i cuori tremavano; ma il mare rimaneva tranquillo. Poi, a poco a poco, ecco salire dal fondo le lenticchie a una a una. E Cola non comparve più.
Questa è l’antica leggenda di Pesce Cola.

Luigi Natoli: L'Almanacco del fanciullo siciliano. L'opera è la fedele trascrizione del volume originale pubblicato dalle Industrie Riunite Editoriali Siciliane nel 1925, corredato con le foto dell'epoca. 
Pagine 274 - Prezzo di copertina € 19,00
Sconto del 15% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile su tutti gli store online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), La Feltrinelli libri e musica (Punto vendita centro commerciale Conca d'Oro) Libreria Nike (Via Marchese Ugo 56), Libreria Macaione (Via Marchese di Villabianca 102) 

venerdì 17 novembre 2023

Sconto del 15% su tutti i volumi della Collana dedicata alle opere di Luigi Natoli edita I Buoni Cugini


Gentili clienti, 
da oggi su tutti i volumi della Collana dedicata alle opere di Luigi Natoli acquistati dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it è applicato lo sconto del 15% sul prezzo di copertina.
Spedizione a mezzo corriere in tutta Italia al costo di € 4,00 a ordine. 
 Per ogni informazione potete contattarci alla mail ibuonicugini@libero.it, al cell. 3457416697 o 3894697296, al whatsapp 3894697296.

I Buoni Cugini editori 

https://www.ibuonicuginieditori.it/luigi-natoli-i-romanzi
https://www.ibuonicuginieditori.it/luigi-natoli-scritti-storici


mercoledì 8 novembre 2023

Luigi Natoli: Rosa Donato. Tratto da: Almanacco del fanciullo siciliano

Dina e Clarenza non furono sole.
Nel 1848, quando Messina fu assalita, bombardata, arsa dalle truppe borboniche, si vide fra i difensori una povera donna del popolo, che si chiamava Rosa Donato.
Tutto il giorno, come un cavallo, aveva trainato un cannone, dove era necessario. Finalmente lo aveva collocato in una barricata, come le avevano ordinato. La barricata era difesa con grande valore; ma i Borbonici tiravano da tutte le parti: i morti e i feriti cadevano; la barricata non si poteva più tenere, e bisognò abbandonarla.
Ma Rosa Donato non voleva abbandonare il cannone: restò sola, con la miccia in mano, e sul capo le sventolava il tricolore. Ecco i soldati napoletani montare sulla barricata, con le baionette calate. Rosa vede il pericolo; e allora, per non cedere il cannone e per impedire l’avanzata, gitta la miccia accesa nella cassa delle munizioni. La cassa scoppia con orrendo fragore, e manda in aria la barricata, gli assalitori, il cannone.
Rosa Donato, travolta nelle macerie, scampò per miracolo. Visse nascosta e povera; e quando la Sicilia, dodici anni dopo, fu liberata, nulla domandò e morì nell’ombra, sorretta dalla carità.
Ma il suo nome è e sarà ricordato sempre nella storia a onore delle donne.


Luigi Natoli: Almanacco del fanciullo siciliano. Libro sussidiario di cultura regionale e nozioni varie. 
Pagine 210 - Prezzo di copertina € 19,00
L'opera è la fedele trascrizione del volume pubblicato dalle Industrie Riunite editoriali siciliane (Palermo) nel 1925 ed è corredato dalle foto originali del libro. 
Copertina di Niccolò Pizzorno.
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Luigi Natoli: Le cose a cui non devi credere. Tratto da: Almanacco del fanciullo siciliano. Libro sussidiario di cultura regionale e nozioni varie

 

Non credere che la rottura di uno specchio sia l’annunzio di una disgrazia;
non credere che il sale rovesciato sulla tavola e l’olio versato per terra portino sventura;
non credere che di venerdì non bisogna cominciare alcun lavoro, nè partire, perché giorno di malo augurio;
non credere che quando si è in tredici a tavola, il più giovane debba morire;
non credere che rifare il letto in tre porti sventura al più giovane;
non credere al lupo mannaro: il lupo mannaro è un povero ammalato di epilessia, che negli accessi del male, invece di cadere in convulsioni, va per le vie urlando, e talvolta cammina carponi;
non credere che l’apparizione di una cometa annunzii guerre, terremoti, pestilenze e simili disastri;
non credere alle streghe, alle fattucchiere, agli incantesimi, al malocchio, alla jettatura e ad altre sciocchezze simili;
non credere ai sogni, nè agli indovini che pretendono di rivelare il futuro;
non credere agli spiriti, o alle anime condannate che stanno nelle case o nei pozzi, e che appariscono nelle forme più strane: sono allucinazioni;
non credere alle “trovature” e a tutte le storielle di coloro, che hanno cercato di vincere l’incantesimo che difende i tesori nascosti nelle viscere della terra.
Sono tutte superstizioni che qualche volta possono produrre grandi mali; che sempre rendono ridicolo chi ci crede, che offendono il buon senso e la religione.

Luigi Natoli: Almanacco del fanciullo siciliano. Libro sussidiario di cultura regionale e nozioni varie. 
Pagine 210 - Prezzo di copertina € 19,00
L'opera è la fedele trascrizione del volume pubblicato dalle Industrie Riunite editoriali siciliane (Palermo) nel 1925 ed è corredato dalle foto originali del libro. 
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
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martedì 7 novembre 2023

Dal Giornale di Sicilia del 05 novembre 2023: Luigi Natoli, scrittore che merita il pantheon. Articolo di Giusi Parisi


C’è un palermitano illustre, anzi illustrissimo, che non è sepolto e neanche ricordato nel pantheon dei siciliani illustri, nella chiesa di San Domenico del capoluogo. Una vergogna (e un’offesa) per un uomo che ha dato tutta la sua vita in termini di produzione letteraria alla sua Sicilia. Starebbe bene anche in compagnia di intellettuali, molti dei quali suoi amici, e con i quali ha condiviso ricerche e animato la cultura siciliana. Lui è Luigi Natoli, noto anche come William Galt o Maurus, l’autore dei Beati Paoli, commediografo, storiografo, letterato e poeta che fu anche collaboratore del Giornale di Sicilia, uomo di vasta cultura e dal versatile ingegno. L’accorato appello è quello di Ivo Tiberio Ginevra che, insieme con la moglie Anna Squatrito, con la loro casa editrice, I Buoni Cugini editore, hanno recuperato e portato a nuova vita le opere di Natoli che, polverose, giacevano in archivi e ripiani di biblioteche.
“Un recupero che non solo ha fatto conoscere opere inedite dello scrittore – dice Ginevra – ma anche le opere famose nelle loro pubblicazioni originali, epurate da tutte le modifiche fatte dalla casa editrice La Madonnina e dai successivi editori: modifiche, sempre peggiorative, alle volte sostanziali nella storia come in Fioravante e Rizzeri o nella forma letterale come in Cagliostro o Fra Diego La Matina e così per quasi tutti i suoi romanzi”. 
Un lavoro di recupero, quello di Ivo Tiberio Ginevra e di Anna Squatrito, fatto direttamente dagli originali che ha restituito al pubblico un autore quasi dimenticato. Ammirazione così grande verso lo scrittore nato a Palermo nel 1857, quello dei coniugi-editori, tanto da portare Anna, nel giorno del suo matrimonio a lasciare il suo bouquet di sposa sulla tomba di Natoli, a Sant’Orsola, dove “ancora si può notare il nastrino che teneva i fiori”. 
Una tomba che, visto il degrado in cui versava, hanno pensato di ripulire e migliorare tredici anni fa: dal marmo che non era più bianco su cui non si leggeva quasi più il nome di Luigi Natoli al ripristino dello zoccoletto (successivamente la sepoltura è passata ai Finocchiaro, eredi di Edgardo Natoli). “Io e mia moglie nutriamo rispetto e ammirazione sia per l’uomo che per lo scrittore – continua Ginevra – tutti lo conoscono solo come autore del grande romanzo popolare I Beati Paoli ma quest’opera che gli diede fama, nel tempo, lo ha irrimediabilmente ghettizzato negli autori di letteratura popolare. E questa è una vera ingiustizia perché Natoli non era un letterato comune. Era coltissimo e amico di tutti i siciliani illustri del secolo scorso, con i quali ha tenuto cenacoli letterari, conferenze e collaborato in riviste e periodici. Da Giuseppe Pipitone Federico a Mario Rapisardi, da Giuseppe Pitrè a Luigi Pirandello”. 
E l’autore agrigentino scrive proprio ad uno scoraggiato Natoli tentando di rincuorarlo per i problemi economici che lo affliggevano visto che lo scrittore palermitano voleva prendere commiato dall’arte con una raccolta di poesie intitolata Congedo. “Un Congedo illimitato dalla poesia, alla quale avrebbe voluto dedicare tutto se stesso – racconta l’editore Ginevra – se le aspre necessità della vita quotidiana non l’avessero obbligato a un lavoro, continuo, ingrato e logorante”. 
Ecco le parole del premio Nobel siciliano (riportate nel libro di Sara Zappulla): “Caro Luigi, Congedo? Che Congedo! Chi può mettere un volume in versi come il tuo non ha diritto a congedarsi dalle Muse. Del resto, lo so, sono giuramenti da marinaio! Quando si ha veramente nel sangue il male della poesia, è inutile dire: Ora basta! Finchè il tuo sangue scorre e il tuo cuore batte, bisogna che tu faccia versi e versi e versi. Piangi, e noi godremo! Grazie di tutto e un fraterno abbraccio dal tuo Luigi”. Eppure, nonostante queste parole che avrebbero rincuorato chiunque, Natoli non comporrà più poesie, prestando fede al suo addio in Congedo. 
Fu il Giornale di Sicilia a pubblicare per la prima volta a puntate il romanzo d’appendice sulla setta segreta de I Beati Paoli tra il 1909 e il 1910 (poi pubblicato a dispense nel 1912 e 1931 dalla casa editrice palermitana La Gutemberg) così come, nel 1936, Fioravante e Rizzeri mentre, negli anni scorsi, insieme con il quotidiano, i lettori hanno trovato tutti gli altri romanzi di Natoli da I Beati Paoli al suo sequel Coriolano della Floresta a I morti tornano ambientato durante l’epidemia di colera che flagellò Palermo, una sorta di noir ambientato nel 1837, anno apice del disastro con più di ventimila morti, in cui al terrore del contagio – topos letterario fortissimo da Lucrezio Bufalino a Camus passando per Boccaccio e Manzoni – si mescolano tentativi di cospirazione antiborbonica, oltre a vendette, intrighi e amori. 
“L’opera di recupero del grande scrittore palermitano – dice l’editore Ginevra – ha comportato anche la pubblicazione di romanzi dimenticati come Ferrazzano, il Paggio della regina Bianca e soprattutto Gli schiavi, ambientato in Sicilia durante la seconda guerra servile nel 120 a.C. che Natoli riteneva il suo romanzo migliore”. Un paio di anni fa, Massimo Finocchiaro, uno dei nipoti di Luigi Natoli, ha pubblicato con I Buoni Cugini editori, I sette fratelli Natoli. Le vite singolari dei figli di Luigi Natoli tra la Belle èpoque e il secondo dopoguerra in giro per il mondo.

 

 

giovedì 2 novembre 2023

Luigi Natoli: I cosi d'i morti. Tratto da: Almanacco del fanciullo siciliano.

Un’usanza, specialmente palermitana, è quella di far trovare ai bambini e ai fanciulli giocattoli e chicche la mattina del 2 novembre: giocattoli e chicche, che si dicono portati misteriosamente dai morti durante la notte.
È quello che si fa altrove per la Befana o per la “strina”. Quando e come sia nata quest’usanza non si sa; ma dura da secoli. I fanciulli si mandano presto a letto, perché altrimenti i “morti” verrebbero a grattar loro i piedi; e si addormentano nella speranza di trovare la mattina tante belle cose. Essi sanno che i morti entrano di sotto le fessure delle porte, dicendo: Omu sugnu e furmicola diventu; ma non si domandano come mai potrebbero far passare, di sotto le fessure, giocattoli grandi e grossi.
All’alba si svegliano e cominciano la ricerca. Ma i morti qualche volta son burloni; e invece di far trovare carrettini, altarini, sciabole, bambole e che so io, nascondono sotto un letto o dentro un armadio un vassoio pieno di pezzi di carbone, bucce di castagne, stracci. Ah! La delusione e le lagrime!.. Ma poi i doni si ritrovano in un altro sito. Per le bimbe ci son bambole, vestitini, mobilucci per la casa della bambola, cofanetti con l’occorrente pei lavori d’ago; pei maschietti, altarini, schioppetti, sciabole, cavallucci, carrettini; per tutti, poi, dolciumi. E che festa allora! e che benedizioni ai morti! Che domandarsi a vicenda: 
- Che t’han portato i morti? -
E in ogni casa, per povera che sia, i cosi d’i morti non mancano; perché i morti son buoni e pensano sempre ai figli e ai nipotini vivi, e vogliono essere ricordati.
(Nella foto: antichi giocattoli esposti al Museo Pitrè - Palermo)


Luigi Natoli: Almanacco del fanciullo siciliano. Libro sussidiario di cultura regionale e nozioni varie. 
Pagine 210 - Prezzo di copertina € 19,00
L'opera è la fedele trascrizione del volume pubblicato dalle Industrie Riunite editoriali siciliane (Palermo) nel 1925 ed è corredato dalle foto originali del libro. 
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
Disponibile su tutti gli store di vendita online e in libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour) e presso il punto vendita del Centro Commerciale Conca d'Oro, La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Macaione (Via Marchese di Villabianca 102), Libreria Nike (Via Marchese Ugo 56), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15). 


Luigi Natoli: I morti. Tratto da: Almanacco del fanciullo siciliano.

 
Novembre comincia dunque con una mesta cerimonia: il 2 si commemorano i defunti. I cimiteri sono affollati di gente che va a deporre fiori, ad accendere candele e lampade, e a pregare sulle tombe dei propri cari.
Quanti dolori sopiti non si ridestano? Quali rimpianti non ci amareggiano? Quanti affetti non si rinnovano? Beato chi morendo lascia di sé buona memoria! Beati i giusti, perché anche dopo morti saranno benedetti!
Ma non tutte le tombe hanno questo tributo di affetto: molte sono abbandonate; e quelle dei poveri sono senza fiori. E lassù, dove si è combattuta la grande guerra, migliaia e migliaia di sepolture sparse per le Alpi non hanno le lagrime dei parenti.
Volgiamo un pensiero a loro, che la vita offersero per riscattare le terre oppresse dallo straniero e onoriamone la memoria, consacrando le opere nostre alla grandezza della Patria. E diamo i fiori alle povere sepolture abbandonate. Chi sa che le anime di quelli che vi giacciono, non provino gioia di questo pietoso ricordo?
Alla tristezza del giorno corrisponde la tristezza della natura. Forse il cielo sarà annuvolato e piovoso; forse invece è terso, e vi risplende il sole ma gli alberi qui sono ingialliti, lì son nudi, e mostrano i rami scheletriti: la terra, rotta dell’aratro, ha un color bruno; e non ci son più fiori nei campi, né profumi nell’aria.
Che malinconia!


Luigi Natoli: Almanacco del fanciullo siciliano. L'opera è la fedele trascrizione del volume pubblicato dalle Industrie Riunite editoriali siciliane (Palermo) nel 1925 ed è corredato dalle foto originali del libro. 
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Prezzo di copertina € 19,00 - Pagine 210
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
Disponibile su tutti gli store di vendita online e in libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour) e presso il punto vendita del Centro Commerciale Conca d'Oro, La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Macaione (Via Marchese di Villabianca 102), Libreria Nike (Via Marchese Ugo 56), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15).