venerdì 2 novembre 2018

Luigi Natoli: Palermo nel 1560. Tratto da: Il Capitan Terrore

La città di Palermo in quel tempo non era quale diventò circa mezzo secolo dopo. Ancora serbava presso a poco la forma dei tempi normanni, di una città dentro un’altra. La più antica, circondata da mura, è ancora visibile; le due strade che la percorrevano a destra e a sinistra e costeggiavano le mura esistono; sono a destra le vie Biscottai, G.M. Puglia, Giuseppe d’Alessi; comprendevano il monastero della Martorana, e per la via degli Schioppettieri giungevano a S. Antonino; a sinistra la via dell’Incoronazione, la via Celso, la salita Castellana, il vicolo S. Antonio, dove si congiungeva con l’altra. Queste due strade comprendevano la città antica. Sorsero di poi altre parti della città, che presero nome di Albergheria, Kalsa a destra; e di Seralcadia, Conceria e Loggia a sinistra; dall’una parte e dall’altra, fra la città antica e i nuovi quartieri, nelle bassure, si riconosceva il letto di due fiumicelli, l’uno, a destra, era quello detto dai greci Kemonia e dagli arabi Ainzar, tradotto in Cannizzaro, e nel tempo del presente racconto era asciutto e petroso, con poche case, divenuto dopo “strada dei Tedeschi”; poi via Castro; l’altro, a sinistra, era stato il fluviolo, che dalla palude del Papireto scendeva giù per il Macello e per la Conceria, ma era anch’esso disseccato, e vi sorgevano già edifici come la Panneria (oggi Monte di Pietà) palazzi e case signorili.
La via principale, detta dai Normanni via Marmorea(2), ma che pel popolo si chiamò Cassaro (dall’arabo Kars, il castello) e cominciava dove sorse il Palazzo Reale, presso a poco la via Vittorio Emanuele giungeva alla parrocchia di S. Antonio, ed era chiusa da mura, sotto le quali si apriva la porta dei Patitelli, già mezzo diruta; di là dalla porta si stendeva la città verso il mare. Anche qui erano magnifici palazzi, e si apriva la vasta Piazza Marina col palazzo dei Chiaramonte, che a quel tempo non apparteneva al Sant’Offizio, il quale abitava invece il Castello a mare. E oltre ai palazzi, c’erano chiese e conventi. Di chiese ne sorgevano per altro dappertutto, come la Cattedrale, S. Agostino, S. Domenico e S. Francesco, e così monasteri, come il Salvatore, il Cancelliere, la Martorana, S. Caterina, la Pietà, le Vergini, dovunque c’era un terreno adatto se ne trovavano.
Ma fra tutte le strade la più notevole era quella del Cassaro. Era acciottolata, e aveva i marciapiedi di mattoni; le case non oltrepassavano il terzo piano, e i prospetti erano quasi uguali, con i medesimi ornati; cosicchè parevano da un capo all’altro un palazzo solo. Non v’erano i Quattro Canti, non essendosi ancora tagliata la via Maqueda. Non vi era la magnifica fonte Pretoria; e la piazza del Palazzo pretorio o senatorio era molto più vasta; a questo Palazzo si accedeva da una porta a mezzogiorno, ora murata, innanzi alla quale erano due statue antiche, di cui una, salvata per miracolo, è conservata in una sala del Palazzo stesso.
Galvano abitava in un vicolo della città antica, quasi rimpetto al monastero dell’Origlione, che aveva parecchie strade intorno; da una, si andava al Salvatore, da un’altra si scendeva al conservatorio di Saladino, presso la porta di Bosuè (l’antica Base es Sudan) oramai cadente, che non serviva a nessuno, di fronte v’era la via che ora si dice del Protonotaro, e poi altri vicoli che s’intrecciavano come in un labirinto. Fra Ludovico invece stava di casa a S. Agata la Guilla, presso la Commenda.
C’erano dunque tutte le possibilità di appostare Galvano e sparire per una delle vie e viuzze che s’aprivano dinnanzi all’assassino, il quale poteva ritrovarsi nel Cassaro, anche prima che accorresse gente per aiutare il caduto.
In fondo alla via detta della Bandiera, quasi allo sbocco della via di S. Andrea, in una casa a un sol piano, abitava la signora Mariquita di Siviglia, una spagnola come ce n’eran tante, attirate dal terzo di Sicilia, che così si chiamava il reggimento spagnolo venuto in presidio...



Luigi Natoli: Il capitan Terrore. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1560, al tempo del vicerè duca di Medinaceli e del bandito Vincenzo Agnello. 
Nella versione originale pubblicata a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1938. L'ultimo romanzo pubblicato dall'autore. 
Pagine 481 - Prezzo di copertina € 21,00
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