Palermo, 1342
Il 15 agosto 1341, dopo aver
fatto testamento, e nominato il duca Giovanni Vicario Generale fino alla maggiorità del figlio
Ludovico, il re Pietro d'Aragona morì e il cadavere, trasportato a Palermo, fu tumulato nello
stesso sarcofago dell’imperatore Federico.
Il duca Giovanni era
d’altra tempra di Pietro, e avrebbe forse potuto alleviare i mali del regno, se
non si fosse circondato di Catalani, e non fosse immaturamente morto. Il
baronaggio indigeno, attirò dalla sua la regina vedova Elisabetta, e la persuase
a far coronare il piccolo Ludovico nel settembre dello stesso anno 1342. Ma
poco dopo il duca Giovanni si ammalò a Siracusa, e un certo Magno, occulto
partigiano dei Palizzi, spacciò a Messina che quello era morto; onde parve ai
Messinesi di potersi levare contro i Catalani, e dopo averne uccisi alquanti,
deposto lo Stratigò, elessero nuovo governo. Allora si rivolsero per aiuti agli
Angioini padroni di Milazzo: ma il duca guaritosi, adunò gente, e per terra e
per mare, assalì Messina; il popolo abbandonò i ribelli, i quali si chiusero
nel castello del Salvatore, che dopo fiera difesa dovette rendersi. Seguirono stragi
e supplizi crudeli...
In questo tempo moriva a
Napoli il vecchio re Roberto e senza eredi maschi, per la morte dei suoi figli;
unica erede rimaneva la nipote Giovanna, giovinetta, moglie di Andrea
d’Ungheria, suo cugino: essa volle continuare la politica degli avi verso la
Sicilia, e incaricò il conte di Squillaci di una nuova spedizione. Questi mirò
a Messina, sperando accordi coi cittadini; ma essi, incorati da lettere dei
Palermitani, si difesero dagli assalti, e diedero tempo al Duca di levare un esercito,
la paura del quale persuase il conte di Squillaci a tornarsene a Napoli, senza
frutto. Questo insuccesso, e i casi di Napoli, dove ucciso Andrea, incolparono per
segrete pratiche la regina, per cui il re Luigi d’Ungheria per vendicare il
fratello ucciso invase il regno di Napoli, diede animo al duca Giovanni, che
approfittando dell’occasione, riprese Milazzo (1346), e nell’anno seguente
mandò una flottiglia dinanzi al golfo di Napoli, suscitandovi la paura. Allora
la Regina domandò tregua e interpose l’autorità dei nunzi pontifici, coi quali
Giovanni, premuroso di salvare la dinastia, stipulava patti non belli, che
sancivano un doppio vassallaggio del regno alla Chiesa e a Napoli. In vero
credevasi che il duca Giovanni avrebbe saputo approfittare della fuga di
Giovanna e del nuovo marito principe di Taranto, ma non ne ebbe il genio, e la
Sicilia rimase impotente spettatrice, precipitando sempre più in basso. Per
colmo, nel cadere del 1347, questa fu invasa dalla tremenda pestilenza che
propagatasi desolò l’Europa e specialmente l’Italia nell’anno seguente. L’isola
ne fu decimata, e fra le vittime contò anche il duca...
Luigi Natoli: Il tesoro dei Ventimiglia - Latini e Catalani vol. 2
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Quadro storico tratto da: Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo di Luigi Natoli e pubblicata al termine del romanzo nella edizione I Buoni Cugini Editori.
www.ibuonicuginieditori.it
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