giovedì 3 novembre 2016

Luigi Natoli. Gli ultimi saraceni. Quadro storico.

Palermo, 1151

Morti i figli Anfuso nel 1141, e Ruggero duca di Puglia nel 1145, rimasero del sangue di re Ruggero Guglielmo suo terzogenito e, nata postuma, Costanza. Guglielmo era già stato associato al regno e coronato fin dal 1151, ma l’indole diversa da quella del padre e dell’avo, pareva destinato a vivere sul patrimonio accumulato da quelli. Nato nello splendore di tanta reggia, circondato di giovani donzelle latine, greche e musulmane, inclinò alla voluttà, in tempi che richiedevano saldo braccio e destrezza per superare le difficoltà risorgenti. Ma non così, che non cercasse di riparare con sicurezza alle cose del regno mercè l’aiuto di un uomo. Il Regno era insidiato dai baroni pugliesi, che alla morte di Ruggero credevano poterne scotere il gioco, dai Musulmani d’Africa, dal Papa, dal nuovo imperatore Federico Barbarossa, che riteneva le Puglie suo feudo, e dall’Imperatore greco. In questo frangente cercò chi fosse capace di tanta soma, e lo trovò in Majone, barese, grande ingegno, eloquente, sagace, astuto, ambizioso, senza scrupoli. Venuto alla Corte, assunto all’ufficio di notaro, aveva accompagnato Giorgio d’Antiochia nelle imprese marittime; era salito alla carica di Gran Cancelliere e poi di Grande Ammiraglio. Guadagnatosi l’animo di Guglielmo, e prese le redini del governo, intese ad abbattere prima e sopra ogni altra cosa la potenza dei baroni, ostacolo principale al potere di un solo. Favorì per tanto e riempì la corte di paggi ed eunuchi musulmani, già numerosi, e cominciò ad allontanare baroni e cavalieri, insinuando sospetti nell’animo del Re. E poiché potente fra i baroni era Roberto di Basseville, cugino del Re, e da questo fatto conte di Lorotello, Majone fece credere che ambisse al trono; per cui Guglielmo, andato a Salerno, gli tolse lo stato, e si rifiutò di riceverlo. Il conte indispettito, intavolò secrete pratiche coi baroni pugliesi, col papa Adrano IV, col Barbarossa e con l’Imperatore greco. La guerra cominciò in quello stesso anno 1154. Colto un pretesto, Guglielmo ordinò s’invadessero gli stati del Papa, e assediò Benevento. Il conte di Lorotello seppe sottrarsi all’arresto; non così Simone, conte di Policastro e Gran Contestabile, che chiamato dal Re per giustificarsi, fu per consiglio di Majone arrestato e imprigionato.
 
Cominciarono i rovesci in Africa. Insorte le popolazioni di Sfax, delle Gerbe, di Kerbeni contro il mal governo del Re (1156-1158), chiesero aiuto al re del Marocco Abd-el-Mumen; che radunò un fortissimo esercito, e nei primi del 1159 prese Sfax, Kairewan, Susa, Tunisi, e piombò a Mehdia, chiave del dominio siciliano, difesa da poche migliaia di uomini. Guglielmo vi spedì in soccorso un’armata con a capo un eunuco, il gaito Pietro, musulmano mal convertito al cristianesimo, che era venuto in alto intrigando, il quale, o per imperizia, o per tradimento, come fu sospettato, fuggì o si ritirò. Majone dissuase il Re dal mandare altri soccorsi, e così fu perduta Mehdia.
Questa perdita, che mortificava l’onore nazionale e feriva interessi economici, fu pretesto a rinforzare gli odi dei baroni, i quali sospettavano essere stata opera dell’ascendente dei Musulmani alla Corte. E Majone accusato di vere o false o alterate notizie, che commovevano il Regno. E le Puglie e i Principati, insorsero. Majone n’ebbe paura; fece scrivere lettere dal Re agli insorti, che le respinsero; e mandò suoi legati, che invece andarono a rinfocolar l’odio contro di lui. La ribellione si estendeva nella Calabria, dove i baroni facevan capo a Clemenza contessa di Catanzaro, bastarda del re Ruggero, vedova del conte di Molise, giovane, bella, potente. Majone spedì allora Matteo Bonel, signore di Caccamo, che era popolare per sua leggiadria e prodezza; e che egli aveva attirato a sé, e gli aveva, con arte, fidanzata una sua figliola ancor tenera. Matteo partì per la Calabria, dove sperava poter sedare la ribellione; ma in una adunanza di baroni, investito con acerbe rampogne perché ubbidiva a un suo traditore oppressore del regno, distruttore dei nobili, insidiatore della corona; e adescato dalla promessa della mano di Clemenza, mutò d’animo...
Luigi Natoli - Gli ultimi saraceni. Romanzo storico siciliano.
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