Si pensava di dar nuova moglie a
Federigo d'Aragona , e la scelta cadeva sulla figlia di Bernabio Visconti, quando il 27
luglio 1377 moriva in Messina e designava erede la figlia Maria, che commetteva
alla tutela di Artale Alagona, grande Giustiziere. Re dappoco, nella prima
giovinezza passava il tempo servendo messa: poi fra i piaceri, come i suoi
fratelli, si compiaceva di letture, e nella sua biblioteca v’era la Commedia di Dante e la traduzione
parafrastica siciliana dell’Eneide di
Virgilio. Inadatto a regnare, trastullo dei baroni, qualche sua lettera
querimoniosa lo dimostra senza neppure dignità nelle sventure.
Come tutore della giovane regina, Artale
divenne di fatto l’arbitro del regno; eppure capì che non sarebbe stato agevole
dominare sopra un baronaggio strapotente, che gli avrebbe conteso il governo, e
che avrebbe rinnovato gli orrori della guerra civile. Intese che forse questa
avrebbe gettato l’Isola nelle mani del re d’Aragona, contro le cui mire egli si
era opposto, mostrandosi, sebbene Catalano, geloso della indipendenza del
regno. Allora pensò di dividere il Vicariato con i principali e più potenti
baroni di Sicilia. Erano essi Manfredi Chiaramonte che aveva ereditato la
contea di Modica e tutte le altre signorie del parentado, sicchè era signore di
uno stato vastissimo e potentissimo, ed era inoltre Grande Ammiraglio e, di
fatto, signore di Palermo; Francesco Ventimiglia conte di Geraci, che aveva
sulle Madonie ricostruito lo stato paterno, e vi aveva aggiunto la rettoria di
Cefalù e Polizzi; Guglielmo Peralta, conte di Caltabellotta, ricco fra i più
ricchi baroni Catalani, imparentato con la casa reale, per avere preso in
moglie Eleonora d’Aragona, figlia del duca Giovanni. Artale infine possedeva
vasti feudi da Mistretta a Traina, da Aci a Butera e intorno all’Etna; e feudi
e capitanerie aveva largito ai fratelli. Ognuno di questi quattro baroni
estendeva il suo dominio diretto sopra una zona o provincia distinta. Invitati
Artale i principali feudatari in un convegno a Caltanissetta, ed esposte le sue
idee, si trovavan d’accordo nell’eleggergli compagni del Vicariato il Chiaramonte,
il Ventimiglia e il Peralta. Guglielmo Raimondo Moncada conte d’Agosta, sebbene
potente anche lui, tenutosi allora fra Latini e Catalani, non fu eletto. La
Sicilia fu divisa per tanto in quattro Vicariati minori; i Vicari
sottoscrivevano i loro atti con la formola “una
cum sociis vicariis generalibus”; ma l’autorità della Regina, con cui
s’intitolavano gli atti, era un nome vano senza soggetto.
Il re Pietro IV d’Aragona, che non s’era
acquietato al testamento di Federico III, e pretendeva sempre che il regno di
Sicilia toccasse a lui, mandò un’ambasceria ad Artale, il quale ostentando rispetto,
la teneva a bada; e intanto mandava segretamente legati in Lombardia per
trattare il matrimonio di Maria con Giovanni Galeazzo Visconti, conte di Virtù,
purchè si obbligasse a venire con forti schiere a difendere la Sicilia. La
proposta fu accolta ed era onorevole, ma gli altri Vicari e molti baroni si
risentirono, chè in cosa tanto grave, dovevano essere intesi. E più di tutti,
per dispetto, gridava Guglielmo Raimondo Moncada, cui parve giunta l’ora di
vendicarsi.
La notte del 23 gennaio 1379, mentre
Artale si trovava a Messina, due galeotte s’avvicinavano alla rocca Ursina,
dimora della regina Maria; uomini armati vi sbarcavano, e penetrati nelle
stanze della Regina la sorprendevano nel sonno. Il condottiero, tratta la
giovinetta piangente dal letto, la trasportava fra le sue braccia sopra una
delle galeotte e qui si faceva conoscere.
Era il Moncada. La notizia del ratto si sparse: Catania tumultuò, Artale
disperato si strappò i capelli, e invano ordinò s’inseguisse il Moncada. Questi
lasciata prigioniera la Regina in Licata partiva per Barcellona a
mercanteggiare la Sicilia, e metteva Maria sotto la protezione di Pietro, in
quale mandava a Licata un Ruggero Moncada del ramo spagnolo.
Tardi s’avvide Manfredi
Chiaramonte del tradimento del conte d’Agosta, cui aveva dato mano, e levò
milizie per assalire Licata: ma i due Moncada lo prevennero e trasportarono
Maria ad Agosta, luogo più munito. Qui venne Artale a porre assedio per mare e
per terra, ma intanto sorgevano complicazioni diplomatiche...Luigi Natoli: Il paggio della regina Bianca.
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Quadro storico tratto da: Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo di Luigi Natoli ed. Ciuni anno 1935, pubblicato al termine del romanzo nella edizione I Buoni Cugini.
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