In
seguito a rimostranze del re di Bitinia, il Senato romano deliberò (104 a.C.)
che nessuna persona libera, di stato federato, potesse esser fatta prigioniera
e servire come schiava in provincia romana. Questa disposizione sollevò reclami
in Sicilia, dove essendo pretore P. Licinio Nerva, moltissimi schiavi
domandavano di essere rimessi in libertà, perché presi con la violenza e venduti
contro diritto. Il Pretore, accolti i reclami, ne aveva in pochi giorni
liberati ottocento, quando, per l’agitazione che s’era diffusa fra gli schiavi,
i grandi proprietari romani e provinciali protestarono, e obbligarono il
Pretore a sospendere le manomissioni, e rimandare ai padroni gli schiavi
postulanti.
Delusi e
paurosi di castighi, molti di questi, invece di ritornare ai padroni si rifugiarono
nel bosco sacro e inviolabile dei Palici: ed ivi escogitarono i mezzi per riscattarsi
in libertà. Capitanati da un certo Vario, insorsero ad Alicia, uccisero i
padroni e corsero per le campagne, eccitando gli altri alla rivolta. Il pretore
Licinio Nerva mosse contro di loro, e col tradimento di un Titinio Gadeo,
bandito, li ebbe in potere. Molti caddero combattendo, altri si precipitarono
dalle rupi. Ma questo non fu che un primo episodio. Un’ottantina di schiavi
uccisero il padrone Canio, romano, si gittarono in campagna e raccolti intorno
a sé altre centinaia di schiavi, formarono un esercito. Nerva indugiò da prima,
poi potendolo, non li assalì e andò a Eraclea donde contro di loro spedì M.
Titinio con la milizia. Ma gli schiavi lo sconfissero, e la vittoria accrebbe
il loro numero fino a seimila. Allora cercarono un capo, e lo trovarono in un
Salvio, indovino e, come Euno, in rapporto con gli dei; ai cui responsi si credeva.
Questi riordinò l’esercito, lo condusse per le campagne, lo accrebbe fino ad
avere ventimila pedoni e duemila cavalieri, coi quali corse sopra Morganzio. Il
Pretore allora si mosse per prenderlo alle spalle, ma ne ebbe la peggio.
Intanto
un altro schiavo, Atenione di Cilicia, sollevava in armi altre torme di schiavi
in Segesta. Questi, tenendolo per indovino, ebbero fede in lui, lo seguirono e
si diedero a saccheggiare le campagne. Savio, prese il nome di Trifone e invitò
Atenione a riconoscerlo re. Questi accettò, aiutandolo a prendere Triocala, ma
Salvio-Trifone, sospettando che gli togliesse la corona, a tradimento lo fece
imprigionare.
Lucio
Licinio Lucullo, mandato da Roma con sedicimila uomini, accresciuti dagli
stanziali, mosse contro Triocala; Salvio allora liberò Atenione che,
dimenticando l’offesa, postosi a capo dell’esercito, forte ora di quarantamila
uomini, volle affrontare i Romani in campo aperto. Presso Scirtea Atenione
combattè valorosamente, ma ferito alle ginocchia non si resse; la sua caduta,
spaventò i suoi uomini che l’ebbero per morto, e fuggirono in Triocala, dove
nella notte Atenione si trascinò. Lucullo non seppe approfittare della vittoria
e indugiò tanto, che Atenione potè organizzare la difesa e costringerlo a levar
l’assedio. Frattanto, morto Salvio, Atenione fu fatto re. La fortuna di domare
la rivolta e chiudere le guerre servili, toccò al console M. Aquilio, che diede
una memoranda sconfitta all’esercito degli schiavi. Egli e Atenione si scontrarono
animosamente, quest’ultimo restò ucciso e Aquilio ferito. Gli schiavi sfuggiti
alla strage, eletto capo un Satiro, continuarono ancora un poco a difendere la
loro vita e la loro libertà finchè, stanchi, si resero a patto di avere salva
la vita.
Aquilio
bruttò la vittoria con la perfidia. Avuti nelle mani gli schiavi li fece incatenare
e li mandò a Roma, per essere esposti alle belve. Ma quegli uomini non vollero
dare spettacolo a diletto dei vincitori, e scesi sull’arena, si trafissero l’un
l’altro.
Satiro,
rimasto ultimo, si uccise da sé. Così nell’anno 77 a.C. ebbero fine le guerre
servili che minacciarono di sottrarre la Sicilia al dominio di Roma.
Luigi Natoli
Luigi Natoli
Luigi Natoli: Gli schiavi. Romanzo storico siciliano ambientato nella seconda guerra servile di Sicilia.
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