mercoledì 27 marzo 2024

Luigi Natoli: Popolo, tu hai compiuto un gran fatto... Tratto da: Il Vespro siciliano. Romanzo storico


Scendeva il popolo vittorioso nuovamente pel Cassaro, bramoso di nuovo sangue. Messer Ruggero andava innanzi a tutti, con la spada in pugno, gridando:
- Alla Curia! Alla Curia!... Andiamo a prendere il gonfalone della città!...
E la folla acclamava. Il gonfalone dava una significazione alla rivolta, raccoglieva il popolo sotto un segno glorioso, rievocava memorie non ancora spente.
Qualcuno, dominando il tumulto, gridò:
- Messer Ruggero! Guidateci voi!... Guidateci! Siate il nostro capo!...
E la folla a urlare:
- Viva Ruggero di Mastrangelo!... Viva il capitano del popolo!...
Per le rughe strette e tortuose, che si rischiaravano improvvisamente alla luce di quelle faci fumiganti, e mostravano i volti commossi e spaventati delle donne e dei vecchi affacciati alle finestre, il popolo si avviò verso la Curia, le lame delle spade, le punte delle lance, balenavano di vividi e sanguigni guizzi al riflesso delle torce, e rendevano più sinistra quella marcia di popolo urlante.
La piccola piazza della Curia, l’atrio dei giudici si empirono di una folla che s’andava sempre più addossando e pigiandosi, tra le case e le chiese di S. Maria dell’Ammiraglio e di S. Cataldo, e il bel campanile, slanciato all’aria, colonna su colonna, che lumeggiato in basso dalla rossa luce delle torce, pareva smarrire la cupola nel cielo notturno. Su le mura delle chiese, dell’atrio, delle case, ombre strane e fantastiche si agitavano; si contorcevano l’agitarsi delle fiaccole e l’ondeggiare delle fiamme.
Un vocìo confuso, indistinto, alto come un brontolìo di mare tra scogliere, errava sopra tutte quelle teste, che pareva aspettassero qualcosa, che nessuno sapeva ma che sentiva nello spirito anelante. Ed ecco sopra alcuni gradini o sopra qualche sasso levarsi un uomo. Era messer Ruggero di Mastrangelo, alzata la spada ancor fumante di sangue, fe’ cenno di voler parlare; e subito corse un ordine, un invito, una esortazione; e un profondo silenzio chiuse le bocche, trasfuse negli occhi e nelle orecchie tutte quelle anime.
L’antico bajuolo con voce sonora gridò:
- Popolo, tu hai compiuto un gran fatto: hai vendicato diciassette anni di tirannide; hai cancellato la vergogna che ci rendeva ludibrio delle genti; hai insegnato al mondo come si abbattono le tirannie, e mostrato che collera di popolo è collera di Dio. Siano rese grazie a Dio che armò il tuo braccio! Ora è altra bisogna, popolo. Vuoi tu ritornare sotto il giogo di Faraone?...
Un urlo formidabile fece tremar la piazza e le case, ed esaltò i cuori.
- No! no!... meglio seppellirci sotto le rovine della città!...
Niccoloso Ortoleva e Arrigo Baverio, due cavalieri che avevano compiuto prodigi, affrontando pei primi i francesi, gridarono sopra tutte le voci:
- Né Faraone né altri re. Troppo sperimentammo la nequizia dei re!...
- Vogliamo esser padroni di noi stessi, non servi d’alcuno – gridò un popolano grasso noto in tutta la città, Nicola d’Ebdemonia.
E tutto il popolo con una sola volontà, urlò:
- Sì, sì: libertà!... libertà!...
Allora Ruggero di Mastrangelo sollevò in alto il gonfalone della città: l’aquila d’oro in campo di porpora, e agitandolo tra il rosseggiar delle faci, a voce alta e squillante gridò:
- E sia! Buono stato e libertà!... Buono stato e libertà!...
E migliaia di voci ripeterono con entusiasmo:
- Buono stato e libertà!...
Squillarono allora le campane della torre di S. Maria dell’Ammiraglio; squillarono sopra la moltitudine, che levava in alto le mani, come giuramento; e alle campane risposero gli squilli delle trombe e il rullìo dei tamburi moreschi del comune e suoni e grida si fondevano insieme, tra lo squassar delle torce e le salve delle mani e delle armi agitate in alto, come se un vento le scotesse furiosamente: e lo sventolìo di quel gonfalone, che librava l’aquila d’oro sopra quell’oceano di teste commosse.
E tra la commozione, le grida, i giuramenti, fra gli abbracci di gioia, lì, ai piedi del bel campanile, il popolo elesse i suoi capitani e il consiglio civico: Ruggero di Mastrangelo, Arrigo Baverio, Niccoloso d’Ortoleva cavalieri e Nicola d’Ebdemonia popolano, capitani: Pierotto da Caltagirone, Riccardo Fimetta, Bartolotto de Milite, Giovanni di Lampo e il notaio Luca di Guidaifo consiglieri.
La rivolta si tramutava in rivoluzione.
Non erano ancora scorse quattro ore dal primo squillo della campana del Vespro, dal primo colpo di pugnale, dal primo sangue sparso; e Palermo aveva abbattuto un governo, distrutto un nemico potente e temuto, proclamato il Comune libero!...
Al suono delle trombe e dei taballi, tra lo squillare delle campane a distesa, la moltitudine si rovesciò nuovamente per le strade, corse per tutti i quartieri della città con un motto feroce, nel quale si accumulava l’odio profondo e tenace:
- Non un francese! Né la semente d’un francese!... Che si perda anche la memoria dell’odiata tirannia straniera.
E intanto che il nuovo governo sedeva nella Curia, e cominciava a provvedere, la caccia e la strage ricominciava per ogni dove, implacabile e senza tregua.


Luigi Natoli: Il Vespro siciliano. Romanzo storico ambientato nella Palermo del 1282, al tempo della famosa rivoluzione. 
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale, pubblicato in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1914, restaurato dal titolo all'indice. 
Pagine 925 - Prezzo di copertina € 25,00
Copertina di Niccolò Pizzorno. 
Il volume è disponibile: 
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