giovedì 7 marzo 2024

Luigi Natoli: In mezzo agli atti di ferocia rifulgono esempi di generosità e gentilezza... Tratto da: La civiltà e la letteratura siciliana nel secolo XVI.

 
In mezzo, però, agli atti di ferocia rifulgono esempi di generosità e di gentilezza. Nel caso di Sciacca, disputandosi il terreno palmo a palmo, il barone Perollo e i suoi s’eran ridotti nel mastio; contro il quale il conte Sigismondo de Luna aveva rivolto la sua rabbia e le sue forze. Dopo lunga ed ostinata difesa che aveva circondato il conte de Luna di cadaveri, il mastio cadde; il conte si precipitò innanzi in cerca del suo nemico per ucciderlo: ma in una stanza non trovò che la baronessa donna Brigida Bianco ed i figlioletti del Perollo. Or bene, assetato com’era di vendetta, innanzi alla donna e ai bambini, abbassò la spada, si levò l’elmo, e balbettò parole di rammarico; indi sottrasse al furore dei suoi l’afflitta donna e i figli, conducendoli a salvamento nel monastero di S. Maria delle Giummare. Ma tornò poscia a ricercare la morte del barone. 
Nel medesimo assalto Ferrante Lucchesi, amico e partigiano del de Luna, e valoroso soldato, penetrando in una sala già difesa strenuamente, vi trovava, solo e a discrezione, Giovan Paolo Perollo, zio del barone, un prode che aveva militato sotto Luigi XII, e che aveva sostenuto da par suo la difesa del castello. Innanzi al valore la ferocia di Ferrante Lucchesi cadde; stese la mano al Perollo, gli ridiede la spada e lo indusse a mettersi in salvo. 
Non meno degni di nota sono gli atti di fortezza. Dopo scoperta la congiura degli Imperatori, si allestirono processi, e secondo le leggi del tempo, furon posti gli accusati alla tortura. Uno dei congiurati era Pirruccio Gioeni, giovinetto imberbe, ma di animo grande, al quale non furono risparmiati tormenti perché rivelasse; egli sostenne eroicamente ogni forma di tortura, ma tacque, maravigliando i giudici, che in età così giovenile e in aspetto quasi muliebre chiudesse animo virile ed eroico. 
Contro gli eccessi dei nobili le leggi erano spesso, anzi quasi sempre impotenti; privilegiati anche nel genere di morte – se condannati – essi non pativano veramente la pena, che quando erano rei di delitto politico; allora, più che le leggi, i vicerè, la corte, i magistrati erano di una severità feroce; ma ai reati comuni sfuggivano quasi sempre, cavandosela con una compensazione in danaro, e talvolta, con qualche anno di prigionia. Accadeva anche che questa prigionia sostenessero nel loro palagio o castello, invece che nelle carceri dello Stato. 
Non così pel popolo e per la borghesia, i quali si abbandonavano sovente ad eccessi e compievano delitti con audacia straordinaria, ed anche con grande disprezzo delle leggi, del sentimento religioso, della inferiorità del loro stato. Il movente di questi delitti era la vendetta; raramente nelle cronache leggesi di assassini commessi per furto. La mancanza di un vero e proprio ordinamento giuridico che tutelasse ugualmente tutti i cittadini di qualunque ordine, fomentava e perpetuava le vendette personali, che si sostituivano alla legge medesima. Ne conseguivano latitanze numerose, onde le campagne infestate da prosecuti, che si univano per la comune sicurezza, costituivano bande gravissime, contro le quali invano lottavano i capitan d’arme. 


Luigi Natoli: La civiltà e la letteratura siciliana nel secolo XVI. Raccolta di scritti storici e letterari. 
Il volume comprende:

La civiltà siciliana nel secolo XVI (Palermo, Remo Sandron editore - 1895)

Prosa e prosatori siciliani del secolo XVI (Palermo, Remo Sandron editore - 1904)

La poesia siciliana del secolo XVI (Estratto da Musa Siciliana, Milano, Casa editrice Caddeo - 1922)

Un poemetto siciliano del secolo XVI (Estratto dagli Atti della Reale Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Palermo serie III Vol. IX - Palermo 1910)

Hortensio Scammacca e le sue tragedie - Studio (Tip. editr. Giannone e La Mantia, 1885 - Palermo)

Pagine 414 - Prezzo di copertina € 24,00

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