mercoledì 27 marzo 2024

Luigi Natoli: La città di Palermo era nel secolo XIII distinta ancora in tre parti principali... Tratto da Il Vespro siciliano. Romanzo storico


Giovanni di Saint-Remy abitava nella Sucac el Kes. Era questa una delle tre arterie principali della città vecchia, o Cassaro. La città di Palermo era nel secolo XIII distinta ancora in tre parti principali, divise da avvallamenti, in fondo ai quali a destra scorreva il fiumicello Cannizzaro, che scendendo per la odierna via Castro e pei Calderai e girando per gli Schioppettieri, metteva in mare sotto la parrocchia di S. Antonio, dove presso a poco giungeva allora la insenatura della Cala. A sinistra, dalla palude del Papireto, scendeva un fluviolo, detto poi della Conceria, che percorreva l’attuale via dei Candelai, la piazza Nuova, e si gittava anch’esso nel mare, dall’altro lato della chiesa di S. Antonio. La parte della città che rimaneva fra questi due corsi d’acqua, e che era la più antica, portava appunto il nome di Cassaro, era circondata di mura e di torri, che la segregavano dalle altre; ed era percorsa da tre strade principali: la via Marmorea in mezzo, ora Vittorio Emanuele; a destra una serie di strade che si continuavano, con vario nome, di cui avanzano le tracce, e si riconoscono nelle vie dei Biscottari, di S. Chiara, Giuseppe d’Alessi, dietro S. Cataldo e la chiesa di S. Maria dell’Ammiraglio; a sinistra la Sucac el Kes, che, con altro nome, cominciava dalla ruga Coperta, e percorreva quella che oggi si chiama via del Celso, continuava con altri nomi arabi per la salita delle Vergini, e girava dietro la parrocchia di S. Antonio. La denominazione moderna, Celso, nacque dalla corruzione e trasformazione della parola araba Kes di cui si perdette il significato. 
Il palazzo del giustiziere sorgeva presso a poco di fronte al monastero del Gran Cancelliere, accanto a quel medesimo che la tradizione indicava come palazzo del famoso Maione, ministro di Guglielmo il Malo. Aveva l’aspetto di un castello, con la sua torre merlata e dalla parte posteriore dominava le mura settentrionali della città vecchia sulle bassure della palude Papiretana e del fluviolo, ora occupate dalla via dei Candelai. Rimangono ancora visibili, da questa parte, alcune finestre bifore, il capitello delle quali reca uno scudo col fiordaliso angioino. 
Il visconte di Saint-Remy aveva preferito questo palazzo alla reggia, all’antica dimora dei re, per parecchie ragioni. L’una che non ospitando più la corte, la reggia era decaduta dal suo splendore; l’edificio, abbandonato a se stesso, in parte deperiva; onde il giustiziere gli aveva lasciato l’ufficio di fortezza, e vi aveva allogato i tribunali e le carceri; l’altra ragione era strategica. Infatti il palazzo scelto per propria dimora dai giustizieri angioini si trovava in mezzo alle due fortezze principali della città, il Castello a mare da una parte, il Palazzo e Castello regio dall’altro; e in prossimità di due porte, quella di S. Agata alla Guidda, sulle secche del Papireto, e l’Oscura (ossia la Bab as Safa – porta della Salute – degli Arabi) che dava sul fluviolo della Conceria (oggi Piazza Nuova) ed è in parte ancora visibile dentro una bottega. 
In capo alla strada del Kes presso la porta S. Agata, sorgeva  un altro palazzo, che forse fu in origine dimora del cadì degli Schiavi, dal quale prese nome il quartiere degli Schiavoni, dall’altra parte del Papireto (Seralcadi) oggi detto del Capo. Del palazzo non è più alcun vestigio, ma rimane il nome di Schiavi a un cortiletto. Nel 1282 vi abitava il sire di Flambeau, capitano della compagnia delle lance spezzate, la quale aveva la sua caserma nell’antico quartiere militare degli arabi, rimasto per tradizione fino ai dì nostri quartiere militare. È la vasta Caserma di S. Giacomo, che allora, compresa dentro le mura del Cassaro, di cui son visibili gli avanzi nel corso Alberto Amedeo, e munita di torri, dominava la palude del Papireto e difendeva il palazzo regio. 
Il palazzo degli Schiavi, o del sire di Flambeau formava dunque una specie di sentinella avanzata tra il castello regio e la dimora del Giustiziere. 
Queste indicazioni topografiche sono necessarie per meglio intendere gli avvenimenti che vi si svolgeranno. 
La sala da pranzo del palazzo del Giustiziere dava sopra le mura della città. Era una vasta sala, illuminata da due grandi finestre archiacute, divise per mezzo da svelte colonnine, e chiuse da imposte coperte di tela dipinta. Le pareti eran coperte di arazzi tolti da altre case di signori e di mercatanti, e ornate di trofei d’arme; il soffitto di legno dipinto a fiorami e a disegni geometrici di gusto arabo; sulla tavola di quercia scintillavano coppe, anfore e vasi d’argento, probabilmente avanzo di bottini o di spoliazioni. 


Luigi Natoli: Il Vespro siciliano. Romanzo storico ambientato nella Palermo del 1282, al tempo della famosa rivoluzione. 
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale, pubblicato in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1914, restaurato dal titolo all'indice. 
Pagine 925 - Prezzo di copertina € 25,00
Copertina di Niccolò Pizzorno. 
Il volume è disponibile: 
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