venerdì 29 marzo 2024

Luigi Natoli: Le strade di Palermo offrivano allora uno spettacolo variopinto... Tratto da: Viva l'imperatore! Romanzo storico siciliano.

Il pomeriggio del martedì dopo Pasqua, seguendo la vecchia tradizione palermitana prete Matteo condusse Vanna a Santo Spirito fuori le mura; e furono della comitiva prete Demetrio e Cristodula. Tutte le feste il prete andava a rilevare al monastero la fanciulla, e la conduceva a spasso, ora nel piano di Tutti i Santi, come si chiamava la piazza del Duomo, ora per la ruga Marmorea ad ammirare le galanterie esposte nelle botteghe, ora lungo il mare, che ad essi ricordava quello dove per lunghi anni erano vissuti. Qualche volta Cristodula si accompagnava con la fanciulla, e i due preti dietro a discorrere.
Le strade di Palermo offrivano allora uno spettacolo variopinto. La strada, che il popolo chiamava il Cassaro, e che ufficialmente era detta Ruga Marmorea, perchè lastricata di marmi massicci, era di qua e di là fiancheggiata di palazzi turriti e di portici, sotto i quali erano botteghe di stoffe, e qualche taverna, non lurida, tana affumicata, ma ornata di marmi e di pitture. Per la strada e sotto i portici si aggirava una folla varia e cosmopolita. La gente di razza greca si riconosceva al vestito oltre che al volto: gli uomini barbuti, con in capo una specie di casco con lunghe vesti, e sopravvesti, larghe cinture, con stole ricamate, le donne con manti fermati al cinto da larghe stole; con velo cadente su le spalle, fermato sul capo da un diadema d’argento o di metallo dorato: là ebrei, con in capo un piccolo turbante, una tunicella sopra una lunga veste, un mantelletto; più in là un saraceno, bruno, col mantello bianco: più in qua un cavaliere teutonico con la sopravveste scura, la croce rossa sul petto, a sinistra e sul mantello bianco: cavalieri italiani col vestito a gheroni: e le calze lunghe aderenti, o in cotta di maglia d’acciaio; popolani con la tunica corta, i ginocchi nudi, il coltellaccio alla cintola gli uomini, le donne ravvolte nel manto chiuso sotto il naso, e col volto mezzo celato dal fazzoletto: schiavi, mori e olivastri, visi bianchi e biondi di settentrionali, bruni di indigeni; gente a cavallo, qualche lettiga portata da muli bardati a colori vivaci; carri tirati da buoi; e dappertutto una festa di colori, un luccichio di seta, uno sfolgorio di metalli che si componevano, si scomponevano continuamente come in un grande e fantastico caleidoscopio.
Questo spettacolo riempiva di maraviglia prete Matteo e Vanna, che altro spettacolo non avevano mirato fuor delle povere case di Scopello, e a cui la chiesetta pareva un gran monumento. Oh quella chiesa, come diventava piccola e povera al cospetto del Duomo con le sue torricelle svelte e ricche di colonne e di finestre, con le sue grandi arcate, con le sue absidi ed archi intersecantisi di tufo e di lava; al cospetto di quelle chiese con le cupole dorate alla maniera musulmana, o rosse che parevano ardenti, e i muri rivestiti di marmi e di musaico d’oro. Questo era un paradiso che inebbriava gli occhi. E quali profumi esalavano quelle vigne, quei giardini che si alternavano con le case, coi palmizi alti e molli, e i pini odorosi aperti come ampii ombrelli!...
Lo spettacolo mutava solo che mutassero cammino; le corporazioni delle arti e dei mestieri avevano ciascuna la propria contrada: questa via era fiancheggiata di botteghe di cambiatori, coi banchi e le bilance: quell’altra non aveva che fucine di fabbri ferrai: l’altra era di merciai, o di profumieri o di oliandoli; un’altra da spadai e balestrieri: qui erano materassai, lì maccheronai, più giù fabbricanti di piatti, più in su figuliai. Poi, uscendo dalle mura del Sera al Kes, nell’avvallamento del Papireto, la scena mutava aspetto: la palude con le ripe folte di papiri, e di canne: tra le quali svolazzavano uccelli di palude, cui dei cacciatori con falchi e sparvieri addestrati e con fionde davan la caccia: dei mulini da franger canne zuccherifere o grano sorgevano lungo il fiumicello che scaricava le acque della palude al mare. Le acque arrossivano di sangue pel prossimo macello: si colorava di vivi colori, per qualche tintoria. Il rumore delle ruote si fondeva con quello dei telai. Sulla via opposta altri quartieri, quello di Siralcadi più alto, quello della Conceria più giù: case alte e basse, torri di palazzi e campanili di chiese, e palmizi e pini, e orti, come fosse un’altra città: e ancora più in giù un quartiere pieno di traffico, di logge di mercanti, di marinai; indi il porto col castello alla bocca per difenderlo. Tutte cose che apparivano grandi, belle, magnifiche non soltanto a prete Matteo e Vanna; ma anche a prete Demetrio e a Cristodula, che vi erano avvezzi; anche a Rinaldo, che pur aveva visitato altre città, ma che confessava essere Palermo la più bella città del regno, e, forse di tutta l’Europa...


Luigi Natoli: Viva l'Imperatore! Romanzo storico ambientato nella Palermo di Federico II. 
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia dall'11 gennaio 1925.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Pagine 533 - Prezzo di copertina € 22,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15 - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
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