mercoledì 6 giugno 2018

Luigi Natoli: Pirruccio da Tusa narra una triste storia. Tratto da: Mastro Bertuchello, Latini e Catalani vol.1

“Intorno a quel tempo avvenne la ribellione del conte di Geraci. Naturalmente ne seguii le parti. Raccolsi una dozzina di uomini atti alle armi e devoti, abbracciai Serena, e mi avviai alla volta di Geraci. Era piovuto; il fiume era grosso e non c’erano ponti: bisognava aspettare che la piena scemasse, e passarono così parecchi giorni nell’inerzia. Intanto gli avvenimenti precipitavano; messer Francesco tradito, abbandonato, disperando di tutto e di tutti, trovava quella morte tragica che voi sapete. Quando io potei riprendere il cammino, Geraci era nelle mani delle milizie del re; e il mio soccorso era inutile. Volli tornare indietro, ma fui scorto. Una schiera si mosse contro di me: la lotta era impari, scagliammo alcune balestre, e cercammo uno scampo nella fuga. I boschi ci sottrassero ai nostri seguitori. Lì, per non esporre i miei uomini a maggiori pericoli, li rimandai alle loro case; io ripresi la via della Torre: ma le campagne, i casali, i borghi erano pieni di bande, che davan la caccia ai ribelli in nome del re, e saccheggiavano e ammazzavano in nome del re. I Palizzi si impadronivano del bottino migliore che i loro briganti facevan dovunque, anche fra i fedeli al re. Io fui costretto a nascondermi tra le macchie e le grotte, fino a che quell’uragano non passò oltre, per espugnare Mistretta, dove s’era chiuso messer Federico d’Antiochia con Aldoino Ventimiglia. Contavo di raggiungerli; ma prima volli avventurarmi alla volta della Torre, per riabbracciare la mia Serena.
“Via via che mi avvicinavo alla mia torre, scorgevo le tracce di una devastazione che mi empiva il cuore di apprensione e di sgomento. Più mi avvicinavo alla Torre e più aumentava lo spettacolo di desolazione. Alberi abbattuti, rimasugli carbonizzati di incendi, capanne distrutte o arse: qualche cavallo sventrato, resti di pecore uccise... Quando scorsi la Torre mandai un grido di spavento, e spinsi il cavallo al galoppo, col cuore serrato, con la gola serrata, senza sangue nelle vene; parte era caduta, il tetto era scoperchiato, intorno era silenzio e squallore.
-“Serena! Serena!” – gridai disperatamente.
“Non rispose nessuno. Mi buttai giù dal cavallo; entrato fra le rovine della mia casa, incespicando più pel tremore delle gambe, che per le difficoltà del cammino; e a ogni passo chiamavo:
“- Serena!
“No, non poteva rispondere nessuno, perché non c’era nessuno. Vuote le rovine  della Torre; vuote le rovine del casale. Sopra un sasso, immobile, quasi abbrutito scorsi un vecchio villano. Andai a lui per sapere qualche cosa. Mi guardò e scotendo il capo, disse:
-“Hanno portato via tutto!... Anche le donne!... Anche la padrona!...
“Serena dunque era stata rapita da qualche banda; forse violata, forse uccisa più dalla vergogna che dalle violenze! Folle di dolore ritornai fra le rovine, che erano già state il nido della mia felicità, e adesso erano il sepolcro nel quale il mio cuore disperato urlava:
“- Serena! Serena!... Serena!...
Pirruccio si tacque commosso e fremente pel ricordo; e Bertuchello lo guardava con una espressione di grande pietà. Quegli dopo un istante riprese con voce incupita dal dolore e dall’odio:
- “Indagando, raccogliendo indizi, seppi che Serena era stata trasportata al castello di Geraci per ordine di messer Damiano. Aveva tentato di farla rapire a Catania, raggiungeva il suo intento ora, che ella era sola senza difesa. Egli la condusse con sé. Dove? Non ho potuto saperlo; ma debbo saperlo. Debbo sapere se ne ha fatta la sua concubina, se l’ha fatta morire fra gli strazi della vergogna. In qualunque caso Serena invoca la mia vendetta, e la vendicherò.
“Tra le rovine della mia Torre, seppellii Pirruccio e ne trassi fuori il Lupo di Monte Cane, bandito che per più mesi diffuse il terrore da Termini a Caronia; poi, quando mi parve di poter uccidere anche il Lupo, facendone trovar le vesti sopra il ciglio di un burrone, rinacqui Nino Spezzaferro, da Nicosia, soldato di ventura, al soldo di messer Damiano e di messer Matteo Palizzi. E li servo. Ma li servo per me. Li spio, li sorveglio, per poter penetrare il mistero che avvolge Serena, la mia povera Serena!...
“Ora vi ho raccontato ogni cosa, ciò che vi sembrava inesplicabile, che agli occhi vostri poteva sembrare un tradimento, si è schiarito. Voi sapete quale è il mio intento. L’avervi incontrato è stato per me un sollievo, perché nulla consola di più uno spirito contrastato e costretto a mentire, quanto un amico a cui confidare il travaglio dell’anima. L’aver sorpreso il dialogo tra voi e quel borghese è un segno benevolo della Provvidenza. Mastro Bertuchello, volete aiutarmi?”

Luigi Natoli: Latini e Catalani vol 1 - Mastro Bertuchello. 
Nella versione originale pubblicata dalla casa editrice La Gutemberg nel 1925.
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 22,00
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