mercoledì 20 giugno 2018

Luigi Natoli: Storie di banditi. Tratto dalla prefazione di: Pasquale Bruno di Alexandre Dumas

Quando ancora la città nostra conservava la sua cinta muraria, sulla porta di San Giorgio biancheggiavano dentro una gabbia alcuni teschi. L’erba inghirlandava quei miserandi avanzi: e lo storico La Farina, riconoscendo in essi i teschi dei Carbonari moschettati dal Borbone nel 1831, con un bel periodo li indicava alla pietà e al sentimento dei cittadini. Il periodo fece fortuna; e fino ad alcuni anni or sono, le ghirlande d’edera e le viole a ciocche sui mozzi teschi servivano come certe battute d’effetto in quei drammi sensazionali che piacevano tanto ai pubblici delle arene.
Ma la critica, vecchia pettegola, ha distrutto la pia leggenda patriottica: i teschi erano quelli di alcuni banditi, esposti nella gabbia per terrore della gente.
La giustizia criminale, perdurata fra noi fino a qualche anno del sec. XIX amava gli spettacoli; e non solamente moltiplicava e variava con una raffinatezza feroce e anche patologica le forme dei supplizii, ma non dava pace alla morte, prolungando e straziando i cadaveri dei giustiziati.
Allo Sperone, sullo stradale che conduce a Palermo, v’era una forca con uncini di ferro, che serviva di “pianca di carne umana”; ed ivi il viaggiatore del secolo XVIII vedeva pendere sanguinanti le membra dei banditi squartati per ordine della Giustizia: e i cranii andavano a popolare le gabbie sulle porte della città, quando non erano spediti nei paesi di origine dei malfattori, per essere esposti in quelle gabbie.
L’uso di questa lugubre esposizione era antica, e non era limitato agli “scorridori di campagna” e ai banditi; si estendeva anche ai rei di delitti di ribellione: come il Chiaramonte, il conte di Cammarata, ai ladri del pubblico denaro, come il tesoriere Gavì. Ma i teschi di costoro si affiggevano nei palazzi del Fisco, o nei muri del palazzo pretorio: quelli dei banditi e degli “scorridori” ornavano tristemente le porte della città, o le mura dei castelli feudali.
C’era una differenza tra i banditi e gli scorridori: questi erano ladroni, che assalivano i viandanti, quelli erano fuori bando per qualche vendetta; questi era raro che avessero un lampo di generosità, quelli erano d’ordinario generosi e cavallereschi, la condizione di perseguitati dalla giustizia li faceva malfattori; ma il coraggio di cui davano prova, li circondava di poesia. Essi rampollavano per origine dagli antichi cavalieri erranti, o dai nobili, che non erano altro che ladroni, o dei condottieri di compagnie di ventura. Una vendetta contro i baroni li faceva banditi: la poesia popolare, fedele specchio dei sentimenti plebei, s’impadroniva di loro e magnificando il loro gesto, sfogava il suo odio contro i baroni…



Luigi Natoli: Storie di Banditi. Prefazione al romanzo storico siciliano: Pasquale Bruno di Alexandre Dumas. 
Prezzo di copertina € 13,50 
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

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