venerdì 23 luglio 2021

Luigi Natoli: "Allo Steri! Allo Steri!" - Tratto da: Squarcialupo. Romanzo storico siciliano.

A un tratto squilla alla vicina chiesa della Gancia un tocco. L’avemaria? La gente si scopre per recitare la salutazione angelica: ma a quel tocco ne seguono altri più violenti; e la chiesa della Catena, e la chiesa di san Nicolò della Kalsa, rispondono: e poi altre chiese più lontane. E sulla città passa come un rombo di tempesta lontana. Campane a stormo! Il popolo esce dalle case: gli uomini si armarono; un invito corre di bocca in bocca:
- Allo Steri! Allo Steri!
L’ombra notturna che già era calata si rompe alle finestre fumose delle torce, che illuminano a sprazzi biechi profili di gente che ha una rivincita da prendere, una vendetta da esercitare. Il tumulto si tramutava in sommossa. Giovan Luca guardò la folla che veniva armata da ogni parte e se ne compiacque. Mastro Iacopo gli disse:
- Che vi diceva io? La bestia sonnecchiava, ora si è svegliata.
E già intorno allo Steri ondeggiava ora una folla, che pareva cozzasse contro le mura incrollabili, come i marosi contro gli scogli. Alcuni preso un trave, se ne servivano come di ariete di guerra, e cozzavano contro la porta per sfondarla; e ai colpi sonori si mescolavano gli urli e la minaccia. I di Benedetto, Girolamo Fàssaro, Iacopo Girgenti aizzavano la folla: i più feroci propositi esaltavano gli animi dinanzi alla resistenza della porta. Finalmente essa cedette, e un grand’urlo di trionfo ne salutò lo spalancarsi fragoroso: un torrente furioso si rovesciò nel varco; pareva che tutti avessero fretta di entrare; ognuno cercava di oltrepassare l’altro, per arrivar primo, i portici, la scala s’empirono; tutto il palazzo pareva tremare e gridare. Dov’erano i giudici? Dov’era il luogotenente? Li volevano nelle mani Nicola Cannarella, Tommaso Paternò, Gerardo Bonanno, Priamo Cavozzi, il conte di Adernò, don Giovanni de Luna, Blasco Lanza... tutti odiati mortalmente, perché partigiani di don Ugo, perché si ernao sfogati in rappresaglie e vendette, sotto la protezione del duca di Monteleone, che li secondava. Li cercavano per tutto il palazzo. In uno stanzino appartato scovarono il duca.
- Eccone uno!... Abbiamo preso don Ettore!...
Egli non offrì nessuna resistenza; si lasciò spingere, trascinare fra le minacce, pallido e tremante. Gli gridavano intorno che era un assassino, che proprio lui aveva scritto al re per far uccidere i conti; che aveva ordinato ai giudici di essere feroci contro la povera gente, che voleva opprimere e distruggere il popolo coi balzelli. Qualcuno gli metteva i pugni sotto il viso: qualche altro gli faceva balenare dinanzi agli occhi la lama di un coltellaccio. Egli vedeva già prossima l’ultima sua ora, e recitava mentalmente le sue orazioni per raccomandar l’anima a Dio. Ma un clamore più alto e uno spettacolo più miserando fermò coloro che lo spingevano
La folla ubriacata dal sangue, corse altrove. Bisognava trovare gli altri giudici, due vittime sole non bastavano: dov’era Gerardo Bonanno? Qualcuno si accorse di un uomo che cercava di appiattarsi, lo rincorse:
- È Bonanno! – gridò.
- Bonanno! – È preso! È preso! – ripetè la folla precipitandosi. Il malcapitato s’era travestito per non essere riconosciuto, ma non gli valse: una mazzata gli ruppe il cranio, e lo abbattè. Allora un uomo gli si precipitò addosso, gli fregò le vesti, lo mutilò; e alzando quel miserabile trofeo di carne sanguinante, gridò al cadavere:
- Va’ ora a disonorare le povere figlie nostre!
Cercavano, invano, Blasco Lanza, Giovanni de Luna e Priamo Capozzo. Giovanni de Luna, all’avvicinarsi della procella, non aveva voluto lasciarsi prendere in gabbia: era fuggito dallo Steri, a cavallo, e varcata la Porta dei Greci, s’era messo in salvo. Il conte di Adernò s’era allontanato qualche giorno prima; Blasco Lanza era scappato appena saputo che i congiurati erano nella chiesa della Catena. Il popolo gli attribuiva la più parte dei mali, se non tutti, lui consigliere di don Ugo; lui difensore di lui, e accusatore dei conti; lui suggeritore del duca di Monteleone. Frugarono tutto lo Steri, senza trovarlo.
- Deve essere andato a nascondersi a san Domenico!...
Nella chiesa di san Domenico c’era la sepoltura dei Lanza: la folla vi si recò in furia: invase la chiesa e il convento; cercò nella sepoltura: non vi trovò Blasco, ma vi trovò il suo tesoro...




Luigi Natoli: Squarcialupo – Opera inedita. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1517, quando Giovan Luca Squarcialupo, patriota, sognò e realizzò anche se per poco, un governo repubblicano. L’opera, mai pubblicata in libro, è costruita e trascritta dal romanzo originale, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1924.
Copertina di Niccolò Pizzorno 
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