Marcantonio
Colonna era vestito tutto di raso bianco, con una cappa corta di velluto nero,
foderata di raso bianco. Ricami di argento delicatissimi gli ornavano il
corpetto, appuntito, sul ventre, e fermato da un cinturino tempestato di gemme,
dal quale pendeva un piccolo pugnale dall’elsa di argento e dalla guaina di
velluto nero.
Era
elegantissimo, e per la gravità e la nobiltà dell’aspetto, anche imponente.
Tre
o quattro sedie più in là, ma sulla stessa fila di essi, era seduta donna
Eufrosina Corbera, sotto un grande specchio, che pareva le facesse da cornice.
Marcantonio
Colonna fermò un istante il suo sguardo sopra di lei, come cercando nella sua
memoria di ricordare chi fosse, e dove l’avesse veduta altra volta. Non gli
pareva un volto del tutto nuovo. Una rimembranza imperfetta e confusa era
balenata nel suo cervello; ma per quanto frugasse nei più profondi recessi
della memoria, non vi scorgeva dove, come e quando avesse conosciuto quella
dama. Pensò che forse s’ingannava. Ma o nuova, o veduta, il signor Marcantonio
diceva a se stesso che quella donna era veramente bellissima.
Donna
Eufrosina se ne stava immobile, con le piccole mani affilate inerti sul grembo,
e in quell’atteggiamento, entro la cornice dello specchio, pareva un
meraviglioso dipinto. Le grazie del corpo risaltavan maggiormente sotto il
vestito, scelto e adattato con un fine senso di civetteria. Indossava una veste
di broccato turchino, con ricami d’argento e bottoni di perle; e in testa aveva
un berrettino di velluto dello stesso colore, sormontato d’un ciuffetto di
piccole piume bianche, che le cadevan leggiadramente sui capelli annodati con
un filo di perle.
Donna
Eufrosina, girando gli occhi, si accorse in quel momento di essere guardata dal
Vicerè e dal Pretore, e divenne rossa. Gli occhi del Vicerè insistettero ancora
un po’ come per godere di quel rossore, poi si distolsero lentamente e quasi
con rammarico.
E
veramente donna Eufrosina era maravigliosa, nel suo vestito di velluto color di
viola, che dava un tono pallido d’avorio al suo colorito, e un fulgore più
saettante agli occhi neri. Ella era ornata di perle; ne aveva al collo, alle
orecchie, nelle mani, ne aveva tra’ capelli, ne aveva lungo i ricami d’oro che
le ornavano il giustacuore e la gonna, e le fermavano i rigonfi delle maniche.
Anche l’ampio colletto arricciato, e i manichini, avevano un sottil freggio
d’oro punteggiato di perline.
Non
osava confessarselo, ma in fondo o in cima al suo pensiero stava quella giovane
e bellissima dama, alla quale per la prima volta egli poneva mente, e la cui
immagine gli stava dinanzi agli occhi interiori con una insistenza che non gli
dispiaceva.
Il
suo pensiero non andava più oltre di quella contemplazione platonica, nè si fermava
sopra qualche vaga e lontana speranza. Marcantonio Colonna non era più giovane;
cinquant’anni erano già sonati; era calvo e brizzolato; non poteva dunque
illudersi di ferire il cuore di una giovane e bella donna, che aveva un marito
giovane, bello e valente. Ma pure non poteva impedire al suo cuore di
schiudersi a qualche desiderio, e di vagar dietro qualche sogno.
Luigi Natoli: La dama tragica – Romanzo storico siciliano ambientato a Palermo
nel 1560, al tempo del vicerè Marco Antonio Colonna, di donna Eufrosina Corbera
e della loro storia d’amore. L’opera
è la trascrizione del romanzo originale pubblicato dalla casa editrice La
Gutemberg nel 1930.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Pagine 604 – Prezzo di
copertina € 24,00
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