venerdì 23 luglio 2021

Luigi Natoli: Era la sera del 22 luglio 1517... - Tratto da: Squarcialupo. Romanzo storico siciliano

...Antivigilia della festa di Santa Cristina, patrona della città che i Palermitani si affaccendavano a celebrare, come facevano ogni anno, nella maniera più sontuosa imbiancando cioè i muri delle case, e appendendovi festoni di fronde; innalzando per le strade che la processione doveva percorrere archi trionfali, anch’essi di verdi fronde; e preparando coperte e panni e, chi li aveva, arazzi, da stendere sulle finestre, e lanterne e torce resinose per far la luminaria.
Questa era la festa principale, e più solenne per la città; cominciava la vigilia, col Vespro solenne che si cantava nel Duomo, e si svolgeva il giorno della festa, cioè il 24, con la “cappella reale” e la messa cantata, di mattina, e immediatamente dopo la processione. Cappella reale significava che alla funzione religiosa interveniva il vicerè o il luogotenente, come rappresentante del sovrano, in gran pompa; sedeva sul trono e riceveva l’incenso nelle forme prescritte dal cerimoniale. Tanto nell’andare al Vespro solenne, quanto alla messa cantata, l’intervento del vicerè era per se stesso uno spettacolo che attirava la folla: perché egli vi andava con le insegne della carica, con gran seguito di cavalieri e di creati: ed era ricevuto alla porta del Duomo dall’Arcivescovo: e perché andando il vicerè in veste ufficiale, a esercitare un atto di sovranità, ci si recavano anche le alte magistrature del regno, e il Senato, anch’esso in gran pompa.
Il popolo, dunque, faceva i preparativi per addobbare le strade specialmente quelle che la processione avrebbe percorso, secondo prescriveva il bando del Senato. E quell’anno era prescelto il quartiere del Capo, o come si diceva, di Civalcari.
Qua e là, dove c’era gente che o imbiancava, o sul bianco dipingeva certi ornati rossi e turchini, che parevano ai riguardanti bellissimi, si formavano crocchi, che ciaramellavano delle cose più disparate; uno più numeroso se n’era fatto presso la chiesa di Sant’Agostino, dove addobbavano di verdi fronde d’arancio e di palme un arco trionfale; ma un uomo vestito da frate, messosi a parlare ad alta voce sui gradini della chiesa, aveva attirato a sé quel crocchio, che era man mano diventato folla, e pareva che prendesse gusto al discorso del frate.
Il quale era mastro Iacopo, camuffatosi a quel modo per poter percorrere le vie, senza intoppi. Lì s’era fermato e pareva predicasse. Una predica buffa, che faceva ridere. 
E i flagelli con cui il povero Gesù fu ridotto una piaga dalla testa ai piedi? I flagelli, amici miei, li lasciò al Vicerè di Sicilia; sapendo che voi, come tanti Cristi legati alla colonna, vi lasciate flagellare, senza parlare. Pigliateveli dunque in pace i colpi che vi portano via la pelle a pezzo a pezzo, e bene vi stia!...
La gente che dapprima ascoltava ammirata tutta quella filastrocca, alla fine inaspettata, dalla quale capiva l’arguzia ironica, mormorava, e commentava...
E mastro Iacopo se ne andò, ma per fermarsi altrove, fra altri crocchi, attaccar discorso, raccontare le sue storielle, pungere l’amor proprio del popolo, incitarlo contro il vicerè, contro il governo.



Luigi Natoli: SquarcialupoOpera inedita. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1517, quando Giovan Luca Squarcialupo, patriota, sognò e realizzò anche se per poco, un governo repubblicano. L’opera, mai pubblicata in libro, è costruita e trascritta dal romanzo originale, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1924.
Copertina di Niccolò Pizzorno 
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Pagine 684 – prezzo di copertina € 24,00

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