Il sogno intendeva
significare la “fiaccola per illuminare, per diffondere la vera luce nel
mondo”; ma più tardi fra Tommaso Torquemada e fra Pietro Arbues dovevano
vedervi una fiaccola da ardere roghi…
Nel 1401 la chiesa
di San Domenico, che sorgeva presso a poco dove sorge l’odierna, non era molto
grande: era stata edificata da cento anni, da quando i frati abbandonarono il
piccolo convento di basiliane, che si trovava sul Cassaro, dove fu poi eretta
la chiesa di S. Matteo. Della chiesa antica non rimane più nulla, pei
successivi rifacimenti e ingrandimenti; ma restano ancora tre lati del
chiostro, coi loro piccoli archi acuti sorretti da doppie colonnine varie di
forma e di capitelli, come sono i chiostri siciliani di quel tempo.
Mastro Cecco
dipingeva una parete del chiostro, per incarico di quei frati. Non era un gran
pittore; e nel disegno e nel colore aveva quella ingenuità infantile dei
pittori primitivi, in un tempo in cui la pittura aveva avuto Giotto, e
s’avviava a quello sviluppo che fece grandi i quattrocentisti.
Un devoto aveva
legato una somma al convento, con l’obbligo ai frati di far dipingere in una
parete del chiostro, un soggetto tra storico e sacro: il conte Ruggero che
libera Palermo dai mussulmani e vi ripristina il culto cristiano.
Mastro Cecco aveva
trovato nel tema un vasto campo per sfogarvi la sua fantasia; e tra i guerrieri
che si accalcavano intorno al fortunato venturiero normanno aveva raffigurato i
fondatori delle grandi case signorili, che la tradizione o la vanità diceva
venuti col normanno.
Attraverso il palco
di legno, sul quale il pittore lavorava, la sua rappresentazione pittoresca si
travedeva a brani. Un lato, quello dove erano Ruggero e i personaggi del suo
seguito, era dipinto: il maestro attendeva ora a dipingere i Saraceni, dai
volti bruni o neri, secondo la tradizione popolare, coperti di grandi turbanti.
Nel mezzo c’era il vescovo Nicodemo, tratto dalle tenebre delle catacombe, per
ribenedire e riconsacrare al culto l’antica chiesa cristiana, convertita dai musulmani
in moschea.
Il giovane era
rimasto meravigliato dinanzi alla vivacità dei colori, profusi con fanciullesca
intemperanza sulla parete, sui quali predominavano il rosso, l’azzurro, il
verde e il giallo.
Ma la sua attenzione
fu attratta da un guerriero, il cui scudo portava per arma tre monti d’argento
in campo rosso.
- Non è quello lo
stemma dei Chiaramonte, maestro? – domandò vivamente.
- Appunto. Come lo
sai?
Luigi Natoli: Il Paggio della regina Bianca – Romanzo storico
siciliano ambientato nella Palermo del 1401, quando è appena tramontata la
grande epoca chiaramontana. L’opera è ricostruita e trascritta dal romanzo
originale pubblicato della casa editrice La Gutemberg nel 1921.
È
la presunta storia di Giovannello Chiaramonte, figlio di Andrea, che cerca di
risollevare la gloria del suo casato contro il gran giustiziere Bernardo
Cabrera, il re Martino e la regina Bianca di Navarra.
Pagine 702 – Prezzo di
copertina € 22,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.itDisponibile on line dal sito lafeltrinelli.it, Amazon e tutti i siti vendita online.
In libreria presso La Feltrinelli libri e musica (Palermo) e Libreria La Vardera (Palermo)
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