Lo accompagnarono nella foresteria:
due celle in fondo al corridoio, presso l’ampio balcone che dava sul giardino,
e dal quale si vedeva la città distendersi giù pel clivo, fino a mare. Il frate
che l’accompagnava aprì una di quelle celle, depose sopra un tavolino la
lampada di ottone, a due lucignoli, augurò la buona notte e se ne andò.
Corrado esaminò la stanza: era più
grande delle celle ordinarie, con una finestra di fronte all’uscio: le pareti
bianche; il letto di ferro, modesto, ma pulito e soffice; accanto al letto un
inginocchiatoio sormontato da un Crocefisso annerito dal tempo, e una piletta
d’acqua santa; addossata ad una parete, una tavola di quercia, e su, in alto,
uno scaffalino, a due palchetti, pieno di libri, legati in pergamena, coi
titoli scritti a grosse lettere nere, per il lungo del dorso. Ne prese uno, che
destò la sua curiosità: era un libro di note manoscritte, che riguardavano la
cronaca del convento. Il frate compilatore aveva cominciato col notarvi l’anno
della fondazione del primo convento nel 1472, fuori le mura, per opera di
Pietro e Giacomo de Bruno e delle elemosine dei cittadini; trasportato poi nel
centro della città, e arricchito di rendite e di doni. Seguiva la trascrizione
dei documenti; poi la descrizione dei poderi, quella dell’edificio del convento
e della chiesa; e le lodi dei quadri del Monocolo da Racalmuto e del
Monrealese, del gruppo della Pietà, marmo del 1430, che i “forestieri volevano
pagare a peso d’oro”, la tomba di Simone Solito del 1626, e quell’altra più
bella assai di Giambattista Romano e Ventimiglia, barone di Resuttano, del
1552. E infine seguivano brevi elogi dei frati insigni, e dei personaggi
ragguardevoli che il convento aveva ospitato.
Corrado sfogliava negligentemente,
come chi non sa che farsi, senza leggere in verità, ma scorrendo con l’occhio
ozioso qua e là sulle pagine, cogliendo qualche parola, qualche titolo; mentre
il suo cervello pensava ad altro.
Ad un tratto sentì il sangue dargli un
tuffo. Un nome gli cadde sott’occhio, le cui lettere gli parve che formassero
una parola a lui già nota. Rilesse: era una noticina che diceva:
“Nota come addì 15 di marzo di questo
anno 1766 è stato nostro ospite l’illustrissimo signore don Goffredo Calvello
barone e duca di Melia, e uno dei primi titoli del regno; essendo padre
guardiano fra Felice, suo consobrino dal lato paterno”.
Gli occhi gli tremolarono, divenne
pallidissimo. Goffredo Calvello, tre giorni dopo la nascita di lui, s’era
recato a Termini: Goffredo Calvello era il proprietario di quella borsa trovata
nel cofanetto; quella borsetta Dorotea aveva indicato con le parole “tuo
padre!”; Goffredo Calvello era suo padre, e forse l’uccisore della povera
donna!
Luigi Natoli: Calvello il bastardo. Romanzo
storico siciliano ambientato nella Palermo di fine Settecento e inizi
Ottocento, quando la Rivoluzione Francese porta in tutta Europa le prime idee
di libertà dei popoli e nascono le prime Logge. Il protagonista Corrado
Calvello è affiancato dal patriota e giureconsulto Francesco Paolo Di Blasi.
L’opera
è la trascrizione del romanzo originale pubblicato dalla casa editrice La
Gutemberg nel 1913.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Pagine 880 – Prezzo di
copertina € 25,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.itDisponibile on line al sito La Feltrinelli, Amazon e tutti i siti vendita online.
Disponibile in libreria presso La Feltrinelli libri e musica (Palermo) e Libreria La Vardera (Palermo)
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