S’accostò al letto del ferito, gli sollevò con una mano il capo, con
l’altra porse alle labbra riarse una tazza d’acqua… Poi gli acconciò le
coperte; e ritornò al letto di Guy, e dopo essersi assicurata che il suo
ufficiale dormiva, sedette di nuovo sullo sgabello, con le mani sul grembo, lo
sguardo vagante sopra i letti, dove ogni tanto qualcuno si lamentava. Quanti ve
n’erano!... E di là altre c’erano altre sale, e si intravedevano altri letti; e
sopra, nel piano superiore ce n’erano ancora. Si sentivano dei passi andar su e
giù; forse medici, infermieri; ogni tanto di fuori una voce impartiva ordini;
si udiva un rotolare di carrette; un via vai frettoloso; poi qualche urlo di dolore;
dei gemiti che levavano il cuore; frammezzati da improvvisi silenzi. A ogni
aprir di porta entravano zaffate di odore d’acido fenico; e il vocìo si faceva
più distinto e i gemiti più forti. Ella riconosceva la voce del capitano
medico; e immaginava che medicasse altri. Forse estraeva altre palle.
Improvvisamente i gemiti si mutavano in ululi di dolore che facevano
rabbrividire. Si alzò e s’avvicinò alla porta; vide intorno al letto operatorio
un gruppo di persone, che le nascondevano la vista del letto; uno dei chirurghi
pareva intento a qualche cosa che Betty non poteva capire: vide però uno dei
medici trascegliere di fra gli strumenti, una sega. Ella si sentì gelare il
sangue, ma non si mosse; una curiosità folle la inchiodava lì, su la soglia,
nell’aspettazione trepidante di qualche cosa orrenda. I suoi occhi spalancati
erano costretti da una forza ineluttabile a seguire ogni gesto; i suoi orecchi
a udire. Nessuno parlava. Solo, ogni tanto, qualche ordine breve, rapido, quasi
sottovoce, ma il ferito che stava in mezzo ai medici, e che Betty non vedeva,
non taceva. Betty l’udiva: udiva un mugolìo disperato che non aveva nulla di
umano, un rantolo che pareva squarciasse il petto; e si sentiva il cuore pieno
di sgomento e di pietà. A un tratto vide una mano buttar in un canto, presso il
tavolo degli strumenti, qualche cosa. Mandò un grido, chiudendo gli occhi; ma
li riaprì subito e guardò. Era una gamba, una gamba umana, spezzata,
sanguinante, nuda, col piede inerte, un piede tozzo, dalle dita ripiegate, come
se un rabbrividimento li avesse contratti: una gamba divelta dal suo tronco,
buttata là come una cosa inutile, come una cosa nociva; ed era carne umana…
Luigi Natoli: Alla guerra! romanzo storico contemporaneo.
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