La notte era tiepida e
limpida; una notte d’agosto, col cielo disseminato di stelle lucenti. La strada
illuminata dalle lampade, dai fasci di luce che uscivano dai caffè, si
dilungava fino all’angolo dell’avenue de Wagram, dalla quale si distinguevano,
precisi, chiari, sotto la luce delle grandi lampade, gli alberi allineati. Per
la strada era il via vai faticoso della gente; un trascorrere di carrozze, di
automobili, di biciclette; un formicolìo di persone; il rumore confuso delle
ruote, delle cornette, dei motori; le grida degli strilloni, il brusìo
indistinto e multivoco dei passanti, notteggiavano fra i muri della strada. Ma
su, oltre i tetti, ove finiva il travaglio umano, quale pace infinita e
misteriosa, nei cieli luminosi!...
Benoist aveva guardato la
strada, seguito la folla, sollevato lo sguardo in alto: qualche cosa gli
agitava il petto; sentiva la vicinanza di Bianca, e provava una sofferenza
oscura, un piacere doloroso, dei bisogni spirituali, delle aspirazioni vaghe e
infinite come quel cielo che gli si stendeva sul capo.
Bianca lo esaminava,
mentre egli guardava il cielo. Benoist aveva la linea della fronte pura e
nobile; e nel volto quella pensosità un po’ malinconica, che è il sigillo
imposto dalla consuetudine di una intensa vita spirituale. In quella
raffazzonatura dell’abbigliamento era un po’ goffo e impacciato, come un
provinciale venuto di fresco, e che non abituato ancora a vestire un abito
nero, lo indossi per la prima volta; ma il ridicolo di questa goffaggine non
saliva oltre il colletto.
Per l’abitudine che egli
aveva contratto di passarsi la mano su la fronte, aveva un po’ scompigliato la
pettinatura odiosa con la quale il parrucchiere aveva creduto di farlo più
bello; i suoi capelli, pur serbando una certa divisione, avevano un disordine
che restituiva all’espressione generale del volto un po’ del suo primo carattere.
Per un po’ rimasero in
silenzio: Bianca aspettava che Benoist le dicesse qualche cosa: Benoist aveva
il pensiero pieno di idee e di espressioni tumultuose; ma la sua bocca rimaneva
chiusa, la parola mentale pareva si arrestasse nelle radici della lingua.
- Come mai, – domandò
Bianca a un tratto, per rompere il silenzio; e anche per ubbidire a un’idea che
l’aveva perseguitata da parecchi giorni; – come mai voi, che avevate tanto
orrore per la guerra, ne siete diventato ora un partigiano?
Benoist la guardò non
senza provare una certa amarezza per quella domanda, così lontana, così
estranea alle idee che gli turbinavano nel capo: nondimeno respirò: quella
domanda rompeva il silenzio.
- No, madamigella, – disse
dolcemente; – io ho sempre lo stesso orrore per la guerra; io ho sempre sognato
e sogno un patto di fratellanza fra tutti gli uomini; la grande famiglia umana
affratellata dalla scienza e dal lavoro; due cose che non conoscono confini… È
un bel sogno, che si avvererà, deve avverarsi; dobbiamo anzi affrettarne la sua
traduzione in realtà… Ma bisognerebbe rendere impossibile ogni violenza… E non
son diventato partigiano della guerra, no; ma nessuno può consentire che sia
violato il diritto alla esistenza!... La Francia patisce la più bestiale sopraffazione:
essa è aggredita, unicamente per essere assoggettata e sfruttata dal
capitalismo tedesco, che si è impadronito dell’esercito… Il capitalismo tedesco
ha bisogno della ricchezza francese, per non perire. La sua è una aggressione
brigantesca, dissimile soltanto nelle proporzioni da quelle che compivano i
banditi leggendari sulle strade maestre!... Difendersi non è soltanto un
diritto, ma è più, un dovere! Nessuno può sottrarsi al dovere di difendere la
terra, la casa, il lavoro, la libertà dei propri concittadini… Non è questa che
combattiamo noi, e della quale io riconosco il santo dovere, una guerra per gli
interessi di una dinastia o di una classe: è guerra di difesa di tutta la
nostra storia passata e avvenire; è la nostra difesa dei due diritti
fondamentali, il diritto di vivere e il diritto di esser liberi…
La sua voce era a poco a
poco divenuta più sonora e più calda; e i suoi occhi si illuminavano. Bianca
però non si diede vinta, scosse il capo, e mormorò:
- È vero; ma quanto sangue,
e quanti cuori spezzati!...
V’era un tremito nella sua
parola, l’angoscia paurosa di una sciagura imminente e immancabile.
Luigi Natoli: Alla guerra!
Pubblicato per la prima ed unica volta a puntate in appendice al Giornale di Sicilia del 19 ottobre 1914 viene nel 2014 (a cento anni esatti dalla prima pubblicazione) pubblicato per la prima volta in libro dalla casa editrice I Buoni Cugini editori. Copertina e illustrazioni interne di Niccolò Pizzorno.
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