martedì 16 gennaio 2018

Luigi Natoli: Il Tiraz. Tratto da: Gli ultimi saraceni.


Dalle finestre della Torre Pisana, di dietro le gelosie di legno finamente intagliato assistevano al duello le donne del tiraz e le schiave di palazzo. La più parte erano musulmane di fede, ma non tutte di razza araba; ve ne erano berbere, brune, dai lineamenti regolari, gli occhi grandi, le labbra tumide; i corpi agili e vibranti; ve ne erano sirie, dal volto pallido, grassoccio, molli; arabe simili alla gazzelle delle oasi; greche delle isole, rosee, carnose, dai grandi occhi cilestri e dai capelli biondi, insolenti e cupide; ve ne eran molte delle coste della Dalmazia o dell'Epiro: slave dai capelli neri e copiosi, dai grandi occhi pieni di sogni; ve ne erano di Sicilia, nate da razza indigena, da lungo tempo passate all’islavismo, e confuse per la fede e pei nomi e le costumanze adottate, con gli antichi dominatori; o discendenti da tali venuti d’Oriente col primo conquisto musulmano, naturalizzati in Sicilia; figlie le une e le altre di prigionieri ridotti in schiavitù, o venduti nei mercati. Ve n’eran parecchie “franche” come eran dette in generale quelle di razza latina o germanica, di fede cristiana, predate da legni corsari talvolta nelle stesse spiagge dell’isola e portate in Oriente o in Tunisi; o offerte da parenti medesimi. Vivevan tutte nel palazzo regio; quali addette ai servigi della regina, e non era­no le più belle nè le più giovani; quali al tiraz, alle culture cioè dei bachi e alla fabbrica dei drappi serici, comuni o ricamati, di cui la corte aveva quello che oggi si di­rebbe il monopolio. Queste erano le più giovani e le più belle. Le sceglieva il re stesso.
Venivano spesso mercantanti dall’Oriente e da Tunisi a vendere le fanciulle pre­date o vendute dai genitori; il gran Camerario, che amministrava il palazzo regio le esaminava, ne faceva una scelta, e le sottoponeva all'approvazione del re, che trasceglieva quelle che gli facevano mag­gior simpatia.
Guglielmo era un buon conoscitore di donne: rassomigliava da questo lato al pa­dre, il re Ruggero, che aveva subito il fasci­no della vita voluttuosa dei musulmani, e non contento delle quattro mogli prese suc­cessivamente, s'era fatto un harem, sfidan­do i rimproveri, gli scrupoli e l'orrore del clero.
Guglielmo in questo aveva superato il padre, il re Ruggiero di cui aveva subito il fascino in altre qualità dello spirito. Nell'avarizia, per esempio, e nella ferocia dei castighi. Gli restava di gran lunga inferiore nell'attività maravigliosa, nel fine senso politico, nella opportuna e sapiente prudenza e nella magnanimità, quando era necessaria: qualità che avevan fatto di lui il più grande monarca e statista del suo tempo. Guglielmo ama­va troppo la voluttà, per aver tempo di oc­cuparsi dello Stato. Per lui c'era Majone.
Un vero esercito di eunuchi bianchi e neri gli custodiva quel regno. Ve n’erano grassi, obesi, giallicci, coi capelli lisci sui volti sbarbati e rugosi; ma ve n’erano robusti e fieri. Nessuno poteva varcarne le soglie fuor che il re. La torre posta a una estremità non aveva che un ingresso, giù nella corte, custodito da guardie musulmane: aveva un passaggio interno pel quale dalla Gioaria si poteva entrare nelle stanze delle donne. 
Re Guglielmo faceva in quei giorni allestire un suo castello in un parco, oltre l’Ain Abu Sind, volgarmente detto Ain Sind (3), sorgente d’acqua, che scaturiva e scaturisce ancora da grotte. Il castello era quasi compiuto, e vi attendevano soltanto i mosaicisti, che ne decoravano bellamente le pareti e il pavimento dell’atrio. Quel castello era serbato ad accogliere l’harem, come in luogo più riposto, lontano dai rumori cittadini, circondato di boschi, rallegrato di palmizi e di laghetti, come quello della Favara, posto all’altra sponda dell’Oreto, o come allora si chiamava del Wadi Ab bas, o come quello di Menani posto a mezza strada fra la città e il villaggio di Baida. Quel nuovo castello doveva vincere gli altri per grandezza e magnificenza di stanze e per bellezza di sito. Guglielmo vi profondeva tesori; e Majone glieli trovava: ma intanto circondava di guardie la torre e la chiudeva agli occhi dei profani, coprendo le finestre di gelosie di legno intagliato delicatamente all’uso di Egitto. 
Durante il giudizio di Dio quello stormo di passere s’erano addossate alle gelosie, arrampicandosi sopra gli sgabelli, sopra i cuscini. Tutti i buchi degli intagli e dei frastagli si animavano di pupille sfolgoranti che seguivano con interesse e curiosità infantile le vicende del duello. Anche fra le donne dell’harem s’erano formate due parti: quella di Silvestro e quella di Orsello: se non che non era la politica che le divideva: ma la simpatia per l’uno o per l’altro.

Luigi Natoli: Gli ultimi saraceni. - Ove si narrano le gesta di Re Guglielmo I e di Messer Matteo Bonello.  
Pagine 719 - Prezzo di copertina € 25,00
Pubblicato per la prima ed unica volta a puntate in appendice al Giornale di Sicilia dal 05 agosto 1911, viene editato dopo più di cento anni da I Buoni Cugini editori per la prima volta in unico volume nel 2015. 

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