venerdì 2 giugno 2017

Luigi Natoli e il bandito Nardo. Tratto da: Storie di banditi.


C’era una differenza tra i banditi e gli scorridori: questi erano ladroni, che assalivano i viandanti, quelli erano fuori bando per qualche vendetta; questi era raro che avessero un lampo di generosità, quelli erano d’ordinario generosi e cavallereschi, la condizione di perseguitati dalla giustizia li faceva malfattori; ma il coraggio di cui davano prova, li circondava di poesia. Essi rampollavano per origine dagli antichi cavalieri erranti, o dai nobili, che non erano altro che ladroni, o dei condottieri di compagnie di ventura. Una vendetta contro i baroni li faceva banditi: la poesia popolare, fedele specchio dei sentimenti plebei, s’impadroniva di loro e magnificando il loro gesto, sfogava il suo odio contro i baroni.

Un canto antico narra di un conte, forse di Castronovo, che fece rapire la moglie di un contadino suo vassallo, Nardo, il giorno dopo le nozze; la donna ne muore: Nardo fremendo vendetta si dà alla campagna, armato della sua balestra; ed eccolo bandito. Ma il bandito aspetta al varco il conte. E dopo qualche tempo lo coglie a caccia; si apposta in capo a un ponte, e il dardo vibrato dalla mano punitrice trapassa il petto del prepotente. Nardo è preso, condannato alla forca. Di notte gli appare l’ombra del padre, che lo loda e lo benedice:  

Figghiu, ti benedicu eternamenti,
l’ha vinnicatu tu lu sangu miu,
l’onuri di la casa è arrè lucenti. 

Nardo risponde:  

Patri, puzzati godiri cu Diu!
Ora ca sacciu chi siti cuntenti,
binchì sentu la vuci e nun vi viu,
sti catini e martirii su nenti. 

E con impeto feroce e con fantasia veramente dantesca aggiunge:  

Patri ridennu tri mila turmenti
basta c’appi lu sangu, di lu conti:
vaiu a la furca cu cori cuntenti,
e pri lu ‘nfernu puranchi su’ pronti:
mi jettu ‘ntra lu focu allegramenti,
e pri la tigna attapanciu lu conti;
cci scippu lu curuzzu cu li denti,
lu strazzu, e ci lu sputu ‘ntra la frunti! 

Nardo è forse invenzione poetica; ma quanti Nardi non ebbe il Medio evo? Dico il medio evo con ragione: questo poemetto è certamente anteriore alla seconda metà del secolo XI, l’arma (la balestra) il titolo del feudatario (conti) che era solo in Sicilia, prima che fosse eletto il primo marchese, che fu Giovanni Ventimiglia, ne sono la prova.



Luigi Natoli: Storie di banditi.
E' la prefazione di: Pasquale Bruno di Alexandre Dumas
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