lunedì 19 giugno 2017

Luigi Natoli: Il palazzo reale di Messina - Tratto da: I cavalieri della Stella ovvero La caduta di Messina.


Il palazzo reale di Messina sorge­va presso a poco nell'area dove oggi si trova l'edificio della Dogana e dei ma­gazzini generali; e segnava il principio di quella magnifica e lunga fila di palaz­zi, edificati lungo il porto dal vicerè Emanuele Filiberto di Savoia nel 1622, e rifatta dopo il terremoto del 1783, della quale i Messinesi sono giustamente or­gogliosi.
Una piazza piuttosto ampia si apriva dinanzi al palazzo; chiusa da una parte da un cancello di ferro con sedi­li intorno e un palchetto, sul quale in certe occasioni prendeva posto il magi­strato della città. Lì presso c'era l'ar­senale.
Anticamente il palazzo era una roc­caforte massiccia, costruita dai Norman­ni per difesa della riviera, ed era noto col nome di “Castello a mare”: rovine dell'antica fortezza erano visibili fino al secolo scorso. Era munito di sei torri, tre delle quali dal lato del mare, tre da quello del­la terra.
Le prime trasformazioni, per ridurlo a sede del governo e accogliervi i tribuna­li, le prigioni, cominciarono nel 1563, es­sendo vicerè di Sicilia, don Garcia de Toledo.
I viceré e i presidenti del regno che seguirono ne continuarono la trasforma­zione o la devastazione, fino a Emanuele Filiberto, che nel 1623 fu l'ultimo dei devastatori, ma ebbe la scusante di dover accordare l'architettura del palazzo con quella della Palazzata.
Tutte queste opere non gli avevan però tolto l'aspetto massiccio di fortezza; ed esso conservava nel secolo XVII e fino a quando non fu distrutto, le sue torri quadrate.
In mezzo alla piazza si elevava la statua bronzea di don Giovanni d'Au­stria, modellata dal Calamech in onore del vincitore di Lepanto poco dopo il 1570; quella stessa che, distrutto più tardi il palazzo reale, fu trasportata nella piaz­zetta dell'Annunziata dove si trova tuttavia.
Delle strade si dilungavano di qua e di là della piazza: la strada nuova o d'Austria, attraversata dalla strada della Giudecca o Cardines, e quella della Dar­sena o dei Catalani, che sboccavano sul­la piazza del duomo, quella dei Verdi che s'adunava nella chiesa della Candelora, la grande strada dei Banchi.
Dalla parte opposta, oltre il lato orientale del Palazzo si distendeva il quartiere di Terranova, abbattuto poi, un ventennio dopo, per la costruzione della Cittadella.
Quando don Gregorio giunse sulla piazza nella quale alcuni carpentieri si affrettavano al lume delle fiaccole a riz­zare lo steccato pel “giuoco del toro” al­zando gli occhi vide le finestre dell'ap­partamento di don Luigi dell'Hoyo illu­minate, ed entrando nel primo cortile, vi­de nell'oscurità errar delle ombre e lucci­car armi...


Luigi Natoli: I cavalieri della Stella ovvero La caduta di Messina
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