Quel giorno sebben
festivo, non era uno di quelli assegnati per la visita, e Tullio doveva
contentarsi di veder la sua Rosalia da lontano, scambiar con lei qualche
sorriso, qualche gesto furtivo, e dirsi con gli occhi tutte le parole tenere
che le bocche non potevan pronunziare. La gente, che aspettava la processione,
non gli badava: qualche amico passando, e dato uno sguardo, barattava una
parola, salutava, e tirava innanzi per non essere di troppo; ma due cadetti di
cavalleria, che si eran già fermati anch’essi in quei paraggi a poca distanza
da Tullio, e avevan sorpreso qualche segno telegrafico delle dita, cominciarono
fra loro a ridere e a far delle smorfie canzonatorie, che fecero più volte
aggrondar le sopracciglia e arrossir Tullio per la stizza.
Erano allora i cadetti giovani
di famiglie civili o signorili, che entravano volontari nella milizia per far
carriera. Non eran semplici soldati, ma non eran neppure ufficiali, qualche
cosa come gli allievi delle nostre accademie militari. Vagheggini, eleganti,
approfittavano della loro condizione privilegiata, ed erano spesso insolenti,
prepotenti e rissosi.
Quei due cadetti
indossavano una bella uniforme turchina gallonata d’argento, con le piccole
falde rivoltate indietro ad angolo, coi calzoni di pelle bianca aderenti alla
coscia, e gli stivali alla scudiera lucidi come specchi. Stavano piantati con
le gambe larghe, la sinistra sull’elsa della sciabola, l’alto kepy di cuoio, largo
di fondo, e stretto di testa, calato sull’orecchio destro, con un’aria brava,
provocante, che cominciava a far fremere Tullio Spada, e a mettergli nelle mani
un tal pizzicore, che egli dovea fare uno sforzo per raffrenare i suoi nervi, e
non farne qualcuna delle sue. Soprattutto lo forzava alla prudenza, il timore
di spaventar Rosalia.
Ma i due cadetti, presero
quella prudenza per paura, e divenuti più coraggiosi ed insolenti, si
avvicinarono ancor più a Tullio, sghignazzando. Anzi, uno di essi alzati gli
occhi al balcone di Rosalia, spinse la sua sguaiataggine sino al punto di
rifare un gesto del giovane.
Non ci volle altro.
Senza dire una parola,
serrando le mascelle, ma con certi occhi che schizzavan vampe, Tullio Spada, si
avvicinò ai due cadetti; e buttato via il bastone che gli era di impaccio, li
acciuffò pel petto uno da destra, uno da sinistra, squassandoli con così
violenta rapidità che quelli non ebbero né il tempo, né il modo di scansare
l’assalto e difendersi.
Rosalia mandò un grido di
spavento; al suo grido fecero eco quello di sua madre e suo padre, il signor
Anselmo, che stupìto e spaventato si mise a gridare:
- Tullio! Tullio!...
Quelle grida, gli urli dei
cadetti, lo sbatacchìo delle sciabole sul selciato, fecero voltar la gente, che
non si era accorta di nulla, tanto il gesto di Tullio era stato subitaneo. Ma
alla vista confusa di quei tre corpi che si agitavano scompostamente, non
sapendo che fosse, le donne, levando alti strilli, scapparon di qua e di là,
gli uomini indietreggiarono, intorno a Tullio ed ai cadetti, si fece largo e
apparve allora agli occhi di tutti uno spettacolo così singolare, che la paura
si mutò in stupore.
I due cadetti, rossi in
viso, col capo nudo, (che i kepy dopo aver dondolato un po’, eran caduti) con
le uniformi sbottonate, sgualcite, facevano sforzi per liberarsi dalle mani di Tullio
Spada; ma quelle mani parevan due morse di acciaio, e le braccie due leve
possenti che sbattevano i malcapitati in alto, in basso, a destra e a sinistra
come due burattini. Sbuffando, sacramentando, non potendo liberarsi da quelle
mani indiavolate, i cadetti cercavano di sguainare le sciabole; ma Tullio Spada
compì un gesto, che suscitò la meraviglia di tutta la folla.
Con un gesto, che pareva
non gli costasse alcuno sforzo, così acciuffati come li aveva, sollevò i due
cadetti in alto, uno a destra, l’altro a sinistra; li sollevò oltre la sua
testa; li tenne così un attimo, quasi per godersela a vederli buttar le gambe
in aria; e, come fossero stati i piatti di una gran cassa, li battè, uno contro
l’altro, una volta, due volte, tre volte…
Pareva battesse due
pantofole per spolverarle. La folla dapprima sbalordita alla forza prodigiosa
di quei muscoli e di quei nervi, ruppe in grida di entusiasmo, come a uno
spettacolo.
Luigi Natoli: Braccio di Ferro avventure di un carbonaro.
Prezzo di copertina € 22,00 - pagine 342 - Copertina e illustrazioni interne di Niccolò Pizzorno.
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Nessun commento:
Posta un commento