martedì 6 giugno 2017

Luigi Natoli: Atenione, un uomo dal quale Spartaco avrebbe dovuto imparare...


Atenione era un un bell’uomo, nativo di Cilicia, ridotto in servitù per cagione di guerra; aveva riputazione di conoscere le virtù delle erbe, leggere negli astri e trarre gli auspici dai segni animali, dalle piante, dai fenomeni meteorologici. Poiché era anche abile nei conteggi, Caio Cecilio, lo abbiamo veduto, ne aveva fatto un attore, il che gli dava una certa libertà, per lo meno una condizione di privilegio. Ma egli non ne abusava; era verso gli altri schiavi umano, e quando poteva, risparmiava loro i castighi. Gli schiavi gli volevano bene, e lo avevano in conto di medico, consigliere, aruspice; sicchè automaticamente egli, mentre era l’intendente di Caio Cecilio, era diventato il capo ed il pastore di quella mandra.
Atenione aveva assistito alla flagellazione senza dar segno di riprovazione o di sdegno ma chiudendo nel profondo petto uno spirito di ribellione. Prima che cessasse il supplizio, era andato in casa e aveva preso del vino generoso e dell’olio; poi nell’orto aveva raccolto foglie di centaurea minore, di cavolo e ramoscelli di cipresso; e così provvisto aveva raggiunto i servi nell’ergastolo.
Intorno a lui si erano accalcati gli altri servi, e cominciarono a parlare ed a ricordare altri supplizi, e di servi morti sotto le verghe, e di impiccati e di crocifissi. Ognuno aveva la sua storia: si rifacevano dal giorno in cui erano caduti in schiavitù; chi per debiti, chi perché prigioniero di guerra, chi perché sorpreso dai pirati e venduto. Ma v’era chi, essendo nato da schiavi, in casa, un “verna” e perciò servo fin dalla nascita, aveva più storie da raccontare. E da tutte quelle storie affiorava un rancore gonfio del desiderio di vendetta contro i padroni inumani. Ognuno ricordava la sua condizione di quando era libero in patria: erano mercanti, artieri, maestri di scuola, capitani di milizie di terra o di naviglio; uomini che avevano esercitato uffici pubblici; avevano fatto leggi, avevano amministrato giustizia; qualcuno aveva anche posseduto schiavi, e protestava che non era stato così inumano e crudele come quei cavalieri romani, nuovi arricchiti. Fra quei discorsi serpeggiava uno spirito di ribellione, ma nessuno osava di approfittarne, come se qualcosa di più forte soffocava sotto il suo peso ogni energia...
 
Luigi Natoli: Gli Schiavi.
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