Il
magnifico Pietro Mocenigo per rintuzzare le armi di Maometto II, scorreva le
isole e le coste della signoria turca; alla barbarie musulmana opponeva
barbarie cristiana; ma né l’uno né l’altro accennavano di venire a giornata; e
stavano i popoli dall’una e dall’altra parte in grandi apprensioni; i cristiani
più dei turchi, perché sapevano gli armamenti che faceva il Sultano in
Gallipoli.
Strane
e paurose voci venivano dall’Oriente; si accennavano disegni di terribile
grandezza, invasione di tutto un popolo tratto dalle più barbare regioni
dell’Asia e rovesciato per tutta l’Europa; un fiero sconvolgimento che avrebbe
allagato di sangue il mondo, cancellato le nazioni, piantato la mezzaluna sui
frantumi della Croce. E si parlava delle abitudini orribili di quei barbari,
che si cibavan di carni umane e beveano nei teschi umano sangue... Onde il
terrore invadeva gli animi a ogni evento favorevole alle armi di Maometto, in
quelle guerre di rappresaglie e di depredazioni.
Una
sera Pietro Mocenigo stava sulla capitana col sopracomito Coriolano Cippino,
col provveditore e alcuni ufficiali: divisavano un ardito colpo di mano per la
vegnente notte; quando la sentinella di prua si accorse di un piccolo battello,
che sciava silenziosamente tra i fianchi della Capitana e della Padrona. Diede
l’allarme e puntò l’arco verso il rematore; questi con un vigoroso colpo di
remo si tolse al bersaglio, e sostando, levato il alto il berretto, gridò:
- Viva San Marco!
- Viva San Marco!
Tosto
si affacciarono al parapetto della Capitana marinari e soldati; il capitan
generale con la spada in mano, si fece innanzi:
-
Chi grida: Viva San Marco?
-
Per la croce di Dio, magnifico Signore, non son né cane, né rinnegato; fuggo
anzi la terra degli infedeli... Comandate che levino quegli archi, che
certamente nessun onore ne verrebbe ad ammazzare un cristiano; e fatemi
piuttosto calare una corda che ho gran voglia di parlarvi...
-
Come ti chiami?
-
Antonio Duro...
... Pietro
Mocenigo e i marinari contemplavano quel giovane vigoroso e bello, che narrava
quella fuga miracolosa con la più grande semplicità, come se nulla fosse stato.
Quando finì di parlare, un mormorio di ammirazione sorse dalla bocca di tutti...
... Io
ho un fratellino, signor Pietro, e una sorella, che al mondo non hanno altri
che me; a quest’ora, chi sa!... andranno limosinando... poveretti loro!...
Bene; se la Serenissima promette di soccorrere questo fratellino e questa
sorellina che mi ho; io, da canto mio, prometto di andar solo a bruciar tutte
le navi e l’arsenale degli infedeli!...
...corrono
i turchi, neri e spaventati, tra le fiamme, urtandosi, rovesciandosi l’un su
l’altro; e per fuggire l’incendio buttansi a nuoto nel mare, e intanto
scoppiano le casse della polvere con orrendo fragore; il fuoco si appicca ad
ogni parte; le galee incolumi fuggono le vampe; e fra le acque, tra i
fuggiaschi che nuotano, in mezzo a una moltitudine di spettatori allibiti dallo
spavento, che si affollano sul molo e sui ponti delle galere salve, le sei navi
turche fiammeggiano crepitando, e i galeotti incatenati al remo, ululano per la
orribile morte, ed urlan gli spettatori dal lido e dalle navi. Ma
ecco; fra le galee che ardono, guizza una barchetta. Ritto sulla poppa, un uomo
con la miccia sulla sinistra e un remo nella destra. I riflessi dell’incendio
lo illuminano; coi capelli sparsi all’aura, il viso sfavillante, pare un nume
sterminatore, l’apportatore degli incendii...
... Io
son cristiano e Siciliano, tu infedele e saracino; fra noi non può essere
amicizia. Avevo deciso di rovesciar la tua potenza, e liberare la cristianità
dalle tue ruberie, a mandarti all’inferno te e i tuoi! Pazienza! L’impresa è
andata a vuoto... Sei galere son poca cosa...
Il
Gran Signore guardò sbalordito l’audace siciliano; tacevano intorno i valorosi,
che si sentivano piccini innanzi a quella grandezza d’animo straordinaria...
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