lunedì 2 marzo 2015

Luigi Natoli - Fioravante e Rizzeri: prefazione di Francesco Zaffuto

La narrazione di “Fioravante e Rizzeri” evolve con un carattere binario: da una parte l’aggrovigliata sceneggiatura roboante dell’opera dei pupi e dall’altra una vicenda di vita familiare.
Il puparo, don Calcedonio, sta mettendo in scena una delle storie cavalleresche per i Pupi* e costruisce pazientemente le scene. Nel suo procedere, la vicenda dei pupi diventa sempre più fantastica mentre la sua vicenda umana si immiserisce sempre di più.
Natoli in quest’opera sta nel solco di Cervantes e di Calderon De La Barca; anche il suo protagonista vive in un sogno; ma in questo sogno non è il personaggio principale, come lo fu Don Chisciotte, e neanche uno dei tanti personaggi; don Calcedonio è il puparo, colui che muove i sogni, costruisce la scena, lustra amorevolmente i suoi pupi prima di ogni rappresentazione, dà loro la voce e li manovra. Non è avvolto nel sogno come Don Chisciotte, è consapevole che tra la vita e il suo sogno c’è una distanza, sono due piani distinti, eppure vuole che qualcuno di quegli ideali cavallereschi si possa trasferire nella vita, almeno un minimo di onore e di onestà.
Siamo tutti pupi, dirà Pirandello, contemporaneo del Natoli, nel suo Berretto a sonagli, ed ogni pupo vuole difendere la sua onorabilità, la sua immagine; e don Calcedonio nella vita è pupo come tutti gli altri e vuole mantenere una rispettabilità nel sociale. Le trame antiche del suo teatro gli suggeriscono l’azione, la voce forte, il farsi giustizia con un bastone; e più di una volta il puparo si comporta come uno dei suoi pupi in scena. Ma questo romanzo-tragedia di Natoli va oltre la maschera sociale ed umana; è il conflitto esistenziale del padre, del grande puparo, dello stesso Creatore. Il puparo si aspetta che i pupi si muovano secondo il movimento che ha impresso con la mano, secondo le finalità della commedia che si deve rappresentare. Don Calcedonio si danna perché nella realtà ogni pupo ha la sua vita propria e lui non riesce, con tutta la sua buona volontà, a dare un indirizzo, un consiglio neanche alla sua unica ed amata figlia.
Don Chisciotte muore quando il sogno scompare, il puparo Calcedonio alla fine riesce a conciliare la vita e il sogno: lascia ogni attaccamento, anche quello che aveva per il pubblico e per le pareti decorate del suo teatro, ama i pupi di carne e di latta per quello che sono, risolve con la pietà il suo problema di deità.
Ogni scrittore in qualche modo è un puparo, costruisce ed ama le scene e i suoi personaggi; il grande puparo Luigi Natoli con “Fioravante e Rizzeri” ha costruito un romanzo difficile, originale e di notevole grandezza.
Francesco Zaffuto

*la storia cavalleresca che prepara il Puparo è ben riconoscibile in quella del Secondo Libro de I Reali di Francia nella versione di Andrea Jacopo da Barberino (1370 – 1432). Alcuni nomi nella versione di Natoli sono leggermente diversi dalla versione dell’antico autore toscano, il Rizieri diventa   Rizzeri e anche altri nomi appaiono leggermente storpiati. Anche per lo stesso titolo dell’opera, nei manoscritti originali dell’autore, compare Rizzeri. Forse Natoli ha voluto mettere in risalto quella particolare sicilianità operata dai pupari nel loro dare voce ai Pupi.

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