Il signor Pietro Barcellona di Carini, raccogliendo in un grosso
volume di varia materia, le memorie della sua terra natale, e rifacendo secondo
la sua fantasia o leggenda o “storia vera” della baronessa di Carini, praticò
delle ricerche in quell’archivio parrocchiale,
già frugato dal Salomone-Marino; e trovò nel registro dei morti dall’anno 1559
al 1575, a carte 38, verso, sotto il
mese di dicembre, le due noterelle conosciute oramai dagli studiosi, ma che
giova riprodurre:
“A di 4 dicembre, VII ind. 1563, fu morta la Baronessa
Laura La Grua. Seppellio a la matri ecl.”
A scanso di equivoci noto qui, che alla dizione “fu morto,
fu morta” non do, come ha fatto qualcuno, il significato toscano di “fu
ucciso”. Essa è la traduzione del latino mortus,
mortua est, ed equivale a “morì”. È la forma usata in Sicilia, in tutti gli
atti di morte e dai cronisti.
E immediatamente sotto:
“Eodem, fu morto Ludovico Vernagallu ecc.”
Eodem, cioè lo stesso giorno.
La data è identica a quella del diario del Paruta; ma il
nome della donna non è quello dato dall’Auria, né quello del poemetto; invece
di “Caterina” essa di chiama “Laura”; e il Vernagallo, morto lo stesso giorno –
si noti bene – non è quel Vincenzo che se ne andò in Spagna e di cui favoleggia
il poemetto, ma un Ludovico, diverso dal padre di Vincenzo, il marito di
Elisabetta La Grua, che già era morto sette anni prima, come afferma il
Salomone-Marino.
Nessuna
delle figlie di Vincenzo La Grua si chiama Laura, e nessuno dei fratelli di
Vincenzo Vernagallo si chiama Ludovico...(Tratto da "Un poemetto siciliano del secolo XVI di Luigi Natoli" , trattato storico del 1910 pubblicato nel volume "La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue". )
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