Qualche volta, passando
per una stradetta, sopra una porta, vedo pendere un cartellone con dipinti in
quadri alcuni episodi di quello che si rappresentava la sera nel teatro delle
marionette; e vi leggevo i nomi di Fioravante e di Rizzeri. La storia di Andrea
da Barberino si era rifugiata lì: Fioravante e Rizzeri erano tramutati in teste
di legno, come tutti gli altri campioni del valore e della fede; ma anche in
quelle vesti che destano in noi un sapore di cose nuove. In un quadro v’erano
due guerrieri, che abbassavano le armi e un leone fra loro in atto di
separarli; in un altro, una folla di popolo e una regina condotta al rogo: i
cavalieri erano vestiti con le armature del cinquecento, con un salto di mille
e duecento anni. Non importa nulla. Pel popolo abituato a quel teatro e pel puparo,
ossia per l’ “oprante” tutte queste differenze sparivano nell’antico, in cui
tutto accadeva senza distinzione di tempo, di luoghi, di costumi: ma l’onda di
poesia che scaturiva anche da quelle piccole teste di legno era possente e
riecheggiava nelle anime semplici degli spettatori.
Ripresero il combattimento,
ma questa volta il leone, ruggendo più fieramente del solito, si cacciò in
mezzo ai combattenti, e rizzatosi sui piedi posteriori, sicché era più alto di
tutti, e fra lo stupore e lo sbigottimento di quanti erano a vedere lo
spettacolo, disse a gran voce: - Fermatevi! Troppo avete combattuto, e troppo io ho taciuto!
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