lunedì 15 febbraio 2021

Luigi Natoli: La prima guerra servile (139 a.C.) Tratto da: Storia di Sicilia.

Distrutta Cartagine, la Sicilia non ebbe più per Roma l’importanza di un centro d’operazioni; e mancò per questo l’interesse, cessando per l’Isola quella relativa prosperità che aveva goduto fin allora. Aperta ad avventurieri romani, che avevano la preferenza nelle terre censorie, proprietà della Repubblica, costoro cominciarono ad ingrandire i loro possedimenti, assorbendo e distruggendo le piccole proprietà; e formando quei latifondi, che furono causa del decadimento dell’agricoltura. I Siciliani ricchi seguirono il loro esempio; così vennero via via a mancare gli agricoltori; e per coltivare queste grandi estensioni di terreni, si rese necessaria l’opera degli schiavi. Il numero dei quali era, con le conquiste in Oriente, cresciuto enormemente in Italia, non solo per prigionieri, ma anche per le prede fatte dai pirati cretesi, che facevano orrido commercio di creature umane.
In Sicilia furono impiegati all’allevamento del bestiame e alla coltivazione della terra. Lavoravano con la catena al piede sotto la guardia di feroci aguzzini, la notte erano chiusi negli ergastoli, erano mal nutriti, bollati con marchi roventi, potevano essere uccisi dai padroni, impunemente: spesso per nutrirsi e vestirsi derubavano i viandanti. Bande di predoni scorazzavano così per le campagne; nè i Pretori provvedevano. Ma le crudeltà dei padroni e la miserabile vita fomentavano odi, desideri di libertà e di vendetta negli schiavi delle città.
Fra i padroni odiatissimi erano un Damofilo di Enna e la moglie Megallide, gli schiavi dei quali cominciarono a cospirare; e interrogato uno schiavo siro, Euno, che godeva fama di indovino, una notte forzati gli ergastoli e spezzate le catene assalirono improvvisamente la città di Enna, vi uccisero quanti potevano, e se ne fecero padroni (139 a. C., forse). Damofilo e la moglie, cercati e trovati in campagna furono uccisi; ma non fu torto un capello alla loro figlia, che aveva sempre usato pietà per gli schiavi; anzi fu tutelata e accompagnata presso i parenti. Alla notizia della rivolta, altre torme di schiavi accorsero a ingrossare le file di Euno, che prese il titolo di re, e in memoria della patria si rinominò Antioco. I pretori non avendo sufficienti forze, furono battuti; il che fece accrescere ancor più l’esercito ribelle. Un certo Cleone cilicio, intanto raccolto un migliaio di altri schiavi, venne a unirsi a Euno, lasciandogli il titolo e le insegne di re e tenendo per sè il comando supremo dell’esercito. Forti di ventimila combattenti, gli schiavi batterono successivamente i Romani, talvolta impadronendosi anche degli accampamenti, e facendo numerosi prigionieri. Due eserciti mandati da Roma, con L. Ipseo il primo, con L. Planico il secondo, furono sconfitti.
Poichè v’erano in Italia agitazioni per la legge agraria di T. Gracco, e altre rivolte scoppiavano in Oriente, era necessario e urgente per Roma domare i ribelli di Sicilia. Un forte esercito fu mandato col console Rupilio, che andò ad assediare Tauromenio, ma non riuscendo a espugnare la rocca con la forza, la cinse di blocco.
La carestia e la fame costrinsero i ribelli a orrende cose, poi per tradimento la rocca fu presa, e con essa la città con grande strage.
Compiuta quest’impresa, Rupilio si rivolse ad Enna, dove si eran chiusi Euno e Cleone; e cinse anch’essa di assedio, senza speranza di soccorsi. Cleone, preferì morire da prode: uscito con l’esercito affrontò il nemico, e cadde trafitto da più colpi. Euno potè fuggire con un migliaio di schiavi. Enna fu presa, dei prigionieri fu fatto scempio. Rupilio corse indi a dar la caccia a Euno, che raggiunse e accerchiò: gli schiavi, anziché rendersi si uccisero scambievolmente. Euno non ebbe questo coraggio: fu preso con quattro suoi servi, e gittato nel carcere di Morganzio, dove forse morì. Ma altri dice a Roma, dove poi fu condotto.
Non ebbe nè valore di duce, nè mente di ordinatore, nè animo di re, e non seppe approfittare della fortuna che gli aveva posto in mano un esercito così numeroso, e di gente disperata e doveva miseramente finire.
Rupilio scorrazzò per l’Isola, distruggendo le bande scomposte e disorientate degli schiavi, poi attese a riformare gli ordinamenti della provincia con quella legge che da lui prese il nome, e che mirava principalmente ad assicurare un miglior funzionamento della giustizia verso i non romani. Seguì un periodo relativamente calmo, nel quale al governo di Sicilia si alternarono Pretori non tristi con altri cattivi e disonesti, come quel M. Marco Papino Carbone, detto da Cicerone “gran ladro”.



Luigi Natoli: Storia di Sicilia (dalla preistoria al fascismo) – Il volume, è la fedele riproduzione dell'opera originale pubblicata con lo pseudonimo di Maurus dalla casa editrice Ciuni nel 1935, e si divide in sette parti: Libro Primo (dalla preistoria alla conquista bizantina) Libro Secondo (dai Bizantini alla conquista Normanna) Libro Terzo (dalla nascita del Regno di Sicilia al Vespro siciliano) Libro Quarto (la Sicilia sotto gli Aragona) Libro Quinto (dai re di Casa d'Austria alle guerre di successione) Libro Sesto (Il dominio dei Borboni) Libro Settimo (Il Risorgimento). Il volume si conclude con la Bibliografia delle principali fonti consultate dall'autore e dall'Indice analitico dei luoghi e delle persone. In tutta l'opera Luigi Natoli padroneggia la materia con grande perizia storiografica e con la competente erudizione del grande letterato senza mai annoiare il lettore, analizzando i fatti con imparziale lucidità e con un linguaggio moderno, facendone un testo di riferimento ancora attuale e di facile consultazione. La copertina, di Niccolò Pizzorno, raccoglie alcuni dei personaggi "perno" della Storia di Sicilia, sullo sfondo degli stemmi delle principali famiglie nobili siciliane e della Trinacria. 
Pagine 509 – Prezzo di copertina € 24,00 
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