lunedì 15 febbraio 2021

Luigi Natoli: Il vicerè Moncada e la rivolta di Giovan Luca Squarcialupo. Tratto da: Storia di Sicilia.

Non ostante i reclami, il Moncada, forte dell’amicizia di alcuni signori, era riuscito a farsi riconfermare per un secondo triennio; e sperava una terza ricompensa, quando gli giunse privatamente notizia della morte del Re. Costui la tenne occulta, non convocò, come doveva, il Parlamento, nè depose l’incarico di reggere il governo, nelle mani del Gran Giustiziere come era disposto. Ma la notizia della morte del Re veniva diffusa dal conte di Golisano, quel medesimo che aveva sedato il tumulto del 1511; il quale scelto come ambasciatore di Catania, sostenne in Parlamento che il Moncada era scaduto d’ufficio e i principali baroni, fra cui il conte di Cammarata, convennero con lui. Il Vicerè, disperando di riuscire, ricorse al Sacro Consiglio, nel quale aveva amici, e questo giudicò doversi applicare la prammatica di re Giovanni, che prescriveva che in caso di morte del sovrano il vicerè rimanesse in carica, fino alle disposizioni del nuovo re. Allora don Ugo sciolse il Parlamento, ma i baroni non si sciolsero: uscirono dalla città tutti insieme, e raccolti i procuratori dei comuni demaniali s’adunarono a Termini, e nel duomo acclamarono Carlo e Giovanna, e fecero redigere un atto notarile, il 5 marzo 1516.
Allora il Moncada si risolvette a far l’acclamazione dei nuovi sovrani; però mentre cavalcava per la città, avvenne un tumulto contro gli ebrei convertiti. La vista di don Ugo, mutò l’umore del popolo, che cominciò a gridare: fuori Moncada! Egli turbato si rinserrò nello Steri; e per ingraziarsi il popolo, sospese la riscossione di un gravoso donativo; obbligò Gian Luca Barbieri a lasciar l’ufficio di Capitano Giustiziere, e preparò una frode. Infatti, essendo stato d’urgenza convocato il Consiglio Civico composto dai consoli delle maestranze, vi si diffondeva la voce dell’arrivo d’un messo reale. Il Pretore e i Giurati sospeso il Consiglio, accorsero per onorarlo, trascinandosi il popolo; ma il messo reale fu riconosciuto per un famiglio del Vicerè e le patenti regie, che confermavano il Moncada, furono per la prontezza di un popolano riconosciute false. Ne nacque più fiero tumulto: il popolo si armò, corse a piazza Marina ad assalire lo Steri con sassi, e artiglierie. Il Vicerè, travestito, ricoverò sulle galere del prossimo porto. Il conte di Adernò, Blasco Lanza e altri partigiani del Vicerè fuggirono; lo Steri fu saccheggiato. La folla risalì pel Cassaro, via principale, e giunse alla reggia, dove era allogato il Sant’Offizio, e tratto l’Inquisitore fra’ Cervera, lo menava a caval d’un asino alla Cala ad imbarcarsi.
Il Senato assumeva il potere...
Ettore Pignatelli, conte di Monteleone, calabrese, di nobile e antica schiatta, seguendo le istruzioni regie, rimetteva negli uffici gli antichi partigiani del Moncada. Questo fatto, l’esilio dei due presidenti a Napoli, e più di tutto l’assenza dei conti di Golisano e di Cammarata, dei quali si diceva fossero decapitati o imprigionati, tenevano Palermo agitata e sospetta. Di questo stato d’animo approfittò Giovan Luca Squarcialupo, giovane discendente da patrizia famiglia oriunda da Pisa, ma di scarsa fortuna. Costui vagheggiava nell’animo disegni di liberi reggimenti, come quelli di Pisa, e comunicatili ad altri giovani fidati e a popolani coraggiosi e pronti ai rischi, li adunò nel castello di Margana presso Vicari, dove si accordarono sul da fare. Dei nobili v’erano fra gli altri Baldassare Settimo, Cristoforo de Benedetto, Alfonso La Rosa, Pietro Spatafora. Si stabilì di assalire i giudici della Magna Curia e gli altri magistrati, strumenti già del Moncada e ora del Monteleone, il 23 luglio 1517, nel Duomo, durante il vespro di S. Cristina, patrona della Città.
Ma quel giorno la congiura fu rivelata al Luogotenente Generale, il quale turbato sospendeva la cavalcata festiva, e si chiudeva nello Steri con pochi soldati. Lo Squarcialupo e i suoi compagni appena udite le campane del Duomo, vi corsero e lo trovaron deserto: capirono di essere stati traditi, ma non desistettero. Ucciso Paolo Gaggio, innocuo archivario del Comune, corsero per la via Marmorea o Cassaro. Erano ventidue, ma poco dopo diventarono moltitudine, e gridando: muoiano gli assassini dei conti, investirono lo Steri. Il Pignatelli credette ammansirli con parole da una finestra, affermando che i conti erano vivi, ma non fu inteso. Era calata la notte, la folla era cresciuta, e suonavano le campane a stormo. Al chiarore delle torce lo Steri fu preso d’assalto; due giudici della Magna Curia furon precipitati dalle finestre: il conte di Monteleone, snidato, non ebbe torto un capello, ma disarmato, fu condotto e chiuso nella Reggia. La rivolta dilagò: ucciso Priamo Capozzo, giurista e poeta, cercato invano Blasco Lanza, ne fu bruciata la casa e vandalicamente distrutta la ricca biblioteca. La fuga salvò i partigiani più noti del Moncada. Il Sant’Offizio fu dato alle fiamme. Termini, Trapani, Catania, paesi minori insorsero; rinacquero antiche gare e fazioni e dappertutto uccisioni, incendi, rovine.
Lo Squarcialupo rifaceva il Senato, e riprendeva il suo posto di giurato, il pretore Giovanni Ventimiglia mandava lettere a Catania e un’altra al Re, esponendo le ragioni dei fatti, e supplicandolo di rimandare i Conti. In fondo a tutto questo movimento c’era l’avversione allo straniero e l’aspirazione all’indipendenza.
Ma nell’ombra si tramava la controrivolta. Due fratelli Bologna, Nicolò e Francesco, la concepirono, si intesero con Pompilio Imperatore, Pietro d’Afflitto, Alfonso Saladino e Girolamo Imbonetta, ed offersero al Luogotenente di ammazzare lo Squarcialupo e i compagni. Il Pignatelli ne gioì.
L’8 settembre del 1517 convenivano nella chiesa dell’Annunziata a Porta S. Giorgio, lo Squarcialupo coi Bologna, coi seguiti, e vollero prima udir messa: ma nel mentre il sacerdote celebrava, a un segno del Ventimiglia, Nicolò Bologna si getta su Cristoforo de Benedetto e lo ammazza, Pietro d’Afflitto uccide Alfonso Rosa, Pompilio Imperatore dopo un attimo di lotta abbatte Gian Luca Squarcialupo. Allora Giovanni Ventimiglia esce, e arringa la folla stupita: gli armati condotti dai congiurati escono gridando Viva il re e muoiano i traditori: i partigiani di Gian Luca pavidi si sbandano. Cominciano le uccisioni e durano fino a sera. Seguono bandi e leggi severe, si ricostituisce un nuovo Senato, e si inviano lettere al Pignatelli, che era fuggito a Messina, per farlo ritornare.
La cospirazione di Gian Luca Squarcialupo, nata da generosi sentimenti, si svolse con mezzi inadeguati e senza un fine determinato: egli fu biasimato, e i suoi uccisori lodati. Ma con questa dello Squarcialupo comincia la serie delle sommosse delle cospirazioni, delle rivoluzioni contro la Spagna, segno di irrequietezza per la perduta indipendenza.
Il Luogotenente, a cose quiete, ritornato in Palermo, ordinò processi: i popolani furono impiccati; gli uccisori dei giudici furono alla loro volta precipitati dalle finestre dello Steri; i fratelli e lo zio dello Squarcialupo decapitati, le loro case abbattute. Seguirono altri supplizi. Così egli annunziò al Re di aver salvata la Sicilia. Il Re lo nominò vicerè.

Luigi Natoli: Storia di Sicilia (Dalla preistoria al fascismo) Il volume, è la fedele riproduzione dell'opera originale pubblicata con lo pseudonimo di Maurus dalla casa editrice Ciuni nel 1935, e si divide in sette parti: Libro Primo (dalla preistoria alla conquista bizantina) Libro Secondo (dai Bizantini alla conquista Normanna) Libro Terzo (dalla nascita del Regno di Sicilia al Vespro siciliano) Libro Quarto (la Sicilia sotto gli Aragona) Libro Quinto (dai re di Casa d'Austria alle guerre di successione) Libro Sesto (Il dominio dei Borboni) Libro Settimo (Il Risorgimento). Il volume si conclude con la Bibliografia delle principali fonti consultate dall'autore e dall'Indice analitico dei luoghi e delle persone. In tutta l'opera Luigi Natoli padroneggia la materia con grande perizia storiografica e con la competente erudizione del grande letterato senza mai annoiare il lettore, analizzando i fatti con imparziale lucidità e con un linguaggio moderno, facendone un testo di riferimento ancora attuale e di facile consultazione. La copertina, di Niccolò Pizzorno, raccoglie alcuni dei personaggi "perno" della Storia di Sicilia, sullo sfondo degli stemmi delle principali famiglie nobili siciliane e della Trinacria. 
Pagine 509 – Prezzo di copertina € 24,00

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