Dopo la caduta del
padre, il fanciullo era stato strappato alle cure materne.
La madre, madonna
Isabella, era stata costretta a chiudersi in un monastero; egli fu dato al
capitano di Catania; parendo forse al vecchio duca di Montblanc, atto di
crudeltà, imprudente, impolitico, far uccidere per mano del boia un fanciullo
innocente.
Il capitano di
Catania si condusse col piccolo orfano, come presso a poco, parecchi secoli
dopo si condusse mastro Simon col Delfino di Francia. La sua educazione, o
meglio la sua tortura doveva avere lo scopo di fargli dimenticare la sua
origine e la tragedia che aveva distrutto la sua famiglia. Il capitano di
Catania, che forse aveva dei peccati da farsi perdonare dal re, adempiva al suo
ufficio con soverchio zelo: il che sollevò qualche rimostranza nei signori, che
alla fine vedevano in quelle torture una offesa alla loro casta.
Dopo la partenza del
vecchio duca di Montblanc pel trono d’Aragona, qualcuno suggerì a re Martino di
addolcire il regime di educazione di Giovannello Chiaramonte. E allora il re lo
diede alle cure di messer Guglielmo Ventimiglia, che nella sua qualità di
parente, poteva dar colore più umano alla prigionia.
Al filo di ferro
aveva sostituito un filo d’argento; ma la prigionia non mutava.
La fanciullezza di
Giovannello era trascorsa tra rigori e paure; la adolescenza cominciava fra paure
e rigori.
Il suo vigile zio
gli consentiva la più grande libertà purchè non oltrepassasse le mura del
castello. E fino a che Giovannello non ebbe toccato i quattordici anni, la
corte poteva sembrargli abbastanza spaziosa, e i cavalli che oziavano nella
scuderia gli davano sufficiente agio ad esercitarsi.
Ma quando
l’adolescenza, che per lui fu precoce, cominciò a schiudere il suo petto a
nuovi desideri, la vista delle campagne ampie e verdi, dei boschi folti, delle
montagne che si succedevano con tinte azzurre sempre più tenui e sfumate, gli
accendevano l’anima e fremiti nuovi gli martellavano le arterie.
Giovannello sapeva
di esser un Chiaramonte; ma ignorava che suo padre era morto, decapitato come
fellone e che sua madre era ancor viva, chiusa in un monastero a Girgenti. Una
volta, che egli domandò allo zio che ne fosse dei suoi parenti, n’ebbe un così
fiero rimbrotto, che tutto il giorno non osò dire una parola.
Perché mai messer
Guglielmo lo rimproverava? perché non gli era lecito domandar conto dei suoi
genitori? perché non se ne doveva parlare? Queste domande, che implicavano la
tragica storia della sua casa, cominciarono a martellargli il cervello: egli
intuiva che ci doveva essere qualche cosa di misterioso o di grave.
Come saperlo?
Luigi Natoli: Il Paggio della regina Bianca – Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1401, quando è appena tramontata la grande epoca chiaramontana. L’opera è ricostruita e trascritta dal romanzo originale pubblicato della casa editrice La Gutemberg nel 1921.
È
la presunta storia di Giovannello Chiaramonte, figlio di Andrea, che cerca di
risollevare la gloria del suo casato contro il gran giustiziere Bernardo
Cabrera, il re Martino e la regina Bianca di Navarra.
Pagine 702 – Prezzo di
copertina € 22,00
Disponibile dal sito www.ibuonicuginieditori.it, www.lafeltrinelli.it, Amazon Prime e tutti i siti vendita online.
In libreria a Palermo presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133) La nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera s.a.s. (Via N. Turrisi n. 15), Libreria Sellerio (Viale Regina Elena, Mondello), Libreria Sciuti (Via Sciuti n. 91/f)
Nessun commento:
Posta un commento