La signora duchessa stava
nel suo abbigliatoio, seduta dinanzi allo specchio, avvolta in un ampio
accappatoio di mussola bianca, sparso di fiorellini rosa. Di qua e di là due
cameriere, reggevano dei vassoi d’argento carichi di boccette d’odori, vasetti
di pomate, ferri, forcine, spazzole, armature di fil di ferro, riccioli finti;
scatole di cipria, pennellini da dipingere ciglia e nei. Monsù, dietro alla
signora, con le agili sapieni mani volgeva e svolgeva le chiome, prendendo dai
vassoi quel che gli occorreva per costruire quella pettinatura, mirabile ma
difficile edificio, che richiedeva un buon paio di ore di lavoro. Intanto
faceva la cronaca del giorno. Più in là, seduto sopra una elegante seggiola,
con l’occhialetto in mano, il signor cavaliere Gallego, dei principi di
Militello, onorato delle funzioni di cavalier servente della nobile dama.
La duchessa di Falconara non era più
giovane; i maldicenti che la conoscevano da un pezzo, assicuravano che essa
avvicinavasi alla cinquantina. Ne aveva infatti quarantasette: ma ci voleva uno
sforzo di immaginazione per riconoscere tanta maturità nel volto ancor fresco e
roseo e nella vivacità dello sguardo e del gesto; tanto più che l’arte sapiente
di Monsù sapeva cancellare le lievi ingiurie del tempo agli angoli degli occhi,
e qualche capello bianco spariva sotto il niveo strato della cipria.
Era bella, col suo piccolo naso
lievemente curvo, gli occhi grandi, neri, acuti, un carattere di alterigia e di
volontà nell’insieme del volto. Non ostante l’espressione di dolcezza e di
tranquillità che ella cercava di dare al suo sorriso e al suo sguardo, segno di
una intima soddisfazione, c’era talvolta in essi una durezza, o per lo meno una
insensibilità, che faceva dubitare se quell’animo fosse capace di tenerezza o
di compassione.
La sua casa, del resto, rivelava il
culto quasi esclusivo della persona; il lusso, la profusione, la inutilità di
mille nonnulla indicavano la ricchezza, il gusto e il godimento estetico della
dama. Un gusto e un godimento di raffinata, che delle dolcezze di una vita
artificiosa ha fatto lo scopo della vita stessa.
In quell’abbigliatoio, tappezzato di
seta bianca, dai mobili di puro stile Luigi XV, profumato, tiepido, ella
troneggiava fra il parrucchiere, dinanzi allo specchio, candida e rosea, con le
labbra dipinte di carminio e il piccolo neo sulla guancia, avvolta
nell'accappatoio, come in un pallio.
Ella amava sè, amava il fasto e le
raffinatezze della vita che soddisfacevano il suo egoismo. Aveva dunque una
cura meticolosa di conservar quella ricchezza, che dava alla sua beltà e al suo
grado, alla sua condizione, tutte le gioie dell’impero.
Ecco ora quel figlio, improvvisamente
apparso dal fondo oscuro del passato, minacciarla nella sua fama intatta, nel
suo dominio, nella sua ricchezza. Era la verità che insorgeva contro la
menzogna, contro l’inganno. Quella donna, quel testimonio di un passato, se
fosse venuta in potere dei congiunti diseredati, sarebbe stata l’arma potente
per strapparle la pingue eredità, per gittarla nella miseria e nell’onta. Nella
miseria, perchè la sua dote era una irrisione, e l’avrebbe costretta a vivere
come una borghesuccia, nell’ombra. Il suo palazzo vasto e magnifico, le sue
carrozze, le sue portantine, i suoi cavalli, le ventisei persone di servizio,
il parrucchiere, l’abate, la sua loggia al teatro di Santa Cecilia, gli inviti
alle feste di corte, gli omaggi, tutto sarebbe finito!... Invece gli scherni,
il disprezzo, la vergogna, la solitudine! Aveva odiato quel figlio nel suo
concepimento, nella sua nascita; l’odiò con maggiore acerbezza ora che le
ricompariva dinanzi minaccioso; odiò quella donna che possedeva il suo segreto,
che era più potente di lei, che l’aveva in pugno, e poteva perderla con un
cenno...
L’onda dell’odio le si distese sul
volto, le coperse gli occhi; voltandosi e vedendo la sua immagine in uno
specchio, ella apparve terribile a sè stessa. Strinse i pugni, con un gesto
oscuro di minaccia e restò lì, ferma dinanzi allo specchio, sotto il peso di un
pensiero terribile...
Calvello il bastardo – Romanzo storico siciliano ambientato
nella Palermo di fine Settecento e inizi Ottocento, quando la Rivoluzione
Francese porta in tutta Europa le prime idee di libertà dei popoli e nascono le
prime Logge. Il protagonista Corrado Calvello è affiancato dal patriota e
giureconsulto Francesco Paolo Di Blasi.
L’opera
è la trascrizione del romanzo originale pubblicato dalla casa editrice La
Gutemberg nel 1913.
Pagine 880 – Prezzo di
copertina € 25,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Disponibile al sito www.ibuonicuginieditori.it, www.lafeltrinelli.it, Amazon Prime e tutti i siti vendita online.
In libreria presso La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133), La Nuova Bancarella (Via Cavour) Libreria Sciuti (Via Sciuti n. 91/f), La Libreria di La Vardera s.a.s. (Via N. Turrisi n. 15), Libreria Sellerio (viale regina Elena, Mondello)
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