giovedì 9 luglio 2020

Luigi Natoli: La duchessa di Falconara. Tratto da: Calvello il bastardo


La signora duchessa stava nel suo abbigliatoio, seduta dinanzi allo specchio, avvolta in un ampio accappatoio di mussola bianca, sparso di fiorellini rosa. Di qua e di là due cameriere, reggevano dei vassoi d’argento carichi di boccette d’odori, vasetti di pomate, ferri, forcine, spazzole, armature di fil di ferro, riccioli finti; scatole di cipria, pennellini da dipingere ciglia e nei. Monsù, dietro alla signora, con le agili sapieni mani volgeva e svolgeva le chiome, prendendo dai vassoi quel che gli occorreva per costruire quella pettinatura, mirabile ma difficile edificio, che richiedeva un buon paio di ore di lavoro. Intanto faceva la cronaca del giorno. Più in là, seduto sopra una elegante seggiola, con l’occhialetto in mano, il signor cavaliere Gallego, dei principi di Militello, onorato delle funzioni di cavalier servente della nobile dama.
La duchessa di Falconara non era più giovane; i maldicenti che la conoscevano da un pezzo, assicuravano che essa avvicinavasi alla cinquantina. Ne aveva infatti quarantasette: ma ci voleva uno sforzo di immaginazione per riconoscere tanta maturità nel volto ancor fresco e roseo e nella vivacità dello sguardo e del gesto; tanto più che l’arte sapiente di Monsù sapeva cancellare le lievi ingiurie del tempo agli angoli degli occhi, e qualche capello bianco spariva sotto il niveo strato della cipria.
Era bella, col suo piccolo naso lievemente curvo, gli occhi grandi, neri, acuti, un carattere di alterigia e di volontà nell’insieme del volto. Non ostante l’espressione di dolcezza e di tranquillità che ella cercava di dare al suo sorriso e al suo sguardo, segno di una intima soddisfazione, c’era talvolta in essi una durezza, o per lo meno una insensibilità, che faceva dubitare se quell’animo fosse capace di tenerezza o di compassione.
La sua casa, del resto, rivelava il culto quasi esclusivo della persona; il lusso, la profusione, la inutilità di mille nonnulla indicavano la ricchezza, il gusto e il godimento estetico della dama. Un gusto e un godimento di raffinata, che delle dolcezze di una vita artificiosa ha fatto lo scopo della vita stessa.
In quell’abbigliatoio, tappezzato di seta bianca, dai mobili di puro stile Luigi XV, profumato, tiepido, ella troneggiava fra il parrucchiere, dinanzi allo specchio, candida e rosea, con le labbra dipinte di carminio e il piccolo neo sulla guancia, avvolta nell'accappatoio, come in un pallio.
Ella amava sè, amava il fasto e le raffinatezze della vita che soddisfacevano il suo egoismo. Aveva dunque una cura meticolosa di conservar quella ricchezza, che dava alla sua beltà e al suo grado, alla sua condizione, tutte le gioie dell’impero.

Ecco ora quel figlio, improvvisamente apparso dal fondo oscuro del passato, minacciarla nella sua fama intatta, nel suo dominio, nella sua ricchezza. Era la verità che insorgeva contro la menzogna, contro l’inganno. Quella donna, quel testimonio di un passato, se fosse venuta in potere dei congiunti diseredati, sarebbe stata l’arma potente per strapparle la pingue eredità, per gittarla nella miseria e nell’onta. Nella miseria, perchè la sua dote era una irrisione, e l’avrebbe costretta a vivere come una borghesuccia, nell’ombra. Il suo palazzo vasto e magnifico, le sue carrozze, le sue portantine, i suoi cavalli, le ventisei persone di servizio, il parrucchiere, l’abate, la sua loggia al teatro di Santa Cecilia, gli inviti alle feste di corte, gli omaggi, tutto sarebbe finito!... Invece gli scherni, il disprezzo, la vergogna, la solitudine! Aveva odiato quel figlio nel suo concepimento, nella sua nascita; l’odiò con maggiore acerbezza ora che le ricompariva dinanzi minaccioso; odiò quella donna che possedeva il suo segreto, che era più potente di lei, che l’aveva in pugno, e poteva perderla con un cenno...
L’onda dell’odio le si distese sul volto, le coperse gli occhi; voltandosi e vedendo la sua immagine in uno specchio, ella apparve terribile a sè stessa. Strinse i pugni, con un gesto oscuro di minaccia e restò lì, ferma dinanzi allo specchio, sotto il peso di un pensiero terribile...



Calvello il bastardo – Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di fine Settecento e inizi Ottocento, quando la Rivoluzione Francese porta in tutta Europa le prime idee di libertà dei popoli e nascono le prime Logge. Il protagonista Corrado Calvello è affiancato dal patriota e giureconsulto Francesco Paolo Di Blasi.
L’opera è la trascrizione del romanzo originale pubblicato dalla casa editrice La Gutemberg nel 1913.
Pagine 880 – Prezzo di copertina € 25,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Disponibile al sito www.ibuonicuginieditori.it, www.lafeltrinelli.it, Amazon Prime e tutti i siti vendita online.
In libreria presso La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133), La Nuova Bancarella (Via Cavour) Libreria Sciuti (Via Sciuti n. 91/f), La Libreria di La Vardera s.a.s. (Via N. Turrisi n. 15), Libreria Sellerio (viale regina Elena, Mondello)



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