Fabrizio giunse primo, e
aspettò al canto del corpo avanzato: ma qualche minuto dopo giunse il tenente
di Roccasparta. Si salutarono con un freddo cenno del capo; e ritrattisi più in
fondo, snudarono le armi e si misero in guardia. Allora, due che volevano
sbudellarsi non si perdevano dietro
regole e formule cavalleresche: la cavalleria era in questo, nell’aver coraggio
a battersi lealmente. Aver testimoni non era indispensabile, e tanto meno
medici; i testimoni qualche volta si conducevano. Quando il duello aveva una
certa solennità, era preceduto da un cartello di sfida, redatto secondo le
formule e il cerimoniale dell’epoca: ma quando la sfida correva così, come era
corsa tra Fabrizio e il tenente, non c’era bisogno di nulla.
Il tenente era in
uniforme, aveva in capo la lucerna alta col fregio dorato, ed era armato della
spada d’ordinanza, larga e lunga; Fabrizio toltosi il mantello e il nicchio,
era in giamberga e armato di spadino, che pareva un gingillo al paragone della
spada avversaria: ma il gingillo era una vecchia lama di Toledo di eccellente
tempra.
Il cavaliere di
Roccasparta si mise in guardia con aria spavalda, da uomo avvezzo a quel
giuoco, stimando di mandare dopo due o tre movimenti lo spadino in aria, dare
una sculacciata al temerario giovincello, e mandarlo a casa. Fabrizio era alle
sue prime armi. Fin lì aveva incrociato il ferro col maestro Torchiarolo;
questa era la prima volta che faceva sul serio, e il cuore gli batteva con
commozione; ma s’era fitto in capo di mostrare al tenente che non aveva da fare
con ragazzi; e pensava alla promessa fatta al principe di Belmonte. Scese in
guardia, senza spacconeria, vigilante, cercando di leggere negli occhi e nella
mano dell’avversario le azioni che avrebbe sviluppato. Alle prime mosse
Fabrizio capì che il tenente cercava di disarmarlo, e allora mutò giuoco: s’era
fin qui limitato a seguire l’azione del tenente, per conoscerne la portata; ora
passava alle iniziative, e attaccò con una serie di azioni rapide e
travolgenti, che costrinsero il Roccasparta ad indietreggiare.
- Oh! oh! – disse stupito;
– sembra che vogliate fare il tragico!...
- No, signore; ma voglio
insegnarvi che con me le buffonerie del vostro giuoco perdono il tempo. A voi!
Là!...
Con una fulminea
cavazione, lo spadino s’insinuò e colpì all’omero il tenente.
- È una! – disse Fabrizio,
rimettendosi subito in guardia.
- È nulla! – rispose il
tenente, assalendo con un fendente che avrebbe spaccato in due Fabrizio, se
questi non avesse con un salto di fianco scansato il colpo e nel tempo stesso
affondato una stoccata, che, pur alleviata in qualche modo, colpì al viso. Un
mezzo pollice più in qua sarebbe penetrata nella bocca.
- E due!...
Il tenente abbassò la
spada. Il sangue gli colava copioso dalla faccia e dall’omero.
- Basta! – disse – vi
faccio i miei complimenti.
Fabrizio gli si avvicinò,
gli porse la mano:
- Senza rancore! – rispose.
– E lasciate ora che vi soccorra.
Coi fazzoletti tappò alla
meglio le ferite e preso a braccio il tenente lo accompagnò fino a Porta Nuova,
dove lo affidò ai gabelloti, perché lo portassero alla vicina caserma di San
Giacomo. Luigi Natoli: I mille e un duelli del bel Torralba.
Pubblicato per la prima ed unica volta a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1927, compare per la prima volta in unico volume edito I Buoni Cugini editori nel 2016, come se si trattasse di un inedito del grande scrittore palermitano.
Pagine 456 - Prezzo di copertina € 24,00. Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
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