venerdì 18 maggio 2018

Luigi Natoli: Il palazzo reale al tempo di Guglielmo I - Tratto da: Gli ultimi saraceni


- Il re! Il re!...
La piazza fremette, come un campo di spighe, quando vi passa un'ala di vento; le teste ondeggiarono, voltandosi, guar­dando su il loggiato del palazzo reale, sul cui parapetto di pietra leggiadramente in­tagliato era stato disteso un drappo di seta ricamato.
Il palazzo reale, o castello regio, o, come ancora si chiamava volgarmente, il Cassaro, offriva allora, dalla parte della città, un aspetto assai diverso da quello che gli diedero bestialmente i viceré spagnoli dal Secolo XVI in poi.
Nel 1159, sebbene dai due Ruggeri, il conte e il re, avesse subito  modificazioni tali da distinguervisi il Castello dal pa­lazzo, palatium, serbava nelle sue linee generali l'aspetto massiccio e formidabile di rocca. Aveva alle estremità due torri, una detta Pisana, ed è ancora in piedi, con le sue arcate, la sua torricella laterale – è quella stessa su cui si trova la Specola; l'altra, all'estremità opposta, dominando il burrone sotto il quale scorreva il fiumicello di Kemonia, detta Greca; ora scomparsa, ma pure non difficilmente riconoscibile. Fra l'una e l'altra torre si stendeva come una specie di cortina merlata, con portici, costruita o trasformata o rabellita da Rug­gero II, e si chiamava la Gioaria. Coloro che han veduto il sipario del teatro Mas­simo, dipinto dallo Sciuti, sapiente rico­struttore di ambienti, possono formarsi un'idea di quello che fosse il palazzo regio.
Nel 1159 il re, Guglielmo I faceva costruire un'altra torre, detta Chirimbi, la quale però non modificava il prospetto principale dell’edificio. 
Dinanzi al quale, presso a poco là dove è il monumento a Filippo V si levava altra torre, forse avanzo di fortificazioni romane, che dal colore dei mattoni, di cui era fab­bricata, era detta Torre Rossa. Sorgeva i­solata, presso le mura che partendo dalla torre Greca, correvano a levante, sul ciglio del burrone, signoreggiando la bassura, verdeggiante di orti e di vigne, fra cui scorreva il Kemonia o Cannizzaro. Poco discosto dalla Torre Rossa, di fronte alla Gioaria si levava allora un altro edificio, anch’esso circondato di portici, con un vasto cortile o recinto, lastricato: forse antica basilica o curia dei pretori di Roma, che il popolo chiamava volgarmente il Pissoto, e i dotti Aula regia, e più tardi, caduta in abbandono, ridotta cava di pietre e di colonne invasa dalle erbe, passò nelle memorie col nome di Sala Verde. Una parte di questo edificio si trova anch’essa ritratta nel sipario dello Sciuti, a sinistra dello spettatore.

Fra la Gioaria e il portico del Pissoto rimaneva uno spazio sufficiente, come una piazza di cui i due edifici formavano due lati; un altro, il meridionale era formato dalle mura; l’ultimo del tempio di S. Maria de Pietà, antico tempio romano o romaico, che durò intatto, finchè nel 1648, al cardinal Trivulzio non venne in capo di abbatterlo per dar luogo a un bastione da minacciare il popolo. (Che il diavol lo riposi pel doppio sacrilegio, cotesto barbaro settentrionale!)


Luigi Natoli: Gli ultimi saraceni. 
Pubblicato unicamente dal Giornale di Sicilia a puntate nel 1911, è oggi in unico volume edito I Buoni Cugini editori. 
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