venerdì 21 luglio 2017

Luigi Natoli: Il caso di Sciacca. Quadro storico. - Tratto da: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue


Il quadro storico si riferisce alla leggenda - Il caso di Sciacca - pubblicata da Luigi Natoli nella raccolta "Storie e Leggende" edito Giuseppe Pedone Lauriel anno 1892. Lo stesso volume è stato pubblicato da I Buoni Cugini editori con il titolo: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue. 

Caso orrendo che lasciò, come il Vespro, memoria durevole nella tradizione popolare, avvenne per la inimicizia di due famiglie potenti, i Luna e i Perollo, del quale fu teatro Sciacca. Nata nei primi del XV secolo per rivalità di ambite nozze, un primo urto avvenne in Sciacca durante i funerali di Martino e l’odio dei padri si trasmise nei figli, Pietro Perollo e Antonio de Luna, e vi diede nuova fiamma una lite pel possesso di una baronia di S. Bartolomeo vinta dal Luna. Per evitar spargimento di sangue si tentò una pace: ma correndo la Settimana Santa del 1459, durante la processione, il Luna fu assalito e percorso da gente armata; ne nacque una zuffa, e si dice che il Perollo, abbattuto il nemico, andasse a devastarne le case e a saccheggiarle. Il Luna si ritirò a Caltabellotta preparando la vendetta, ma il governo intervenne con minacce ed esilio. 
Nel secolo XVI erano a capo delle due famiglie Sigismondo de Luna, conte di Caltabellotta, imparentato coi Salviati e coi Medici, e Giacomo Perollo barone di Pandolfina e portulano di Sciacca, il quale abitava nel castello normanno, ed era in buoni rapporti col vicerè Pignatelli. 
Or avvenne che a proposito della liberazione dalla schiavitù del barone di Solanto, tenendosi Sigismondo beffato, l’inimicizia fra i due scoppiò. 
Avvenne qualche scontro fra i partigiani dell’uno e dell’altro; e spingendo Sigismondo armamenti, ne fu avvertito il Vicerè, che mandò a Sciacca Girolamo Statella qual capitano d’arme, per fare un’inchiesta e provvedere. Ma Sigismondo racconto gran numero di cavalieri e di armati, assoldata una banda di Albanesi, mosse sopra Sciacca la notte del 18 luglio 1519. Aggredita la casa dello Statella, lo uccisero, e uccisero la moglie; corsero poi ad assalire il castello che cadde il 22 dopo tre giorni di assalti, con grande spargimento di sangue. Giacomo Perollo riparatosi in un granaio, scoperto fu ucciso; il cadavere legato alla coda di un cavallo, trascinato per le vie, tra gli schiamazzi osceni dei vincitori e il pianto delle povere donne di Sciacca. Il castello e le case dei partigiani del Perollo vennero saccheggiate; la città parve un deserto. 
Allora il governo si mosse, mandando fanti e cavalleggeri e magistrati, ma la gente di Sigismondo resistette con le armi. Cominciarono i processi, e Sigismondo, proclamato reo di delitto capitale, si imbarcò nascostamente con la moglie e coi figli, e partì per Roma, dove implorò perdono dal papa Clemente VII, e intercessione presso l’imperatore Carlo V, che negò, per cui egli disperato s’annegò nel Tevere...


Luigi Natoli: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue.
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