Qualche giorno dopo, la
quiete succedeva alla tempesta, almeno in apparenza: Paolo Pollastra e più di
cento popolani furono arrestati, non ostante che si domandasse il perdono per
tutti. Il viceré, che non aveva saputo o voluto impedire il tumulto e le
stragi, ora, a cose quiete volle sfogare le sue vendette; e Paolo Pollastra e
trenta popolani furono condannati a morte. Quello, come nobile, doveva esser
decapitato, gli altri impiccati.
Lo spettacolo di una così
grande giustizia era così nuovo, che la piazza Marina era stipata di curiosi.
Il Sant’Offizio aveva offerto supplizi di dieci e più persone in una volta: ma
trenta impiccati in uno stesso spettacolo, non si erano mai veduti. Erano state
drizzate di qua e di là dal palco per la decollazione, sei forche, con cinque
nodi scorsoio per ciascuna.
La folla dunque, era
immensa, nella piazza, allora più vasta e con pochi irregolari gruppi di case.
Dame e cavalieri a cavallo vi erano intervenuti, e avevano occupato il posto
migliore; molti stavano alle finestre dello Steri, il magnifico palazzo
chiaramontano, che i Viceré avevano scelto per loro dimora; e vi stava anche il
viceré coi giudici della magna Curia.
Come tutti gli altri anche
Tristano andò al macabro spettacolo: e se ne stava in un posto donde poteva
ammirare le belle dame di Palermo. Accanto a lui si trovava Gian Luca
Squarcialupo, che aveva per Tristano la simpatia e la benevolenza di un
fratello maggiore. Se Tristano, come un puledro che sente i primi fremiti e con
le froge aperte annusa nell'aria l'odore della giumenta, ammirava e aspirava il
profumo della bellezza muliebre, Gian Luca guardava torbido lo spettacolo
orrendo dei corpi che pendevano dalle travi, ancor guizzanti negli spasmi
dell'agonia, dalle travi infami. Paolo Pollastra fu decapitato per ultimo.
- Ecco – diceva – come
finiscono questi tumulti senza un piano, senza una meta! E quel disgraziato di
Paolo Pollastra che ha creduto davvero di diventare il padrone di Palermo,
perché tutta la marmaglia lo ha seguito e lo ha acclamato!… Ora, sconta la sua
superbia… Credete quello che vi dico io, Tristano: non si fanno sommosse, senza
un piano, senza un pensiero, senza un uomo di conto e autorevole che sappia
quel che vuole. E bisognerebbe persuadere gli amici artigiani e i borghesi che
non insorgano se non quando la nobiltà scende in campo… Che questa nobiltà si
muove solo per difendere i propri interessi, non quelli del popolo…
Luigi Natoli: Squarcialupo.
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Pubblicato per la prima volta a puntate in appendice al Giornale di Sicilia. Pubblicato per la prima volta in libro da I Buoni Cugini editori.
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