Tu eri ancora un fanciullo quando avvenne
la catastrofe della tua casa… Forse non sarebbe avvenuta, e tu saresti il primo
barone del regno, se Andrea avesse accettato le offerte del duca di Montblanc… Tu
ignori che il padre del re desiderava destinarti marito della figlia di don
Ferrante Lopes de Luna, una cugina del re… Andrea rifiutò per non imparentarsi
con lo straniero… Dio gli perdoni!... Egli credette nella concordia dei baroni
convenuti a Castronovo; credette che in tutti fosse vivo e potente il
sentimento dell’indipendenza del regno… e i baroni lo tradirono… Forse tu sai
quel che ne seguì: la guerra, le persecuzioni, il tradimento. Andrea si
sottomise, ebbe fede nella lealtà del vecchio Martino, e il vecchio Martino
finse di perdonargli e di accoglierlo, e lo gittò nelle mani del boia. C’era
chi lo istigava… c’era chi voleva la rovina del conte…
Dopo la morte di Andrea, venne la volta dei
parenti. Uno di essi cercò uno scampo nella fuga, inseguito come un lupo di
borgo in borgo, per valli, per monti… Egli aveva dinanzi agli occhi la visione
della scure lampeggiante in aria… del capo reciso e sanguinante preso pei capelli…
e dietro, alle calcagna, una muta di cani anelanti di strage, sitibondi di
sangue… Era così giunto a Messina. Sperava di trovavi una feluca, una galea,
una barca, per recarsi a Napoli e invocare la protezione di Costanza… Ma ecco
la feroce muta sopraggiungere, gridando: “Eccolo! eccolo!... Morte al
Chiaramonte!... Morte al traditore!”. Quell’uomo ebbe il tempo di balzare in
sella, e fuggire, senza saper dove, trasportato dalla furia del cavallo, che
pareva impazzito anch’esso… Un istante che avesse indugiato, egli sarebbe stato
preso, e, forse, fatto a pezzi… perché alle grida dei suoi inseguitori s’era
adunata a un tratto anche una folla minacciosa. Ah! quella fu una fuga
incredibile, terrificante… Il cavallo non sentiva più il freno, e la mano non
aveva più coscienza per governarlo… Volavano su per un sentiero selcioso, che
sfavillava sotto le zampe… Il sentiero saliva; portava in una montagna? chi lo
sapeva? né cavallo né cavaliere vedevano… Il cavaliere si accorse
improvvisamente che dinanzi a lui la roccia finiva e si spalancava il vuoto
mostruoso, immenso… Ebbe la coscienza del pericolo, tentò arrestare la furia
del cavallo, ma invano. La bestia infellonita e cieca spiccò un salto… Un
grido!... cavallo e cavaliere sparvero: un gran tonfo, le acque del mare si
apersero, spumeggiarono, si richiusero sopra di loro…
I soldati che l’inseguivano si affacciarono
con orrore sull’orlo della rupe, che cadeva a picco sul mare, e stettero lì
vedendo le acque ancora frementi e rosseggianti, sulle quali poco dopo videro
galleggiare il cavallo con le gambe spezzate…
Ma il cavallo lo salvò… Come avvenne? fu un
miracolo… Egli non potè mai darsi conto di questo miracolo… Sprofondato nel
mare, ed emerso, si trovò liberato dalle staffe e cominciò a nuotare
disperatamente, lottando contro il peso dell’armatura e la violenza delle onde…
Potè raggiungere uno scoglio e aggrapparvisi, e trovarvi un rifugio… Passò la
notte su quel sasso, invaso a vicenda dalle ondate; e invano tendea lo sguardo
lontano per iscoprirvi una nave!... Sui flutti, dondolata dalla risacca, la
carogna del cavallo, nera, gonfia, mostruosa, ora gli si avvicinava, ora si
allontanava, spettacolo orribile di quel che sarebbe stato di lui… Oh come fu
lunga la notte!... All’alba passò una barca di pescatori e lo raccolse…
Luigi Natoli: Il paggio della regina Bianca.
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