mercoledì 17 maggio 2017

Luigi Natoli: la situazione politica in Palermo nel 1514. Tratto da: Squarcialupo


Quelli erano tempi tristi in vero. Il vicerè, in dispregio dei capitoli del regno, che egli aveva giurato di osservare, faceva e disfaceva a suo piacimento: il Sant’Offizio affollato di familiari e foristi avidi di far quattrini, sotto la specie di pietà religiosa, pareva preso dalla mania di distruggere i supposti marrani; i collettori esercitavano le più inumane fiscalità per riscuotere le gabelle imposte dal Parlamento del 1514, al quale il Vicerè aveva quasi strappato un grosso donativo, di cui aveva preso per sé cinquemila fiorini. Donativo, come si sa, era il nome grazioso col quale si designava l’ammontare delle somme da riscuotere nel triennio per l’erario, i cespiti su cui dovevano gravare, e la ripartizione fra le città e le terre. Quel Parlamento aveva imposto una gabella su le farine, che era la più esosa; onde un malumore crescente, che quell’inverno si era fatto più minaccioso.

Questo malumore serpeggiava di più nel popolo minuto e nella piccola borghesia, che più risentivano il peso del malgoverno; ma un altro e non meno vivace serpeggiava nella nobiltà feudale, per quei Capibrevi che Luca Barbieri, Segretario e Regio Consigliere del fisco e Capitan Giustiziere, andava compilando; dai quali molti temevano di vedersi privati di feudi, che i loro antenati, o essi stessi, avevano usurpato con la violenza e con la frode; e che dovevano naturalmente restituire al fisco o alle terre demaniali. Fautore di questa revisione era il vicerè, il fiutava un mezzo per commettere arbitri contro la nobiltà e far denari.

Inoltre aveva fortemente danneggiato il paese, con certi provvedimenti presi di suo capo, in seguito alla scoperta di una quantità di monete false o assottigliate che erano in circolazione. Don Ugo aveva ordinato che si portasse tutto il denaro negli uffici del fisco: oro, argento, bronzo; minacciando gravi pene ai trasgressori; ma restituì l’oro e l’argento con un terzo di meno, e il bronzo pel suo valore come metallo fuso. E per sopperire alla mancanza di metalli preziosi confiscò argenterie e gioie delle chiese, dei monasteri, dei privati; senza un criterio, con la consueta burbanzosa prepotenza.

I capitoli del regno, ai quali alludeva Giovan Luca, e che stabiliva uno dei fondamenti del diritto pubblico siciliano prescrivevano che morendo un re, il vicerè da esso nominato cessava dal suo ufficio e doveva affidare il potere al Grande Contestabile Almirante del regno, o a qualche altra alta carica; né il successore poteva confermare o nominare il vicerè, se prima non giurava fedeltà alle costituzioni del regno, perché solo dopo questo giuramento era riconosciuto come sovrano legittimo e poteva esercitare la sua autorità. Il Parlamento era geloso custode di queste costituzioni, e non ammetteva che il diritto ereditario precedesse il riconoscimento legale da parte della nazione.

Il re Giovanni, che aveva ben veduto in questo una menomazione della corona, aveva pubblicato nuovi capitoli, per la conservazione in carica dei vicerè in caso di morte del sovrano; ma questi capitoli, come contrari alla norma costante e lesivi dei diritti del regno non erano stati seguiti.

La morte di re Ferdinando apriva ora un conflitto fra le costituzioni del regno e i capitoli del re Giovanni. Sventuratamente questa volta c’era per mezzo un vicerè odiato; e nessuna occasione poteva presentarsi più favorevole di questa, per cacciarlo via. Appunto per ciò il conte di Golisano si era affrettato a venire in Palermo, appena tornato in Spagna.

In Ispagna era andato per invito della corte, apparentemente, e vi era stato trattenuto con pretesti; in realtà don Ugo aveva intrigato per allontanarlo dalla Sicilia, perché ne aveva paura. Don Pietro Cardona, ricco, generoso, di grande animo, valorosissimo capitano, che sotto le bandiere di Prospero Colonna si era illustrato nelle guerre d’Italia, godeva di una grande autorità fra’ signori, e di una grande popolarità nelle classi medie e nel volgo. La sua presenza e le sue esortazioni avevano sedato il tumulto sanguinoso eccitato da Paolo Pollastra, e ricondotto la tranquillità in Palermo. Ce n’era abbastanza per destare gelosia, sospetti e paure nell’animo del vicerè.

Luigi Natoli: Squarcialupo.
Prezzo di copertina € 24,00 - pagine 684
Pubblicato per la prima volta in volume da I Buoni Cugini editori nel marzo del 2015, dopo novant'anni dalla pubblicazione a puntate in appendice al Giornale di Sicilia dal 02 febbraio 1924.
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