giovedì 9 maggio 2019

Luigi Natoli: Entra in scena il protagonista... L'Abate Meli

La vigilia dell’Assunta del 1795, don Giovanni Meli, se ne stava nel suo studio modestamente arredato scartabellando un volume di medicina per una consulta che doveva fare. Era medico.
In quel tempo abitava una casa dietro il coro della Chiesa dell’Olivella, casa modesta, dove erano vissuti suo padre, sua madre, due zie che erano morte, e l’avevano lasciato con due fratelli, Stefano e Tommaso che si era fatto frate nei domenicani e una sorella pazza.
Giovanni era il dotto della famiglia, e il suo nome era famoso in tutta la Sicilia, come quello di un gran poeta.
Era un uomo di circa 50 anni, di statura media, bruno di volto, coi capelli quasi neri, con parecchi fili d’argento tirati indietro e legati con un nastro, gli occhi nerissimi, vivaci; un’aria modesta, non curante di sè, ma pulita. Vestiva di nero, alla guisa degli abati ed infatti lo chiamavano “l’abate Meli”. Ma non lo era, anzi non era neppure chierico, nè aveva i quattro ordini e la tonsura, che prese l’ultimo anno di sua vita per ottenere l’abazia che non ottenne. Era semplicemente il “dottor Meli”, e si vestiva da abate per avere libero accesso nei monasteri, dove non si entrava, se non si apparteneva alla Chiesa, in un modo qualunque.
Di tanto in tanto in quella che scartabellava, guardava, pensando, nella parete di contro, ove era una libreria con pochi volumi di medicina e molti di letteratura.
In quegli sguardi forse c’era un pensiero medico, per la consulta che doveva farsi, o piuttosto c’era un’immagine poetica che egli perseguiva e che si frammezzava alla medicina? In uno di questi momenti la vecchia domestica, entrando senza cerimonie, gli annunziò una visita.
- Non so chi sia: dice che ha da parlarle.
- Fatelo entrare.
Il nuovo venuto era un giovane nè di civile condizione, nè di popolare; un chè di mezzo; si sarebbe detto un agricoltore agiato o un impiegato ai dazi. In quei tempi c’era poca differenza nel vestire dell’uno e dell’altro ceto: un cappello a larghe falde, una veste senza coda, calze di cotone bianco e scarponi. Entrando, salutò con riverenza.
- Bacio le mani a voscenza...
Il “voscenza” era di prammatica nel popolo rispetto alle persone civili e il Meli era anche dottore.
- Bacio le mani a voscenza. Mi manda fra Francesco...
- Chi fra Francesco?
- Fra Francesco da Palermo... Il cappuccino... Voscenza è stato il suo medico ed è suo amico.
- Ah! ebbene, è ammalato?
- Si è improvvisamente ammalato... Credo che sia più in là che qua. Mi ha fatto chiamare... Mi ha detto... – Va da don Giovanni Meli, che abita dietro l’Olivella, e digli che sono ammalato, come vuole il Signore; e che si affretti a venire.
- Oh buon Dio! ma non m’ha detto nulla.
- Se le dico che è stato improvvisamente!
- Bene, più tardi verrò.
- No, signore, voscenza ha da venire subito.
- Ma ho da studiare un caso.
- Sarà, ma io ho l’ordine di non muovermi, se non verrà con me.
Meli si alzò senza dire una parola, prese il cappello e il bastone e mormorando un “sia fatta la volontà di Dio” disse al giovane:
- Andiamo!
Presero una portantina e si avviarono: Meli dentro e il giovane a piedi, fuori; l’ombra dei platani che fiancheggiavano la strada che da Porta Nuova menava ai Cappuccini li difendeva dai raggi solari. Quegli alberi, piantati da M. A. Colonna di Paliano, percorrevano la via sino al convento. Ora non restano che pochi avanzi presso Porta Nuova; non c’erano allora tutte le cose che ingombrano i due marciapiedi ed erano lieti delle ombre che rinfrescavano i cittadini. Di qua e di là lungo il corso, si aprivano cinque emicicli, con in mezzo fontane di pietra grigia. Di contro all’imboccatura della strada che conduceva ai Cappuccini (ora si chiama Via Pindemonte) c’era un’altra fontana più monumentale, mista di marmi bianchi e pietra grigia, che s’alzava maestosa, e dava acqua ai vicini. Ora fu distrutta, per dar luogo alla Via Cuba e non si sa che se ne sia fatto, così delle altre fontane nessuna più ne esiste, per ingordigia degli abitanti o per altre ragioni, salvo una a fianco dell’Educandato Maria Adelaide, chiusa da un cancello.


Luigi Natoli: L'abate Meli. Il volume comprende:
L'Abate Meli, romanzo nella versione originale pubblicata a puntate, in appendice al Giornale di Sicilia dal 30 settembre 1929
Giovanni Meli, studio critico pubblicato nel 1883
Le poesie di Giovanni Meli pubblicate da Luigi Natoli su Musa Siciliana, con traduzione a fronte in italiano a cura di Francesco Zaffuto
Prefazione e presentazione dell'opera a cura di Francesco Zaffuto.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Disponibile presso La Feltrinelli Libri e Musica Palermo
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