martedì 17 aprile 2018

Luigi Natoli: la compagnia dei Bianchi. Tratto da: Calvello il bastardo.

Questa compagnia, istituita nel 1541, e della quale potevano far parte solamente gentiluomini di provata nobiltà, aveva per ufficio di assistere fino agli ultimi istanti i condannati a morte, di qualunque ceto si fossero, di qualunque delitto rei. Pietoso ufficio che, bisogna dirlo, la nobiltà esercitava con vivo sentimento di carità, in un tempo in cui le condanne capitali erano frequenti; e con una generosità e con una scrupolosità rimaste leggendarie.
Essa aveva il pieno e completo governo del condannato, appena l’avvocato fiscale lo rimetteva in sue mani. Il governatore della Compagnia, o vogliam dire il capo di essa, affidava a quattro confrati l’ufficio di condurre nella cappella di conforto, di assistere e preparare a morir cristianamente il condannato, o, come dicevano, l'afflitto: uno dei quattro prendeva il nome di Capo di Cappella; e stabiliva tutto il da fare, riceveva la confessione segreta e gli ultimi desideri del condannato, e li trascriveva in un libro, detto Scarichi di coscienza, sul quale nessun occhio profano poteva posarsi.
I desideri dell’afflitto erano soddisfatti; le sue ultime volontà eseguite scrupolosamente; il segreto custodito gelosamente. Nei tre giorni, quanto ordinariamente durava la Cappella, il capo di cappella e gli altri confrati si alternavano l’ufficio: non lasciando solo neppur per un istante il condannato; intanto che il cappellano della Compagnia celebrava messe, confessava, amministrava i sagramenti, recitava l’uffizio e le preghiere per gli agonizzanti. Questa lunga agonia di tre giorni, che una malintesa pietà religiosa infliggeva al condannato, per alcuni veniva abbreviata a un giorno soltanto, non per pietà, ma per rigore e per fretta.


Luigi Natoli: Calvello il bastardo. Nella versione originale pubblicata dalla casa editrice La Gutemberg nel 1915
Pagine 855 - Prezzo di copertina € 25,00
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