martedì 17 aprile 2018

Luigi Natoli: l'addio a Francesco Paolo Di Blasi. Tratto da: Calvello il bastardo.


Quel giorno parve che il governo fosse preso da una paura tremenda. Tutte le truppe furono tenute sotto le armi, nelle caserme; fu rinforzata la guardia nelle carceri e all’arsenale; a Castello a mare e al Palazzo; sui bastioni che guardano la Piazza S. Teresa, e dove è il giardino reale, furono posti dei cannoni, con le bocche rivolte al palco, caricati a mitraglia; altri cannoni furono appostati all’arsenale. L’esecuzione doveva aver luogo verso le quattro pomeridiane. Corrado sentiva battere le ore alle campane degli orologi con una impazienza mista ad apprensioni, a timori, a sospetti; il suo cuore pulsava con violenza e con un’ansia inquieta, che era in lui affatto nuova. La vista di quelle forche, di quella mannaia, orride macchine, alle quali pur era adusato in quei tempi di supplizi feroci e inumani, ora gli metteva dei brividori nelle vene. Pur si padroneggiava; la sua emozione si rivelava al pallore del volto e alla febbrile irrequietezza degli atti. Ciò che più lo stupiva era il fatto che nella piazza, sebbene si avvicinasse l’ora, non si vedesse la solita folla avida di quegli spettacoli di sangue, feroce e compassionevole nel tempo stesso.
La piazza era quasi deserta. Questa solitudine sconcertava il disegno di Corrado, che contava appunto su la folla per poterlo eseguire con minor rischio. Poche persone, e dell’infima plebaglia, circolavano per la piazza, incuriosite; e fra loro scorrevano degli uomini, con uno scapolare indosso, che andavan gridando:
- Per l’anima di questi poverelli.
Erano i confrati della Chiesa degli Agonizzanti, che ogni qualvolta si eseguiva una condanna capitale andavano per le strade, invitando, durante il tempo della triste funzione, con quel lugubre grido i pietosi a pregare per l’anima dei disgraziati, e a dare l’obolo per la celebrazione di messe in loro suffragio. A quel grido s’accompagnavano i rintocchi funerei delle campane.
Attraversata la piazza s’avviarono verso Porta Nuova, dove si erano accalcati i pochi curiosi, per vedere la lugubre processione. I condannati venivano a piedi; dinanzi andava don Francesco Paolo Di Blasi, fra due confrati della Compagnia dei Bianchi; dietro, venivano i suoi compagni di sventura, confortati anch’essi da Bianchi. Erano strettamente circondati da settanta algozini; e di qua e di là compresi in una doppia e fitta siepe di compagni d’arme, di birri, caporali, cavarretti; tutta la sbirraglia era sotto le armi. Per accostarsi ai condannati, bisognava rompere una triplice muraglia vivente ed irta d’armi. Corrado Calvello, che aveva già veduto l’apparato di forze, riconobbe la impossibilità del benchè lieve tentativo. Per veder meglio, montò sopra un sedile, dove stavano altri; confondendosi tra essi per non restar troppo in vista, e aspettò. Quando vide comparire don Francesco Paolo Di Blasi, non potè trattenere un grido di dolore. Il giureconsulto era irriconoscibile; magro, pallido, incanutito; tuttavia fermo e dignitoso. Udì e riconobbe egli quel grido? Sollevò il capo con vivacità, e il suo occhio errò su gli spettatori: vide due occhi umidi che lo guardavano, e una mano agitarsi in segno di supremo saluto; e un sorriso gli illuminò il volto...
L’esecuzione si svolse in quasi due ore. Prima fu decapitato il Di Blasi, poi furono impiccati il Tenaglia, il La Villa e il Palumbo; nessuno di loro tremò dinanzi alla morte; primi martiri della libertà iniziarono in Sicilia la lunga serie di cospirazioni e rivolte che dovevano abbattere la signoria borbonica; e mostrarono come si muore per un’idea. Quando i pochi curiosi cominciarono ad allontanarsi, il cadavere di don Francesco Di Blasi fu trasportato nella vicina chiesa dei teresiani scalzi, e deposto in una cappella, senza che alcuno dei parenti gli rendesse pietoso ufficio. Soltanto fu visto entrare in chiesa un giovane, seguito da due contadini, avvicinarsi alla bara, inginocchiarsi e recitare una breve preghiera.


Luigi Natoli: Calvello il bastardo. Nella versione originale pubblicata dalla casa editrice La Gutemberg nel 1915. 
Prezzo di copertina € 25,00 - Pagine 855
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Nella foto: lapide a Francesco Paolo Di Blasi in piazza Indipendenza a Palermo. 

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