Per antica concessione
data ai frati di S. Francesco di Palermo, la festa dell’Immacolata gode il
privilegio di celebrare la messa a mezzanotte, come per Natale. In quella
occasione nelle case si giuoca, e si fa un cenone, aspettando la messa; e le
strade son piene di popolo. I caffè stanno aperti, e le botteghe dei focacciai
spandono l’odore del forno misto col grave oleoso del fritto.
Allora nella piazzetta
dinanzi alla chiesa di S. Francesco, le baracche ostentavano i dolci
tradizionali e speciali dell’Isola; che non hanno riscontro nel continente, ed
è giocoforza indicare col nome dialettale; la “cubaita” e la “pietrafendola”;
la prima composta di semi di sesamo cotti nel miele e profumata; l’altra di
bucce di arancia, pistacchio, mandorle tritate e cotte anch’esse nel miele.
L’una, di color biondo, si vende a tavolette; l’altra bruna, si vende a rocchi
di dodici centimetri, di forma cilindrica, avvolti in carta sfrangiata alle due
estremità. Sono durissime, e provocano una dolce salivazione, perciò si vendono
anche a pezzetti. Questi due dolciumi, in bella fila, stavano col torrone
bianco e verde, e adescavano i fedeli che si recavano alla messa di mezzanotte.
Un’ora prima di
mezzanotte già le strade erano affollate di gente, che con torce accese si recava
in chiesa, quali a gruppi, quali isolati. Una confraternita procedeva a due a
due, col capo nudo; alcuni confrati scalzi, che compivano il “viaggio” per
voto. Recitavano il rosario; il superiore intonava la prima parte
dell’avemaria, e tutti gli altri rispondevano in coro l’altra. Più in là due o
tre famiglie recitavano lo stesso rosario, e le voci dell’uno e dell’altro si
confondevano in un brusio che riempiva la strada, resa più sonora dal silenzio
della notte. Nella via buia la luce delle candele a volte si moltiplicava, a
volte si eclissava illuminando a balzi le macchie dei volti. Simili alle
monacelle crepitanti in un immenso foglio di carta.
La chiesa era illuminata,
ma la “bara” o fercolo dell’Immacolata era un torrente di luce, così fitte
erano e disposte per gradi le torcie accese dai fedeli, e ancora tante ne
venivano, che i sagrestani non facevano a tempo per raccoglierle. La statua
tutta di argento, più grande del vero, splendeva così che pareva che si
incendiasse, e aggiungeva nuova luce a quella stragrande delle torcie. E
dinanzi a lei si prostravano i fedeli, quali con umile raccoglimento, quali con
alte grida, e levando le braccia, scongiuravano la Vergine di qualche soccorso;
e presentavano un muto, un tisico, un piagato, denudando le piaghe, che
rosseggiavano allo splendore dei lumi. E la Vergine stava con gli occhi rivolti
su nell’ombra che si diffondeva nella volta.
Luigi Natoli: Chi l'uccise?
Prezzo di copertina € 13,50 - Pagine 122
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