La vittoria
accrebbe il numero degli schiavi fino a seimila. Allora cercarono un capo, e lo
trovarono in un Salvio, indovino e, come Euno, in rapporto con gli dei; ai cui
responsi si credeva. Questi riordinò l’esercito, lo condusse per le campagne,
lo accrebbe fino ad avere ventimila pedoni e duemila cavalieri, coi quali corse
sopra Morganzio. Il Pretore allora si mosse per prenderlo alle spalle, ma ne
ebbe la peggio.
Intanto
un altro schiavo, Atenione di Cilicia, sollevava in armi altre torme di schiavi
in Segesta. Questi, tenendolo per indovino, ebbero fede in lui, lo seguirono e
si diedero a saccheggiare le campagne. Savio, prese il nome di Trifone e invitò
Atenione a riconoscerlo re. Questi accettò, aiutandolo a prendere Triocala, ma
Salvio-Trifone, sospettando che gli togliesse la corona, a tradimento lo fece
imprigionare.
Lucio Licinio Lucullo,
mandato da Roma con sedicimila uomini, accresciuti dagli stanziali, mosse
contro Triocala; Salvio allora liberò Atenione che, dimenticando l’offesa,
postosi a capo dell’esercito, forte ora di quarantamila uomini, volle
affrontare i Romani in campo aperto. Presso Scirtea Atenione combattè
valorosamente, ma ferito alle ginocchia non si resse; la sua caduta, spaventò i
suoi uomini che l’ebbero per morto, e fuggirono in Triocala, dove nella notte
Atenione si trascinò. Lucullo non seppe approfittare della vittoria e indugiò
tanto, che Atenione potè organizzare la difesa e costringerlo a levar
l’assedio. Frattanto, morto Salvio, Atenione fu fatto re.
Luigi Natoli - Gli schiavi.
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