Era questa una delle feste più solenni che si celebravano
in Messina, e dopo quella dell'Assunta, era la più importante, come quella che celebrava, nientemeno! il
giorno in cui la Madre di Gesù, proprio lei, inviava ai Messinesi con una lettera,
scritta di suo pugno, una ciocca dei suoi biondi capelli. La lettera scritta il 3
giugno dell'anno 42, fu data a due ambasciatori che i Messinesi, volendo
convertirsi alla nuova fede avevano spedito alla madre di Gesù in Gerusalemme.
L'autenticità di questa
lettera e della ciocca dei capelli non fu messa menomamente in dubbio;
nessuno volle accorgersi dello strafalcione cronologico che essa contiene; e
dire che la lettera fu fabbricata dall'umanista Lascaris nel secolo XV, pare anche
oggi una bestemmia ai fedeli Messinesi; peggio poi pensare a qual capo poté
essere tolto il capello che custodito in un'urna di cristallo di rocca, è per
così dire, il palladio della città.
Si capisce come, aggiustando fede a una impostura, la
festa che celebrava un avvenimento unico, orgoglio di Messina, della quale la
Vergine stessa si dichiarava protettrice (Protectricem nos esse volumus)
dovesse venire celebrata con le maggiori magnificenze.
Tutte le
strade si addobbavano di drappi e di arazzi, magnifici di disegni e di ricami
d'oro e d'argento quelli pendenti alle finestre dei palazzi e dei monasteri,
rallegrati da ghirlande e da festoni di fiori quelli poveri delle umili case popolari.
Sopra antenne rizzate di proposito, sventolavano bandiere variopinte, e qua e
là, nei crocicchi si elevavano archi di trionfo. Ogni tanto un altare ornato
riccamente, con una immagine della Madonna; e intorno altri arazzi, altri festoni,
e fiori e sete e oggetti preziosi.
Le botteghe degli orafi e dell'arte della seta, vale a
dire delle due maestranze più ricche e più potenti, si tramutavano in
gallerie fantastiche, che offrivano spettacoli meravigliosi di magnificenza,
per le ricchezze che vi si mettevano in mostra. E poi, da per tutto, nelle
finestre, nei balconi, dinanzi alle porte, intrecciati tra i festoni, lumi,
lumi e lumi, che accesi la sera, spandevan tanta luce da fare, come scrive un
cronista del tempo, “scorno al più fitto meriggio”. Ma ciò che formava la
singolarità di quella festa era la esposizione di quadri, di statue, di nuova
invenzione, ogni anno; e che talvolta avevan argomento religioso, ma più
spesso erano allegorie, il significato delle quali non sfuggiva al popolo.
Quella era una delle processioni più strepitose, che
si svolgeva per una lunga teoria di confraternite, di conventi e di preti, col
capitolo del Duomo, il Senato, gli ufficiali della città, un lungo seguito di
gentiluomini e i Cavalieri della Stella, che godevano lo speciale privilegio
di condurre la reliquia anche per la loro festa, che cadeva il 6 gennaio,
giorno dell'Epifania. I famosi capelli
della Madonna nella loro custodia di cristallo, eran portati sopra un fercolo
o macchina di argento, splendente di ceri, sotto un baldacchino di seta, tra i
canti del clero e il fumo degli incensi e il rullìo dei tamburi, mentre su pel
cielo squillavano le campane delle chiese.
Luigi Natoli - I cavalieri della Stella ovvero La caduta di Messina.
Per acquistare:
Nessun commento:
Posta un commento